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Analogia transcendentale e la sua funzione nella conoscenza di Dio.

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funzione nella conoscenza di Dio

Ponendo come oggetto proprio della metafisica la realta

« sub ratione entis », San Tommaso indicó nett'analogia trascen­

dentale dell'essere il criterio metodologico per formulare le pro- posizioni circa l'intera realta, ivi compreso l’Assoluto (Qiovanni Paolo II, II discorso all’Angelicum del 17 novembre 1979).

L'espressione « criterio metodologico » indica tutto il com- plesso del processo conoscitivo, che realmente ed in modo effi- cace unisce la conoscenza filosofica eon 1’essere in ąuanto esi- stente. La sua « ratio » dell’essere e 1’Assoluto come Essere non- relazionale. Infatti, mentre gli esseri concretamente esistenti sono in se stessi identici relativamente, in ąuanto internamente composti di elementi in realta non-identici, e cioe 1’essenza e 1'esistenza (essentia et esse) — l’Assoluto invece e l’unico Essere possibile e allo stesso tempo necessario; in esso non c’e nessuna composizione.

An a l o g ia d e l l’Es s e r e

L’analogia, come criterio metodologico dell’efficace cono­

scenza dell’essere realmente esistente (compreso l’« Essere Pu- ro »), si fonda sull'analogia stessa dell’essere. L’analogia dell'es- sere realmente esistente e il fondamento dell’analogia della co­

noscenza e dell’analogia della predieazione, di cui si parła tradi- zionalmente in logica.

L’accezione comune di analogia da una parte comporta simi- litudine eon gli stati, i processi, gli awenimenti degli altri esseri,

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dall’altra esprime differenza. Quando si pone l’accento sulla sola similitudine di un essere eon gli altri, si trascurano ąuelle caratteristiche che condizionano e causano la loro differenza.

Per questo similitudine si puó astrarre dagli elementi dissimili e si puó determinare eon precisione dal punto di vista cono- scitivo.

Non si puó invece determinare eon precisione l’analogia, proprio perche nella sua struttura entrano contemporaneamen- te sia la somiglianza che la dissomiglianza. Di conseguenza l’ana- logia in genere non e conoscibile in modo esatto e si deve fare una serie di distinzioni del significato analogico per poter piu da vicino conoścere i significati dell’analogia e la sua applica- zione nelle diverse dimensioni della conoscenza umana riflessiva.

II significato filosofico dell’analogia e unito inseparabilmen- te eon 1’essere. Cosi, del resto, era agli inizi stessi della conce- zione greca dell’analogia. E ’ analogico, innanzitutto, lo stato spe- cifico dell’essere. Se la prima e spontanea costatazione si riferisce allesistenza dell’essere (del mondo), la seconda, anch’essa spon­

tanea, affermazione rileva il pluralismo degli esseri. Di speciale importanza per la filosofia e la giustifieazione della tesi sul pluralismo e sulle sue basi ontiche. Ci sono S t a t e correnti filo- sofiche che professavano il monismo. L'analisi della natura stessa degli esseri giustifica il pluralismo o piuttosto il monismo?

Senz’altro giustifica il pluralismo. II monismo avrebbe la sua giustifieazione solo nel caso in cui la struttura dell’essere presa in se stessa fosse semplice, incomposta. La incomposizione in­

terna dell’essere non potrebbe essere spiegata che in maniera monistica. Se il monismo ontologico si uriisce inseparabilmente eon la natura omogenea ed incomposta dell’essere, il pluralismo dell'essere e incontraddittorio solo nel caso in cui 1’essere si rivela composto di elementi eterogenei. La necessita di respin- gere la posizione monistica, formulata gia da Parmenide, si ma- nifesta palesemente nell'analisi dello stesso essere concreto, nel quale senza grandę difficolta si puó costatare la molteplice e interna « composizione ». E ’ qui che incontriamo 1’analogia del- l’essere. L’essere considerato in se stesso e analogico in ąuanto uno, ma costituito di diversi elementi.

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Nella filosofia tradizionale si definisce abitualmente l’analo- gia, nel senso piu largo del termine, come una proporzione inte- sa trascendentalmente: laddove si costatano le relazioni tra gli esseri o tra gli elementi dell’essere si puó parlare in un certo senso di analogia. Ci sono relazioni semplici e relazioni com- plesse, essenziali e non-essenziali, unidirezionali e pluridire- zionali.

Le molteplici specie di relazioni trascendentali tra l'essenza e 1’esistenza (dell'essere), che costituiscono il fondamento per conoscere l’analogicita dell'essere, si possono esprimere nella metafisica attraverso le categorie dell’atto e della potenza in diversi tipi della composizione.

Accanto della relazione necessaria e trascendentale che co- stituisce un essere composto, incontriamo nel mondo le relazioni categoriali, non-necessarie, che « si aggiungono » all’essere gia costituito e che possono anche non esserci, pur continuando l’essere ad esistere. A ąuesto gruppo appartengono le relazioni di distanza, di tempo, le relazioni di ąualita come somiglianza, dissomiglianza. La relazione categoriale, come del resto, altre relazioni accidentali, reali (la relazione categoriale e uno degli accidenti: « essere in riferimento ą » qualcos’altro), si mani- festa in diversi modi. Le basi per la loro differenziazione si vedono di solito nelle unita materiali, nelle azioni e reazioni e nelle misure. Ogni essere concreto e « implicato » in un'enorme ąuantita di relazioni categoriali, non-necessarie, che continua- mente nascono, si trasformano, scompaiono, a seconda della diversita dei modi e della condizione di esistere.

Queste relazioni categoriali — in opposizione a ąuelle tra­

scendentali — si possono conoscere indipendentemente dai loro soggetti concreti. Si puó astrarre un concetto univoco della relazione categoriale dai soggetti concreti di ąuesta relazione.

Tale concetto, essendo un contenuto astratto univoco e identico a se stesso, lo si puó cogliere direttamente nel processo di astrazione.

A ąuesto punto, peró, noi entriamo gia nel vasto e molto discusso campo della conoscenza per mezzo dell’analogia.

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La c o n o s c e n z a p e r a n a l o g ia: L'ANALOGIA COME « CRITERIO METODOLOGICO »

Nella tradizione filosofica il problema dell’analogia e legato soprattutto alla próblematica del modo di conoscere. Per risol- vere questo problema abbiamo dovuto, almerio in linea fonda- mentale, dire ąualche cosa sulla struttura analogica dell’essere.

