• Nie Znaleziono Wyników

III. Il labirinto concentrazionario nella narrativa di Primo Levi

III. 5. Il filo d’Arianna

Il lager assorbe i prigionieri e li trasforma in elementi costitutivi del proprio meccanismo, rimpiazzabili ed indistinti. Spogliati di libertà e di individualità, i deportati riducono la propria esistenza alla pura biologicità rinchiusa in un frantume del presente in cui «noia [viene] trapunta di orrore» [SS 115]. Levi dimostra l’inumanità e la complessità di questo sistema e l’abiezione degli internati, ma parallelamente presenta il fattore umano e non ancora compromesso, che trapela dall’«universo nero» [L 395] e a cui l ’autore deve la sua salvazione.

Lo scrittore ha la fortuna d’incontrare persone incorrotte e benevoli che lo aiutano; di rado in maniera misurabile o materiale, ma psicologicamente inestimabile. Il primo degli incontaminati è Schiome, un giovane ebreo polacco [SQU 26-27], Il protagonista lo conosce poco dopo l’entrata al campo, il loro è un incontro brevissimo, ma Schiome è pieno di puro e cordiale calore. Si capiscono a malapena, ciononostante il correligionario avverte Levi di non bere l’acqua, perché nuoce; ed alla fine della corta conversazione lo «abbraccia timidamente» [SQU 27], Dopodiché il narratore si sente

«pieno di tristezza serena che è quasi gioia» [SQU 27], Ancora di più toccante è la sua conoscenza con Bandi [L 391-395], Il ragazzo ungherese, ingenuo, onesto e lieto, diventa un suo discepolo delle norme concentrazionarie. Cerca di spiegargli i precetti della sopravvivenza «laggiù», ad esempio come non sprecare troppa energia al lavoro, ma la semplicità di Bandi non gli permette di truffare e, siccome si aspetta da lui che lavori, lo fa nel miglior modo possibile. Ma al contempo, essendo uno Zugang, vuole dimostrare di essersi adeguato, di aver capito le lezioni leviane, quindi una volta annuncia al suo maestro. «Ho imparato. È per te: è la prima cosa che ho rubato». E, orgoglioso, gli dona un ravanello. Bandi, accanto alle altre virtù, possiede un talento unico per felicità, i travagli sembrano non solo scivolare su di lui senza fargli del male, ma addirittura purificarlo, esaltare in lui «la nativa capacità di gioia» [L 392], Perciò, quando Levi sente che Bandi1 in effetti si chiama Endre Szàntò, che si pronuncia come

«santo», quasi scorge l’aureola attorno alla testa rasata del ragazzo [L 392],

Il protagonista trova nel campo anche le proprie guide. Talora non volute o non capite, almeno inizialmente, come Steinlauf2 [SQU 35-36, SS 116], che vuole convincere l’italiano incredulo che bisogna lavarsi anche senza sapone nell’acqua immonda, dare il nero agli zoccoli e camminare diritti non per obbedire al regolamento,

III. 5. Ii filo d 'A r i a n n a

ma, al contrario - per negare il consenso alla bestializzazione, per mantenere i residui della dignità e di vitalità, «per non cominciare a morire» [SQU 36]; perché non solo si può sopravvivere in lager, ma si deve farlo, per portare testimonianza. Perciò bisogna conservare un simulacro della civiltà. Un altro interprete della realtà rovesciata è Chajim, un coetaneo leviano, orologiaio di Cracovia, ebreo pio, studioso della Legge [SQU 41, 112, SS 64] che sta in lager da tre anni ed in Buna fa il meccanico di precisione ed «fra i pochi che conservino la dignità e la sicurezza di sé» [SQU 41]; che, nonostante la barriera linguistica, fa capire allo chimico torinese l’essenza degli insegnamenti per sostentarsi. Un altro cicerone diventa Walter Bonn, un olandese conosciuto in Ka-Be [SQU 45-47], Cruciale, però, è Alberto D., studente del terzo anno di chimica, il miglior amico di Levi, «amico fraterno», con cui formano quasi una persona fusa3 [SQU 51, 54, 77, 92, 115, 118-119, 121, 123, 129-133, 135, 137-138, 153, SS 21-23, 60-61, UNG 43-46, 59, L 432, SP 146-150], Riescono a non separarsi, si confidano l’un con l’altro, a volte lavorano insieme,4 insieme escogitano i modi come conquistare qualcosa da mangiare, dividono la cuccetta ed ogni razione del cibo