A) La conoscenza analogica fondata sulle relazioni neces- sarie e trascendentali. Come esistono dentro un essere e tra gli esseri dei rapporti esprimentisi in forma di relazioni necessarie e trascendentali, cosi esiste anche la possibilita conoscitiva di cogliere ąuesti rapporti. E allora propriamente parlando ab­

biamo a che fare eon un certo tipo di conoscenza analogica. Gik Aristotele conosceva l'analogia matematica ( 2 : 6 = 3 : 9 ) la ąuale gli serviva da modello per stabilire i diversi tipi della cono­

scenza analogica in filosofia. La costruzione delle proporzioni matematiche costituiva un esempio — non dal punto di vista contenutistico, ma solo in ąuanto schema — per costruire la cosidetta analogia di proporzionalita, lia cui struttura generale si presenta nel seguente modo: A : B come C : D. Questa somi- glianza puramente schematica talvolta era trattata troppo seria- mente, cosicche c’era la tendenza a « matematicizzare » (forma- lizzare) la conoscenza analogica in filosofia. Tale modo, di con- seguenza, ha portato a molti fraintendimenti. Le relazioni neces­

sarie e trascendentali dell’essere non possono essere « matema- ticizzate ».

Nella filosofia tradizionale l’interesse centrale era destato dall’analogia di proporzionalita, considerata dal Gaietano, il clas- sico della teoria dell’analogia, come il metodo proprio della co­

noscenza filosofica, soprattutto, della conoscenza di Dio.

II Gaietano, spiegando la natura della conoscenza per mezzo dell'analogia di proporzionalita, pone 1'accento sugli esseri con- creti, nominati « analogati », come portatori della proporzione (relazione) cioe della somiglianza analogica. Proprio gli esseri concreti — analogati, in ąuanto entrano nella struttura di una (certa) analogia, possiedono oltre al nome comune (per es. « ani- ma » delluomo, dell’animale, della pianta) lo stesso contenuto

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proporzionale ossia ąuesto corrtenuto lo possiedono in propor- zioni simili.

Prima, vogliamo occuparci della conoscenza analogica fon- data sulle relazioni necessarie e trascendentali per passare poi all’analisi di ąuella fondata sulle relazioni non-necessarie.

Orbene, la conoscenza analogica fondata su relazioni neces­

sarie e trascendentali e indubbiamente un fatto. Essa si realizza in due modi: come analogia trascendentale e come analogia di proporzionalita generale.

La prima e un tipo di conoscenza mediante un concetto trascendentale (come: « ens », « verum », « bonum », « unum » etc.); la seconda invece usa concetti non esattamente trascen­

dentali, ma solo generali, nei ąuali si colgono le relazioni neces­

sarie — costituite di un essere concreto, non in ąuanto essere, ma in ąuanto concreto. Ecco un esempio illustrativo di ąuesti due tipi di conoscenza analogica:

1) Giovanni sta alla sua ąuesto cavallo ąui sta alla sua come ---

esistenza esistenza

cioe l’essere di Giovanni e l’essere del cavallo sono analoghi.

2) un uomo sta alla sua un animale sta alla sua --- come ---

anima anima

Nel secondo esempio (« animo ») si intravede la conoscenza analogica fondata su relazioni necessarie che non costituiscono il fondamento per cogliere le proporzioni per mezzo di concetti trascendentali. In ąuesto caso l’« anima », sia nell’uomo sia nel- l’animale, non e il fondamento per formare un concetto trascen­

dentale, bensi si puó parlare del concetto analogico di anima, in ąuanto in un senso parliamo dell’anima delluomo e in un altro di ąuella dell’animale o di ąuella della pianta. II con- tenuto del termine « anima » si realizza realmente, interiormente e formalmente negli esseri concreti — analogati (uomo, anima­

le, pianta) e non solo in senso metaforico. Abbiamo ąui a che fare eon una conoscenza veramente analogica. Questo tipo di analogicita e fondato sulle relazioni necessarie, non categoriali,

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perche tanto nella natura dellanimale ąuanto in ąuella del- 1’uomo e necessaria la connessione eon l’elemento chiamato

« anima ». Come si e detto, peró, il concetto di anima non e un concetto trascendentale, la cui presenza notiamo nel primo esempio.

Nella analogia di proporzionalita propria si devono indivi- duare i tre momenti che costituiscono l’insieme della conoscenza analogica.

a) A n a l o g o n , ossia la « perfezione » proporzionalmente comune o « contenuto », talvolta non designato neppure eon un nome comune. L'analogon e lo scopo della piu perfetta cono­

scenza analogica e nello stesso tempo 1’unico fondamento per formare (in modo imperfetto relativamente unico) il concetto, chiamato perció « concetto analogico ». Se nella nostra opera- zione conoscitiva, il termine da cui si parte lo chiamano « ter- mine p ilota» dell'analogia, e il termine che formiamo come risultato dell’operazione « termine pilotato», per analogon si deve intendere quel « fondamento» o « connessione » che esiste a parte rei tra i loro contenuti, che abbiamo colti nella nostra conoscenza. L’analogon unisce dunąue eon se diversi soggetti nei ąuali si realizza (propriamente) in maniera specifica. Per es. « anima » e 1’analogon nel caso dell’analogia uomo : anima = animale : anima. Similmente « essere » 6 l'analogon nel caso del- l’analogia trascendentale Giovanni : essere = cavallo : essere.

b) A n a l o g a t i . Oltre a lla , perfezione comune e propor- zionale il contenuto analogico, che unisce i diversi oggetti della proporzione in una totalita analogica, nella stessa słruttura dell’analogia entrano anche i « portatori» del contenuto analo­

gico, i ąuali fanno si che ąuesto contenuto si realizzi in ogni essere concreto in maniera diversa, specifica per ogni essere.

Gli analogati sono i soggetti, nei ąuali si realizza 1 'analogon.

In ąuanto esseri concreti, essi hanno un contenuto principal- mente diverso, cosicche il contenuto di un analogato non e reducibile a ąuello dell’altro.

c) R e l a z i o n e . II terzo momento che si deve distinguere nello schema dell'analogia di proporzionalita e lo stesso fatto

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della relazione tra gli analogati e 1’analogon. Costatiamo 1'unitci dell’essere, p. es. di Giovanni: da una parte ci accorgiamo che non esiste identita tra 1’analogato e 1’analogon; ma dalFaltra parte rileviamo che non si verifica una separazione totale tra di essi (Giovanni — analogato, esse = analogon). Non si puó dire infatti che 1’analogato e 1’analogon siano la stessa cosa; che cioe Giovanni si identifichi eon la sua anima o eon il suo essere, o eon la sua consocenza. Non sarebbero veri dei giudizi come questi: « Giovanni e il suo essere » o « L’essere e Giovanni », etc. Si costata in ąuesta analogia la non-identita reale tra 1’ana- logato e l'analogon, grazie alla quale ha luogo anche un certo

« sdoppiamento », che coesiste allo stesso tempo eon una certa unita o unione tra di essi. Se da una parte si puó osservare la non-identita reale tra l'analogato e 1’analogon pur avendo sempre un'essere, dall’altra dobbiamo costatare che nelle stesse proporzioni analogiche c'e una relazione necessaria e trascen­

dentale che si verifica in ąualsiasi essere composto di potenza e atto.

Questa ncessaria e trascendentale relazione in ogni analo­

gato e principalmente diversa, perche gli esseri sono principal- mente diversi, per le loro formę sostanziali. Tuttavia, c’e unita tra gli analogati grazie alla relazione trascendentale tra l’analo- gato e l’analogon; ció significa che in ogni caso concreto c’e

« ąu alco sa», il cui contenuto e totalmente ordinato all’altro

« elemento », eon cui costituisce l’unita della composizione.

I tre elementi dell’analogia di proporzionalita sopra eviden- ziati sono comuni ad ogni tipo di analogia sia trascendentale che generale.

Tenendo conto della teoria generale dell'essere, secondo cui nell essere in ąuanto oggetto uno e indiviso della conoscenza intellettuale si distinguono due, « elementi» realmente non- identici, e cioe 1’essenza e l’esistenza, possiamo intravedere il fondamento di una risposta soddisfaciente al nostro problema.

L’essere infatti esprime tanto il contenuto ossia tutto ąuello che costituisce 1’oggetto della concettualizzazione e delle defi- nizioni (giudizi) compreso in senso stretto, ąuanto 1’esistenza che realizza in concreto ąuesto contenuto e allo stesso tempo e

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la « ratio » non solo della entita concreta, ma anche della sua conoscibilita. Nell’essere che esiste concretamente non si puó separare un’elemento dall’altro (essenza - esistenza). Una serie di fraintendimenti e di difficolta proviene proprio dal fatto che alcuni autori « smembrano» l’essere reale e trattano i suoi

« elementi » (essenza ed esistenza) come « cose » diverse, spesso in nome della precisione scientifica. Mentre in realta ąuesti elementi non si possono isolare, separare, non possono esistere l’uno senza 1’altro, perche grazie ad essi un essere concreto esiste.

Grazie alle perfezioni analogiche e trascendentali il nostro pensiero conoscendo gli analogati, non puó non afferrare un analogato, che sia 1’ultima e sufficiente ragione dell’esistenza di tutte le perfezioni analogiche negli analogati particolari. Nella conoscenza reale del mondo non si puó fare astrazione dall’esi- stenza che e la ragione della stessa realta dell’essere e della sua conoscibilita. La conoscenza metafisica deve giungere fino alle ultimę ragioni (per ultimas causas). Quando nella metafisica costituiamo la conoscenza dell'essere, non possiamo sottrarci dalia risposta alla domanda sull’esistenza dellultima ragione dell’essere. Come non si puó conoscere le proprieta-accidenti senza il loro riferimento alla sostanza, cosi 1’essere realmente esistente non puó essere conosciuto-compreso senza essere rife- rito aH'esistenza, e ąuesta a sua volta senza essere riferita al Puro Essere, come suprema ragione sufficiente della perfezione analogica, che in primo luogo e la stessa esistenza degli esseri concreti. Per ąuesto la conoscenza analogica dell’essere non puó prescindere dalia conoscenza dell'Analogato principale del- l’analogia trascendentale.

Sul fondo dell’analisi finora fatta si rivela piu chiaramente il contenuto del principio, spesso disprezzato, secondo il ąuale

« magis et minus dicuntur per respectum ad maximum ». II prin­

cipio interpretato in maniera qualitativa, e dawero ąualcosa di banale e di ingenuo, come erronea e la comprensione del- l’essere come essere dal punto di vista soltanto quantitativo. II principio che esprime analogicita dell’essere e solo un altro modo di cogliere il principio di ragione sufficiente dellessere.

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la ąuantita la sostanza

come cosi

e un essere in substrato e un essere in se similmente anche:

l’essere concreto l’Essere Necessario

come cosi

esiste esiste

(grazie alla partecipazione (per la sua natura interna) dell’Essere Necessario)

La conscenza analogica fondata sulle relazioni trascenden- tali ha bisogno di essere completata eon una breve esposizione sulla analogia di attribuzione, che ha luogo ąuando le relazioni

« causa-effetto » concepite secondo lo schema analogico si veri- ficano non solo in un ristretto settore della causalita. Allora esiste p. es. la relazione tra l'opera dell’artista e le sue idee creative, la relazione tra i mezzi medicinali e il loro fine, etc.

L’esempio classico, il piu spesso usato per illustrare l’ana- logia di attribuzione, e proprio il concetto di « sano ». In senso proprio « sano » viene predicato di un essere vivente, soprat- tutto dell’uomo e dell'animale, nei ąuali designa 1’armonia spe- cifica degli elementi e la loro attivita nell'organismo. II termine

« sano » o « salute » non si limita a designare l’armonia degli elementi dell’organismo, ma si attribuisce spesso ad altri esseri, p. es. una medicina « sana », un clima « sano », un cibo « sano ».

Ogni giomo adoperiamo l’analogia di attribuzione usando espressamente come « lavoro scientifico », « atmosfera scientifi- ca », « vita militare », « imiforme militare », etc. In tali espres- sioni un termine viene attribuito a oggetti tra loro differenti, che peró si caratterizzano per una o molte relazioni in comune.

Si puó dare a diversi oggetti il nome comune, in ąuanto esiste ima certa dipendenza (relazione) tra 1'oggetto in cui si realizza, il contenuto di un termine, e gli altri oggetti che si designano eon ąuesto stesso termine. Cosi l’aria, 1’aspetto, il cibo, la medi­

cina, si possono chiamare « sane » in rapporto alla « salute » in senso proprio.

Dagli esempi sopracitati si puó dire, riguardo a ąuesta ana­

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logia, che i suoi analogati portano, si, il nome comune, ma il contenuto da esso designato appartiene solo a uno di essi, mentre agli altri appartiene solo per attribuzione. Per ąuesto nell’ana- logia di attribuzione si possono distinguere solo due elementi:

a) L’analogato principale, il cui contenuto e espresso dal nome in senso proprio e formale, che diviene poi il nome co­

mune in senso analogico.

b) Gli analogati minori, ossia ąuelli che, nonostante il nome comune eon l’analogato principale, non hanno il conte­

nuto in senso proprio, ma solo una certa relazione all’analogato principale.

La distinzione neU’anlogia di attribuzione si puó fare in diverse maniere. II piu delle volte si usa lo schema fondato sui generi delle relazioni « causa-effetto » o sulla ąuantita degli ele­

menti di ąuesta analogia. II Gaietano, richiamandosi a San Tommaso, ne da due tipi: « San Tommaso — scrive — divide l’analogia di attribuzione in analogia di due termini a un terzo, come per es. urina e medicina aU'uomo sano, e in analogia di un termine all’altro, per. es. la medicina aH’animale sano », e allo stesso tempo giustifica ąuesta divisione affermando che ąuesta analogia non possiede gli altri elementi piu generali, ąuesti che invece possiede hanno posto nei diversi generi di cause.