«organizzato».5 Alberto è forte, simpatico, estroverso e «non domato» [SQU 123]: ama gli imprevisti, sa improvvisare. Ed benché non faccia a Primo da insegnante di vita, si trattino alla pari, quest’ultimo lo ammira:

Non ha che ventidue anni, due meno di me, ma nessuno di noi italiani ha dimostrato capacità di adattamento simili alle sue. Alberto è entrato in Lager a testa alta, e vive in Lager illeso e incorrotto. Ha capito prima di tutti che questa vita è guerra; non si è concesso indulgenze, non ha perso tempo a recriminare e a commiserare sé e gli altri, ma fin dal primo giorno è sceso in campo. Lo sostengono intelligenza e istinto: ragiona giusto, spesso non ragiona ed è ugualmente nel giusto. [...] Lotta per la sua vita, eppure è amico di tutti. «Sa» chi bisogna corrompere, chi bisogna evitare, chi si può impietosire, a chi si deve resistere. [SQU 51]

La stima è, del resto, reciproca ed ambedue le parti del tandem risultano complementari: «io sono più svelto, tu sei più fortunato», ripete Alberto all’amico [UNG 44], Ma Primo non sembra convinto della loro parità [SP 147] e considera l ’altro migliore: più astuto, più intraprendente, più ottimista; uno forte, ma mite, che non permette a nessuno di scoraggiarsi, che sa tutto [SP 147], che ottiene tutto ciò che vuole [SQU 137], del cui comportamento ha perfino «virtù liberatoria» [SP 146], Questo ritratto sereno e monolitico di Alberto che emerge dai primi scritti leviani, nonostante lo sfondo turpe di Auschwitz, si arricchisce di una nuova dimensione dopo il suo ultimo libro. Ne esce fuori che Alberto è stato nel campo insieme a suo padre, il quale ha perso nella grande selezione dell’ottobre del 1944. Tuttavia il figlio non voleva rassegnarsi al

III. 5. Il filo d 'A r i a n n a

fatto ed ha inventato tutta una storia alternativa sulla fine del genitore, che - secondo lui - è stato solo trasferito in un altro lager, quello di Jaworzno, addirittura più leggero [SS 22], Quale versione è vera non si saprà. Levi pare quasi deluso dell’autoinganno6 dell’amico finora perfetto. Il lettore può essere sconcertato che un elemento così importante sul «simbionte ideale» [SP 147] dello scrittore sia spuntato così tardi.

L ’Alberto medesimo è scomparso durante la marcia di evacuazione del gennaio 1945.

Lo scrittore incontra «laggiù» altre persone bendisposte e nobili: Schmulek, il fabbro che nonostante parli solo yiddish, prova di spiegargli la verità su Birkenau, e che, selezionato a gas, all’uscita dal Ka-Be gli lascia il suo coltello e il cucchiaio [SQU 46- 47]; Resnyk, polacco vissuto a Parigi, che non solo non rifiuta il compagno esile e maldestro7 al lavoro particolarmente pesante, ma lo soccorre spontaneamente [SQU 60- 62]; Jean Samuel, il Pikolo, che mantiene «rapporti umani coi compagni meno privilegiati» e li salva dalla frusta o dalla denunzia alle SS [SQU 99]; e che sceglie Primo per la corvée del rancio [SQU 98-103, SS 112], durante la quale lo ascolta citare e tradurre il Canto d'Ulisse dantesco ed impara alcune parole italiane; Templer, il