B) La conoscenza analogica fondata sulle relazioni catego­

riali. In precedenza abbiamo gia detto che ogni essere concreto e contingente e « implicato » in una rete di molteplici relazioni categoriali. Avendo attenzione rivolta al rapporto di tali relazioni eon la nostra conoscenza, si e detto pure che si puó da ąueste relazioni formare un concetto univoco e astratto. II concetto univoco, staccato dal soggetto concreto contiene in se il conte­

nuto identico in se stesso che si predica di suoi designati, non piu attualmente (come e il caso dei concetti trascendentali), ma solo potenzialmente.

Vediamo, del resto, i tipici esempi della conoscenza analo­

gica usati dal Gaietano e ripetuti in tutte le monografie come

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esempi per illustrare 1’analogia di proporzionalita propria. E ’ una cosa significativa che sia negli scritti del Gaietano sia negli studi degli autori contemporanei che si occupano dell’analogia di proporzionalita non incontriamo la distinzione tra 1’analogia che usa i concetti trascendentali e ąuella che usa i concetti uni- versali. Come si presenta 1’ultimo tipo di analogia? La risposta generale si articola in forma di proporzioni:

le parti stanno le ali stanno --- come

in rapporto alla simmetria in rapporto alla simmetria

dell’edificio delluccello

similmente:

la dimensione del tatto sta la dimensione della vista sta --- come --- in rapporto alle impressioni in rapporto alle impressioni

cinestetiche cinestetiche

Tenendo conto di ąuesti due esempi, possiamo domandare se abbiamo qui a che fare in genere eon una analogia di pro­

porzionalita, nella ąuale, come si e visto prima, gli analogati e le relazioni tra di essi sono diversi e il rapporto dei rapporti e in un certo senso lo stesso. Nella situazione conoscitiva, che ci presentano gli esempi, il rapporto che unisce le due coppie di analogati, si rivela assolutamente lo stesso, e cioe omologo.

Ci accorgiamo dunąue che 1’unico e identico rapporto ha luogo sia in riferimento alla dimensione della vista, in ąuanto costi- tuisce un certo fondamento delle impressioni cinestetiche, sia in riferimento alla dimensione del tatto, in ąuanto anche essa e il fondamento per causare lee impressioni cinestetiche. Qui il rapporto e determinato in modo ąuasi univoco e puó essere simbolizzato eon un segno « R », e eon un determinato numero.

In modo simile lo stesso rapporto — omologo intercorre tra le parti dell’edificio e la sua simmetria e tra le ali dell’uccello e la sua simmetria. II rapporto, fondato sullo schema sopracitato e univoco e puó essere simboleggiato. Abbiamo qui a che fare eon il rapporto isomorfo, o almeno omologo. Per questo tipo di analogia si puó accettare la definizione proposta dalia pro- fessoressa I. Dambska, nel suo studio « O metodzie analogii»

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(Sul metodo dell’analogia), p. 13: « Tra una coppia di oggetti AB e un’altra CD ha luogo 1’analogia soltanto quando la strut- tura S della coppia AB e omologa alla struttura S della coppia CD. Invece le strutture S e S ’ sono omologhe, quando il rap- porto ARB e omologo al rapporto CR’D e ąuando A, nelle sue proprieta a che derivano dal rapporto R, e omologo eon C, nelle sue proprieta c che derivano dal rapporto R’, e B come un membro del rapporto R e omologo, nelle sue proprietó rela- tive b a D, nelle sue proprieta relative d ».

II fatto che si possa esattamente determinare 1’identita del rapporto e che ci sia la possibilita della sua formalizzazione simbolica nella conoscenza significa che tale tipo di analogia puó essere espresso eon un concetto univoco, staccato comple- tamente dai suoi soggetti « subalterni » e predicabile di essi solo in maniera potenziale come ąualsiasi altro concetto univoco.

Di fatto qui abbiamo a che fare eon lo stesso caso che nelle proporzioni isomorfe-matematiche, nelle ąuali, grazie alla com- parazione di diverse ąuantita, conosciamo l’identita e, attra- verso di essa, l’unita perfetta delle relazioni che uniscono ąuesta ąuantita. Certamente, qui abbiamo una relazione reale, in op- posizione alle relazioni mentali della matematica, ma nella vi- sione del mondo, quale e indicata dalio schema e dalia defini- zione dell'analogia, il rapporto e esattamentee determinato ed identico. Naturalmente resta almeno il problema se questo rap­

porto, in un mondo reale e identico, perfettamente determinato, (la risposta negativa e quasi certa!). Ció nonostante la relazione di questo tipo sarebbe secondo gli studiosi identica. Tale con- cezione di analogia si riduce al terreno dell’univocita e tutto il valore del ragionamento analogico si riduce all’attivo, psichico e creativo atteggiamento conoscitivo davanti al mondo. Non di questo, peró, si tratta nella problematica dell’analogia, conside- rata nella prospettiva metafisica.

Lo stesso problema puó essere illustrato eon un altro esem- pio. Si possono costatare e stabilire le analogie reali tra « gli esseri » uniti nel matrimonio. II matrimonio e una relazione, per cui si puó affermare che:

Giovanni : Anna = Stanislao : Maria.

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Tanto Giovanni e marito di Anna ąuanto Stanislao lo e di Maria. C e dunąue analogia tra il rapporto matrimoniale di una coppia a ąuello di un'altra. II rapporto e fondato sulla relazione determinata precisamente anche sotto 1'aspetto giuridico, cosi pre- cisamente che ogni uomo sposandosi sa che cosa fa, sa ąuali sono i suoi diritti ed obblighi, e in caso di necessita puó persino difen- derli davanti al giudice. Tutta ąuesta problematica e diventata tanto chiara che in genere ha perso a prima vista il senso di ana- logicita, presentandosi una « cosa creata » univocalmente cono- sciuta; in realta c e qui un rapporto propriamente analogico. In ąuesto caso, tuttavia, 1’analogia dell'essere e stata il fondamento per formare il concetto univoco della relazione « matrimonio », solo perche siamo capaci di astrarre la relazione che unisce gli analogati (Giovanni - Anna, Stanislao - Maria), dagli stessi analo­

gati. Per capire cosa sia una realta analogica, come il matrimo­

nio, non e necessario comprendere chi e Giovanni, Anna, etc. Si puó nella conoscenza della relazione matrimoniale (dell’analogia) trascurare gli analogati e separare la sola relazione che nella realta sempre unisce due e concreti analogati. La separazione della rela­

zione dagli analogati e possibile solo perche abbiamo a che fare eon un tipo di relazione categoriale. Tale separazione e equivalente a ąuella che si opera ąuando nell’essere concreto — analogato dal complesso degli elementi dissimili si separano e si colgono solo degli elementi simili.

Tenendo eon to di tale stato di cose, si deve porre una do- manda: Possono le relazioni categoriali costituire, nel senso pro- prio della parola, il fondamento dell’analogia di proporzionalita?

Riassumendo ció che finora abbiamo detto, vediamo, che ąuando abbiamo a che fare eon lo schema dell’analogia di pro­

porzionalita fondata sulle relazioni categoriali, allora ąuesta ana­

logia puó avere la duplice forma: o nel suo seno esiste un rap­

porto identico tra le due coppie degli analogati, o si rivela solo la somiglianza nel rapporto tra gli analogati, connessi eon le re­

lazioni categoriali. Nel primo caso, conoscendo tale schema del- 1’analogia, riceviamo il normale concetto univoco della relazione categoriale, nel secondo invece, non abbiamo a che fare eon la analogia reale tra gli esseri, ma solo eon l'analogia metaforica.

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Ne nelluno ne nellaltro caso abbiamo 1’analogia di proporziona­

lita, nel senso stretto del termine, la cui conoscenza fa nascere un concetto imperfetto, e vero, ma un concetto trascendentale.

Qui, invece, si riceve una coppia di concetti simili, connessi tra loro solo per una relazione mentale.

C) Analogia metaforica. Lanalogia metaforica esige delle chia- rificazioni speciali, a causa della sua applicazione nella lettera- tura, nella vita religiosa e nella teologia. Di solito si distingue la metafora propria (p. es. « ruggito delle onde ») dalia metonimia (« annunciare la parola di Dio »), dalia sineddoche (« una testa dura », « infelicita ambulante »), dalia parafrasi (« autore del- l’Eneide »), ed infine dall’ironia (« buon ladro »). Tutte ąueste espressioni sono contenute dall’analogia metaforica, compresa nel senso largo della parola. Faremo le nostre analisi dal punto di vista filosofico, e non p. es. da ąuello puramente semantico.

La metafora consiste nel trasferimento di un termine (no- me), che esprime un determinato contenuto, da una cosa all’altra, a causa di una certa somiglianza eon 1’oggetto, a cui il termine appartiene come il suo segno normale. Usiamo dunąue un ter­

mine « W » per designare molti, almeno due oggetti, tra i ąuali a uno solo spetta ąuesto termine grazie al suo contenuto interno

« W, », mentre all’altro oggetto « W2 » e attribuito, grazie a una certa somiglianza (il momento psicologico!), che abbiamo colto nella conoscenza. In ąuesto tipo di analogia esiste una relazione di almeno due proporzioni (ąuesto sta a ąuello come ąuestaltro sta a quell’altro), sotto una condizione e cioe che solo una parte della relazione e propria, mentre l’altra no, attribuita tuttavia in seguito alla somiglianza alla prima parte. Ció significa che un termine « W » e metaforico per un altro termine non-metaforico

« W2 ». Per ąuesto si parła del triangolo metaforico « W », « W! », e « W2 », come dello schema della struttura del relativo concetto della metafora.

La natura dellanalogia metaforica diventa piu chiara, se si individuano le sue caratteristiche speciali.

a) Essa non e un'analogia metafisica in senso stretto, in cui il contenuto designato eon un termine comune appartiene in ma-

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mera propria a tutti gli analogati, mentre qui appartiene solo a una proporzione.

b) II fondamento per costituire la proporzione in ąuesta analogia e una relazione di somiglianza.

c) La somiglianza e una proprieta che appartiene al gruppo delle relazioni di ąualita. Come la relazione della ąualita — la proprieta ha un carattere dinamico. Usando la metafora nella conoscenza, causiamo effetti simili a ąuelli causati dal segno proprio di un oggetto. Sulla base degli stessi effetti, si stabili- scono le proporzioni tra un oggetto, in cui si osserrono gli effetti in senso proprio, e un altro oggetto che ha una somiglianza

« dinamica », ossia puó causare gli effetti conoscitivi simili; per ąuesto costatiamo: come si ha il sorriso deU'uomo in senso pro­

prio cosi si ha il sorriso del prato in fiori in senso improprio.

Parliamo dunąue del « sorriso » (« W ») dal prato (« W2 ») che e solo comprensibile dal « sorriso » dell’uomo (« Wx »).

Considerando la somiglianza, espressa nella metafora, non nell’ordine statico e proprio, ma in ąuello dinamico ę traslato, dobbiamo ancora dire due parole della somiglianza e della cono­

scenza della somiglianza. La somiglianza non costituirebbe an­

cora la metafora nel senso formale. Prima del processo cono- scitivo esiste una metafora solo virtuale, ossia avente la forza di causare gli effetti (le associazioni conoscitive) che la ragione sara in grado di paragonare eon gli effetti propri, e sulla base di ąuesta costatazione stabilire 1’analogia formale delle propor­

zioni. Tra 1’analogia metaforica e ąuella di proporzionalita inter- corre una differenza fondamentale, e cioe nell’analogia di pro­

porzionalita propria il contenuto designato eon il termine co­

mune si realizza negli analogati indipendentemente dalia cono­

scenza umana, mentre nella metafora deve intervenire la ragione umana per formare ąuesto tipo di analogia.

L ’Ap p l i c a z i o n e d e l i/a n a l o g ia

A) L ’unita analogica come fondamento dellapplicazione del- 1’analogia. La proprieta che ci interessa di piu nella problematica

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dellanalogia e 1’unita proporzionale, che e il fondamento del- l’applicazione conoscitiva delle costruzioni analogiche. L analo­

gia, infatti, nella conoscenza ha come scopo un superamento dell’equivocita derivante dal pluralismo dell’essere. Per ąuesto nel processo della conoscenza analogica bisogna « ordinare » gli esseri in modo tale che si possa intravedere almeno in un certo aspetto la loro non-casuale unita. L’esistenza di tale unita e una condizione indispensabile perche si possa coltivare la metafisica, che puó esistere solo ąuando possiede il suo oggetto determinato, almeno analogicamente uno.

Se l’unita e una proprieta trascendentale dell’essere, la pro- blematica dell’unita si presenta nella stessa maniera che ąuella dell’essere. Giustamente Aristotele e San Tommaso vedevano l’unita in senso proprio soprattutto nell’unita numerica degli esseri concreti, anche se non soltanto in essa, giacche 1’unita della specie e del genere come pure l’unita analogica erano an- ch’esse ai loro occhi un’unita propria. L'unita analogica era con- siderata come la piu debole di tutti i tipi di unita, perche e una unita esclusivamente relazionale, in ąuanto unita di proporzioni reciprocamente ordinate fra loro, ma proporzioni fondate sulle relazioni trascendentali, necessarie, e non soltanto sulle rela­

zioni categoriali. L’unita analogica non si limita a un certo numero di esseri, ma abbraccia tutta la realta. Nelle costruzioni analogiche dell’essere come essere e contenuta in maniera con- fusa tutta la realta esistente. La costruzione analogica, siccome coglie il contenuto concreto e determinato come esistente, coglie e contiene in se tutto: sia gli esseri contingenti nell’ordine so- stanziale e accidentale, sia l’Assoluto - l’Essere Necessario.