«benefattore», organizzatore ufficiale del Kapo leviano, fornitore del cibo extra in quantità all’ingrosso [SQU 68-69]; Szabò, contadino ungherese alto due metri, che aiuta più deboli, finché può [SS 64]; Robert, professore alla Sorbona, che incoraggia chi gli sta accanto e cerca di memorizzare tutto dell’universo concentrazionario per comprendere e testimoniare [SS 64]; Mendi, rabbino russo, sionista, partigiano, glottologo, dottore in legge in una persona, un vero pozzo di scienza [SQU 94];

l’ingegner Aldo Levi, che malgrado abbia perso la figlia treenne Emilia all’arrivo ad Auschwitz, non è mai giù di morale e non parla di mangiare [SQU 17, 101]; il Tischler, ebreo polacco, che, grazie all’amore di suo padre per l’opera lirica, mastica un p o ’ d ’italiano e, festeggiando insieme a Primo il compleanno, gli racconta la storia di Lilìt [L 385-399]; Wolf, farmacista di Berlino, soprannominato maliziosamente Krätzerwolf (‘rognaw olf ), che per il senso di dignità non si gratta, quantunque abbia la scabbia, e che, compenetrato di musica, riesce una volta ad acquistare in qualche maniera un violino per suonarlo [L 396-399],

Sebbene Primo Levi creda che in lager non si possano trovare alleati, «salvo casi speciali» [SS 25] egli stesso sembra abbastanza privilegiato. Tant’è vero che i sopra nominati sono delle eccezioni, la maggioranza degli internati costituiscono mussulmani o le persone che vacillano al limite di questa trasformazione e descriverne un esempio

III. 5. Il fiio d 'A r i a n n a 1 14

(Null Achtzehn9) è come descriverli tutti. Lo scrittore è conscio di essere stato fortunato [CI 87]:

Perché non si tratta di forza ma di fortuna, non si può vincere con le proprie forze un lager. Sono stato fortunato per essere stato chimico, per aver incontrato un muratore che mi dava da mangiare, per aver superato le difficoltà del linguaggio [...], mi sono ammalato una sola volta alla fine, e anche questa è stata una fortuna, perché ho evitato l’evacuazione dal lager: gli altri, i sani, sono morti tutti, perché sono stati rideportati verso Buchenwald e Mathausen, in pieno inverno. [C 71]

Il sussidio maggiore, accanto al sostegno costante da parte di Alberto, Primo lo ottiene da Lorenzo Perrone, il muratore menzionato sopra [SQU 107-109, 129-130, L 428-436, UNG 43, CI 85, SS 82, 98] il quale per sei mesi gli porta di sua spontanea volontà e contro la proibizione di contatti,10 gli avanzi della zuppa,11 e talvolta un pezzo di pane. Il filantropo fa parte dei lavoratori civili volontari, che prima hanno lavorato in Francia, accasermati vicino al KL Auschwitz. Viene affidato loro il compito di costruire delle pareti per proteggere il macchinario della Buna. Per una fortunata coincidenza il Kapo manda Levi a fare da garzone ai lavoratori e così il protagonista conosce Lorenzo, un uomo taciturno ed introverso, che esprime la sua bontà attraverso le azioni. Aiuta alcune persone, non solo il compaesano più giovane. Questi riceve dal muratore di Fossano anche una maglia rattoppata e l’ausilio allo scambio di notizie con la madre.

Insieme ad Alberto, vogliono compensare il benefattore, anche se egli non vuole alcuna retribuzione. Accetta solo la riparazione delle scarpe. Tutto il soccorso è fondamentale per la sopravvivenza dei due amici fino all’evacuazione del campo; ma oltre al valore pratico, esso possiede anche quello morale:

N ell’ambiente violento ed abietto di Auschwitz, un uomo che aiutasse altri uomini per puro altruismo era incomprensibile, estraneo, come un salvatore venuto dal cielo [...]. [L 433]

Levi sottolinea, che grazie all’umanità incontaminata di Lorenzo,12 egli medesimo non ha dimenticato di essere un uomo [SQU 109], Ed aggiunge che una

«parte del nostro esistere ha sede nelle anime di chi ci accosta» [SQU 152], Senza il sostegno e l’esempio reciproco non è possibile serbare l’umano nel mondo inumano.

Perciò nell’esperienza concentrazionaria dello scrittore sono tanto importanti pure i due francesi dei Vosgi che incontra in Ka-Be: Arthur, contadino, piccolo e magro, ma sagace e pragmatico, e Charles, giovane maestro scolastico, coraggioso e robusto; con i quali stringe l’amicizia e cerca di sistemare il loro reparto dopo l’evacuazione del campo [SQU 134-153, T 157-165], Insieme riescono ad assicurare a sé ed agli altri le condizioni sopportabili nell’Infektionsabteilung13 ed i compagni offrono ai tre del pane

Kl. 5. Il filo d 'A r i a n n a

in più - allora si vede la fine del lager [SQU 142], la ricomparsa delle norme civili. In seguito dividono anche la preparazione dei pasti a seconda delle possibilità. Alla liberazione avvenuta, quando la scarlattina prende il sopravvento su Primo, Charles lo assiste fraternamente [T 162],

L ’inclemenza del campo di annientamento fa rivelare le grandi possibilità di adattamento degli internati, che sanno ritrovare in sé le riserve di vitalità, la cui misura può essere conosciuta solo tramite lo scontro contro l’avversità estrema. Dopo aver superato la fase critica dell’iniziazione, una parte dei prigionieri mette in funzione i meccanismi di autodifesa. Usano diversi mezzi e metodi, sfruttano varie capacità, ma basilari rimangono: il contatto e la comunicazione con gli altri, per cui conviene trovare un canale adatto - ogni lingua europea in più può servire, anche al livello elementare, perfino gesti o segni, sorretti dalla voglia di capire e di spiegarsi. I rapporti interpersonali si muovono tra i due poli fortemente squilibrati dall’assetto capovolto del lager - cioè quello negativo (la collaborazione, la delazione, la violenza, l’abuso del potere, la vigliaccheria) e quello positivo (l’altruismo, l’empatia, l’aiuto, la pietà, il coraggio); ma nonostante il loro carattere sono essenziali per poter edificare altri baluardi: lavorativo, culturale, ideologico e religioso. È possibile, chiaramente, lavorare o pregare Dio senza parlare con nessun accanto, ma le mansioni si accrescono di nuove dimensioni a patto che vi sia un dialogo con altre persone. Lo scrittore torinese dà risalto al valore della conversazione, dello scambio delle idee, delle esperienze, dei ricordi [SQU 48, 92, 100-103], sia quello pragmatico che spirituale ed intellettuale [CI 215-216],

Levi, seguendo le tracce di Jean Améry,14 filosofo, scrittore e compagno di baracca, analizza svariate forme di resistenza o di fuga dalla quotidianità tetra di Auschwitz [SS 102-120], Di fianco alla semplicità e al mestiere che tutelano da troppe domande e permettono al pensiero di evadere dalla morte circostante, vengono esaminate la cultura e la fede. La prima in quanto un legame col passato, che lo salva dall’oblio e protegge l’identità; la seconda in quanto una forza salvifica che apre altri spazi dell’esistenza e le dona sensi superiori. Essere fedeli, in ambedue gli autori, si traduce sia nel seguire una religione vera e propria che una convinzione politica.