Come gia abbiamo accennato, nelle strutture analogiche non mettiamo in paragone gli analogati tra di loro come tali. Gli analogati come tali, paragonati tra di loro, non sono riducibili l’uno all’altro. La pietra come pietra paragonata eon il legno come legno non costituisce il fondamento per formare ąualche unita, ma solo semplice giustapposizione di cose cosi diverse tra di loro che si puó cogliere soltanto per mezzo di concetti gene- rali ed univoci, ognuno dei ąuali ha un contenuto diverso. Nel- 1’analogia mettiamo in rapporto i contenuti particolari analogici

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— degli analogati, eon la comune forma analogica, la perfezione analogica, ossia 1 ' a n o l o g o n . Nel caso dell’essere mettiamo in confronto i contenuti particolari dell’essere alla loro esistenza (« esse ») proporzionale, la ąuale, anche se diversa in ogni analo- gato, compie la stessa funzione, e cioe attualizza tutti i contenuti, rendendo ąueesti contenuti r e a 1 i. Quando dunąue si tratta di rapporto tra gli analogati alla loro comune perfezione analogica c’e qui un’identita reale e relazionale, ma non assoluta. Ogni analogato dell’analogia trascendentale e ordinato all’esistenza eon tutto il suo contenuto interno. II rapporto tra il contenuto e 1'esistenza costituisce 1’essere come tale. Ogni essenza concreta, eon tutta la sua ricchezza interna delle caratteristiche costitutive e consecutive, esprime la relazione necessaria e trascendentale alla propria esistenza, se e un essere reale. II primo elemento che permette al nostro intelletto di costatare e riconoscere l’uni- ta dell’essere, e appunto l’esistenza che attualizza ogni essenza concreta. L’esistenza, come supremo e fondamentale « elemento » (piu precisamente «atto»), si impone a tutte le facolta conoscitive, per ąuesto non ha bisogno di essere provata, ma solo c o s t a - t a t a , affermata nel giudizio esistenziale (« esse respicit iudi- cium »). La costatazione dell’esistenza reale si trova alla base della conoscenza in genere. L’esistenza, tuttavia, si presenta co­

me « elemento » interiormente ordinato al contenuto cioe come in relazione trascendentale al contenuto. Non vuol dire ąuesto, che la realta dell’essere e costituita dalia sola relazione tra esi­

stenza ed essenza (o vice versa!) per ąuanto concreta e deter- minata essa possa essere. Se tra 1'essenza e l’esistenza c'e una relazione trascendentale, significa che ąualsiasi contenuto con­

creto, eon tutta la sua « interiorita », e ordinato all’esistenza concreta e propria solo ad esso. II fatto stesso e la funzione di attualizzare (realizzare) da parte dell’esistenza reale il conte­

nuto essenzialmente suo proprio costituisce 1’unita analogica dell’essere e diventa cosi il fondamento per formare il concetto uno, proporzionale, e relazionale dell’essere in ąuanto tale.

Ouesta relazione trascendentale, peró, non e un ąualcosa esi- stente « tra » l’essenza e l'esistenza, ma abbraccia completamente il soggetto e 1’oggetto (termini) della relazione. Se ąuesta rela-

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zionę fosse solo accidentale (di ąualita) o categoriale, si potrebbe separarla dallessenza come dal suo soggetto e allora la stessa relazione diventerebbe il fondamento per formare un concetto di essere come relazione. In tale caso, peró, sparirebbe l’unita propria dellessere, e il suo posto sarebbe preso dallunita causale-accidentale.

L unita analogica che condiziona la possibilita di formare un concetto imperfetto e analogico e la piu grandę conąuista della metafisica. Grazie all’analogia e possibile alla conoscenza umana cogliere la totalita degli esseri eon le diversissime strut- ture individuali e generiche. Questo cogliere conoscitivo e pos­

sibile unicamente grazie all’analogia trascendentale dell’essere.

B) L‘applicazione principale deltanalogia trascendentale.

Dobbiamo ancora sottolineare 1’importanza della distinzione del- l’analogia di proporzionalita propria in trascendentale e generale, domandandoci in che misura ąueste possono servirci per l’inter- pretazione filosofica e definitiva del mondo. Si tratta di rispon- dere alla domanda: se la ragione ultima e allo stesso tempo sufficiente dell’essere, chiamata in religione Dio, si possa cono- scere sia mediante l'analogia di proporzionalita trascendentale che ąuella generale.

Si e soliti affermare — soprattutto nelle considerazioni teo- logiche — che di Dio e della Sua vita interiore, si puó « sapere » ąualche cosa, ma entro certi limiti, partendo dall’analogia di proporzionalita, ossia dall’analogia metafisica, e in ąuesta pro- spettiva si deve interpretare il contenuto delle proposizioni rive- late. Intanto, non troviamo nella letteratura mondiale sul tema la distinzione tra ąuesti due tipi di analogia di proporzionalita propria. In seguito alla mancata distinzione si e applicata indi- stintamente 1’analogia di proporzionalita generale e 1’analogia di proporzionalita trascententale nella conoscenza di Dio. Si e af- fermato, almeno nel piu stretto cerchio della cosiddetta scuola tomistica, che 1’analogia di attribuzione e 1’analogia metaforica non possono costituire lo « strumento » per la conoscenza dell 'es­

sere trascententale; di qui la conclusione che solo 1’analogia di proporzionalita e capace di fomirci la conoscenza appropriata.

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Se l’analogia di proporzionalita non e omogenea, se cioe distinguiamo in essa due formę (come abbiamo fatto) fondate sulle relazioni necessarie trascedentali e generali, sorge il dubbio se non sia nata una confusione dei concetti, a causa della man- cata distinzione tra i due 'tipi dell’analogia di proporzionalita e di conseguenza della loro applicazione nella conoscenza di Dio.

II problema posto in ąuesti termini esige senz’altro una piu ampia ricerca monografica, ma gik sulla base della nostra analisi sommaria si puó affermare che di fatto nella teologia sono sorte tante difficolta proprio a causa della mancata precisione filoso- fica nel campo della teoria sull’analogia.

E cosi p. es. per elaborare la dottrina sugli attributi di Dio si usava lo schema dell’analogia di proporzionalita generale che non di rado era solo una metafora camuffata o una nascosta univocita, oppure 1'analogia di proporzionalita generale, in cui la definizione di una coppia della proporzione diventava allo stesso tempo la definizione proporzionale dell’altra coppia della proporzione analogica. Come esempio illustrativo si dava l’« ani­

ma » deU’uomo e deH’animale. Sapendo che cosa e l’anima per l’uomo e che funzioni compie, si puó, fino a certo punto, fare certi giudizi sul ruolo e la natura deH'anima nell’animale. Qui e li 1'anima si rivela come 1’elemento organizzatore della materia

« daH’interno », e ąualcosa di essenziale per l’uno e per l’altro soggetto, e per ąuesto il concetto dellanima costruito sulla base delle funzioni conosciute puó predicarsi dei suoi designati in senso proprio. Abbiamo qui a che fare eon l’unita analogica nell’ordine essenziale, e non solo in ąuello casuale o accidentale.

Avendo davanti agli occhi tale stato di cose, si e accettato il principio generale che nell'analogia, la definizione di una coppia di proporzione e allo stesso tempo definizione proporzionale dell’altra coppia di proporzioni, da noi non ancora conosciute.

Tale metodo non si puó usare senza riserve nell’analogia piu importante, e cioe nell’analogia trascendentale. Perche? Nell’ana- logia trascendentale 1'e s i s t e n z a e di fatto un elemento at- tualizzatore (se si tratta dell’essere stesso), e non c’e nient'altro nell’essere reale che non dipenda dall’esistenza, tuttavia, l'esi- stenza non appartiene agli elementi costitutivi della natura (es-

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senza) dell'essere. L’esistenza (« esse »), non essendo elemento costitutivo ne consecutivo della natura di un ąualsiasi analogato, non costituisce il fondamento per conoscere un altro analogato, ma splo puó costituire la base per conoscere l ' e s i s t e n z a del- 1’altro analogato, se ąuesto analogato sara 1’analogato princi- pale — l’Assoluto — rendendo possibile inoltre la conoscenza dell'altro analogato solo come essere e niente piu. Se io so che cosa significa « essere-uomo », so pure che cosa significa « essere- pietra », « essere-cavallo », e so che esiste 1’Essere-Assoluto ossia l’Atto Puro; ma sapendo che cosa significa essere-uomo, essere- cavallo, non so ipso facto che cosa sia il cavallo come cavallo, l’uomo come uomo e il Dio come Dio.

L’analogia trascendentale dell’essere rende possibile la cono­

scenza degli altri oggetti legati all’analogia solo nell’aspetto piu generale dell’esere, non determinando piu da vicino la cono­

scenza delle cose come tali (aspetto essenziale). Conoscere una cosa nell’aspetto dell'esere significa solo che una certa cosa con- creta e determinata in se (identica a se) e in una certa maniera connessa eon 1'esistenza. L’analogia trascendentale non puó rive- lare il grado di ąuesta « connessione » eon l’esistenza, eccetto l’Analogato principale — 1’Assoluto, sul quale in modo piu o meno esplicito si puó affermare che e l’« Esse Purum », ossia l'Essere, in cui c’e identita assoluta tra 1’essenza ed l'esistenza, di conseguenza e 1’Essere primo, non causato, non composto, unico, da cui tutto deriva nell’ordine dell’essere per via dell’in- telletto e della volonta.

Inoltre, costatando il fatto delHdentita assoluta tra essenza ed esistenza nell’Assoluto, non si puó propriamente parlando esprimere nulla di nuovo ąuanto al contenuto di ąuesto Essere, poiche ogni nuova proposizione puó essere solo ed unicamente una proposizione equivalente eon la proposizione costatata sulla base dell’analogia trascendentale. Tutte le « vie » attraverso cui si puó arrivare alla costatazione dell’Assoluto sono solo vie del- l’esseere. Non si puó parlare di Lui come Bonta, Verita, Unita indipendentemente dall’essere, perche tutti questi Attributi sono intercambiabili eon l’essere; indipendentemente dall’essere sono incomprensibili nella filosofia realistica. U fondameento della

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loro comprensione e appunto 1’essere. Ciascun enunciato analo- gico, servendosi dell'analogia del bene, della conoscenza, del- l’amore, della vita, della felicita, e solo una concretizzazione del- 1'analogia dell’essere e la sua ultima comprensione deriva da essa. Tutti ąuesti valori (attributi) staccati dall’essere non hanno nessun significato. Hanno il loro senso solo grazie all'analogicita del concetto di essere. L’analogia dell'essere come meno comples- sa delle altre analogie e la piu chiara delle analogie fondate sui concetti equivalenti al concetto dell’essere (« bonum », « verum »,

« unum » etc.), o sui concetti che sono solo la particolarizzazione del concetto essere. Nell’analogia metafisica affermiamo princi- palmente solo la necessita dell’esistenza dell’Assoluto, ossia del- 1’Essere, in cui 1’essenza e l’esistenza sono identiche, coincidono.

Dopo aver costatato nell'analogia trascendentale il fatto del- 1’esis’tenza dell’Assoluto, non abbiamo piu la possibilita di sapere e determinare in che modo ąuesta entita si realizzi nel suo interno. Servendoci dell’analogia trascendentale non abbiamo ac- cesso alla vita interiore di Dio. II fatto, tuttavia, della necessaria esistenza dell’Assoluto si chiarisce di piu mediante la sua con- cettualizzazione e in ąuesto modo si chiarificano gli Attributi di Dio. Pertanto sulla strada filosofica della conoscenza dell’Essere Necessario — che costituisce un praeambulum fidei — non co- gliamo in modo conoscitivo degli Attributi dell’Assoluto, come bonta, amore, giustizia in maniera analogica agli attributi degli esseri creati, e cioe degli uomini, ma soltanto come una partico­

larizzazione del concetto analogico dell’essere; dopo la costata- zion del fatto dell’esistenza dell’Assoluto costruiamo i concetti ed i giudizi non-contraddittori eon la proposizione che costata il fatto dell'esistenza dell’Assoluto. Tale concetto o giudizio come non-contraddittorio eon la proposizione primordiale (la ąuale costata 1’esistenza dell'Assoluto) esprime un nuovo attributo di Dio, ossia ci chiarisce la comprensione del fatto dell'esistenza dell'Assoluto. Per ąuesto la natura dell'attributo cosi ottenuto, non e comprensibile senza richiamarsi al concetto di essere.

Qualsiasi altra via, indipendentemente dall’analogia trascen­

dentale (indipendente da ąuella dell'essere) che parte dagli es­

seri contingenti per salire fino all’Essere Primo (p. es. 1’analogia

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del bene, del vero), subito conduce a delle contraddizioni. Se si considerasse 1’essere primo come bene, si scoprisse poi 1’unita, che non e il bene, e non ha (in ąuesto processo conoscitivo) un valore di grado superiore, in cui possano « fon darsi» con- temporaneamente sia il bene che 1’unita, non ci sarebbe 1’essere al di sopra del bene e dell’unita Per fortuna, esiste proprio ąuesto « valore » di grado superiore al bene come bene, e allunita come unita, ed e appunto 1’ e s s e r e, del ąuale sia il bene che l’unita sono solo delle chiarificazioni conoscitive che « si fonda- no » in esso. Certo, per noi, la bonta non e lo stesso che l’unita, ma tutte e due sono essere, del ąuale costituiscono delle « espli- cazioni » e « modificazioni ». Perció ąuesti valori possono avere luogo nel concetto analogico dell’essere e sono comprensibili e non-contraddittori solo mediante l'essere analogicamente inteso.

Nel momento in cui ci sforziamo di conoscere gli Attributi di Dio nella prospettiva dell’analogia generale di proporzionalita (uomo : anima = animale : anima), il nostro discorso sfocia su­

bito nel semplice antropomorfismo; perche l’Assoluto in rapporto a noi non e ne elemento materiale ne elemento formale dell’es- sere umano e della sua conoscenza.

C) II ruolo conoscitivo dell’analogia metaforica. L’analogia metaforica viene di solito considerata come un mezzo ineffi- cace per conoscere Dio, mentre la rivelazione ci e stata offerta, soprattutto, in forma di espressioni metaforiche. E ' vero che, se la conoscenza analogica in genere e ąuasi « intermedia » tra la conoscenza univoca e ąuella equivoca, nell’analogia metaforica e piu accentuata l’equivocita, perche in essa, similmente all’ana- logia di attribuzione, ha luogo una costruzione di concetti uni- voci, eon questa caratteristica specifica che cioe tale costruzione, come insieme, connessa eon le relazioni, che hanno il loro fon­

damento nelle cose, trasferita a un’altra realita, esprime un nuoVo contenuto conoscitivo. La costruzione che dal punto di vista se- mantico possiamo presentare come un triangolo: « W », « W, »,

« W2 », compie sul terreno dell'interpretazione teologica della rivelazióne due funzioni fondamentali: a ) negativamente stabili- sce i limiti della conoscenza, b) positivamente dirige le reazioni

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emotivo-volitive dell’uomo. Vediamo ąuesti due fimzioni negli esempi. Quando Gesu ci rivela: « il Padre vostro celeste », o

« nella casa del Padre ci sono molti p o sti», « gli uomini hanno amato di piu le tenebre che la luce » etc. ci accorgiamo che sono usate nellą Sua rivelazione espressioni come « Padre », « tene­

bre », « luce », « posti », le quali non esprimono dei concetti tra- scendentali, perche non esprimono il « contenuto » scambievole eon l'essere come essere. Non sono neppure una particolarizza- zione del concetto analogico dell’essere, ma sono solo espres­

sioni univoche significanti in se stesse ąualcosa e trasferite per significare un nuovo contenuto per noi non immediatamente comprensibile. Abbiamo perció a che fare qui eon 1’analogia metaforica e eon il suo caratteristico triangolo semantico. La espressione « W », viene da noi usata nel suo significato proprio

« Wj »; non conosciamo, peró, ancora il contenuto di « W2 ».

Avendo, tuttavia, in considerazione la comprensione generale del­

la metafora, almeno confusamente comprensibile ad ogni uomo, sappiamo, soprattutto in ąuale direzione si trova il contenuto indicato dalia metafora. Certo, ąuesto contenuto non e imme­

diatamente accessibile al nostro intelletto, tuttavia e accettabile da parte della nostra volonta-amore. Un’espressione come « Pa­

dre » indica che il contenuto che si verifica nella normale pater- nita terrestre si puó trasferire al Dio-Assoluto, perche in ąuesta direzione, indipendentemente da ąualsiasi imperfezione e come equivalente eon il concetto dell’essere assoluto, ąuesto contenuto si verifica positivamente. Inoltre, cosa ancora piu importante, espressioni come « padre », « luce », « grazia », « posto » sono ca- paci di metterci nelFatteggiamento, che ha un bambino buono verso suo padre, un buon servo verso il suo padrone, un uomo senza la casa verso la casa. Questa seconda funzione emotivo- volitiva e piu importante di ąuella conoscitiva, come scrive San Paolo ai Corinzi: « Cristo e stato forsę diviso? Forsę Paolo e stato crocifisso per voi, o voi siete battezzati nel nome di Paolo?

(I Cor. 1,13). Principalmente soltanto la metafora e adatta per metterci in un atteggiamento emotivo-volutivo. A prendere tale atteggiamento non e adatta l’analogia trascendentale che usa le costruzioni intellettuali, prive di colorazione emozionale e voli-

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tive. Peró la sola analogia metaforica porterebbe su vie false la nostra conoscenza di Dio e cioe all’equivocita e all’univocita e per ąuesto la direzione conoscitiva da essa indicata deve essere

« rafforzata», nella teologia, dalia analogia trascendentale. La metafora indicata non puó essere contraria ai concetti trascen- dentali che in senso proprio ci « rivelano » l'esistenza di Dio e in modo negativo indicano la sua natura; ció che Dio non e piut- tosto, che ció che egli e!

Nel ąuadro designato daH’analogia trascendentale indirizzia- mo il contenuto conoscitivo offertoci dali'analogia metaforica, la ąuale piu positivamente determina, definisce il contenuto cono- scitivo e fa provocare un atteggiamento volitivo-emozionale. Di conseguenza l'analogia trascendentale senza ąuella metaforica resta una speculazione filosofica pura e puó essere solo consi- derata come praeambulum fidei. L’analogia metaforica da sola svierebbe il discorso teologico sulla strada dell’equivocita o, ancora peggio per la teologia, sul terreno dell’univocita nella comprensione delle cose divine. L’analogia metaforica insieme eon ąuella trascendentale offre uno strumento adatto per l’in- terpretazione della rivelazione, perche manifesta la direzione po- sitiva per comprendere il contenuto rivelato nel ąuadro dell’ana- logia trascendentale facendo scaturire un atteggiamento emotivo- volitivo riguardo al contenuto rivelato.

Un altra regola importante di applieazione interpretativa dell’analogia e la cosiddetta analogia fidei, secondo la ąuale non basta la non-contraddittorieta eon 1’analogia trascendentale, ma si esige anche la non-contraddittorieta eon le proposizioni otte- nute finora nella tradizione teologica grazie all applieazione di tutti i due tipi di analogia, che sono o possono diventare « con- clusioni teologiche ». L’analogia della fede, similmente all’analo- gia trascendentale, traccia principalmente i limiti dell'interpre- tazione teologica del contenuto rivelato, almeno in modo nega- tivo. L'analogia metaforica, invece, indica piuttosto il contenuto positivamente, che e non-contraddittorio eon ąuello indicato dal- 1'anlogia della fede e eon 1’analogia trascendentale, facendo na- scere gli atteggiamenti emozionale-volitivi. In ąuesto senso e in ąuesti limiti l'analogia metaforica puó essere anche riconosciuta

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