Non aveva alcuna importanza quale fosse il loro credo, religioso o politico. Sacerdoti cattolici o riformati, rabbini delle varie ortodossie, sionisti militanti, marxisti ingenui od evoluti, Testimoni di Geova [...]. Il loro universo era [...] più comprensibile: avevano una chiave ed un punto d ’appoggio [...]. Il dolore, in loro o intorno a loro, era decifrabile, e perciò non sconfinava nella disperazione. Ci guardavano con

III. 5. Il filo d 'A r i a n n a

commiserazione, a volte con disprezzo; alcuni di loro, negli intervalli della fatica, cercavano di evangelizzarci. [SS 118-119]

Ma Améry è agnostico e Levi non vuole cambiare le regole del gioco durante la partita [SS 118, CI 285-286]: entrato al lager non credente, tale ne esce.15 Entrambi invece vi trovano uno scampo nella cultura, che lascia esercitare la mente, stabilire un legame più umano con un altro prigioniero e quindi ritrovare se stessi [SS 112], Lo scrittore torinese evidenzia pure l’importanza della propria curiosità naturalistica verso l’uomo come tale [CI 87], Le osservazioni e le analisi del campionario auschwitziano, strano e ricco, contribuiscono alla sua sopravvivenza prima intellettuale, poi esistenziale, ed anche alla nascita dei suoi libri. Siccome «laggiù», oltre ai portatori di valori civili, vi sono anche degli esemplari particolari, che indirettamente, rompendo la routine delle giornate16 e sfùggendo alle classifiche e alle medie, concorrono all’integrità mentale dell’etologo dilettante. Come, ad esempio, Elias, Henri, Alfred, Eddy.

Elias Lindzin, numero di matricola 141 565, [SQU 86-89, 129, L 396-399, 432- 433, SS 110], ebreo di Varsavia, un «nano erculeo», buffo, rozzo, malizioso, sempre sano ed iperattivo; un bravo lottatore [SQU 87, L 433], bestialmente abile ed acrobatico, borioso e crudele [SS 110-111]; sembra che sappia fare tutto e senza sforzo:

Elias [...] sa farsi un cucchiaio con un pezzo di lamiera, e un coltello con un rottame di acciaio; trova ovunque carta, legna e carbone asciutti e sa accendere in pochi istanti un fuoco anche sotto la pioggia. Sa fare il sarto, il falegname, il ciabattino, il barbiere;

sputa a distanze incredibili; canta, con voce di basso non sgradevole, canzoni polacche e yiddisch mai prima sentite[...]. [SQU 87]

Del suo passato non si sa niente di sicuro, del presente neppure - è un tipo ambiguo,17 sfuggente, ma al contempo teatrale e pittoresco, ama mettersi in mostra, buffoneggiare, far ridere. Levi riflette sul rapporto causa-effeto del caso di Lindzin, ma il dubbio tra un atavismo e un prodotto del campo è irrisolvibile. Indipendentemente da ciò il narratore giudica Elias «un individuo felice» [SQU 89], vista la sua idoneità al luogo.

A ll’estremità opposta nei confronti di Lindzin si trova Henri - tutto ingegno e fredda razionalità, «eminentemente civile e consapevole», perspicace e colto, si è costruito un’intera teoria a proposito del funzionamento del lager e dentro di esso [SQU 89-90, 107, 123, 129],

Suo fratello è morto in Buna nell’ultimo inverno, e da quel giorno Henri ha reciso ogni vincolo di affetti; si è chiuso in sé come in una corazza, e lotta per vivere senza

III. 5. Il filo d 'A r i a n n a

distrarsi, con tutte le risorse che può trarre dal suo intelletto pronto e dalla sua educazione raffinata. Secondo la teoria di Henri, per sfuggire all'annientamento, tre sono i metodi che l’uomo può applicare rimanendo degno del nome di uomo:

l’organizzazione, la pietà e il furto. [SQU 89]

Egli li adopera tutti e tre; ed è uno stratega formidabile. Utilizzando anche il suo fascino,18 riesce ad impietosire perfino i più grandi bruti, monopolizza il traffico della merce inglese, conquista la simpatia e l’affetto di molteplici protettori con una SS a capo; è un seduttore di professione [SQU 107] e manipola le persone con virtuosismo.19 Lo scrittore torinese lo vede duro e distante, «nemico di tutti, inumanamente scaltro e incomprensibile come il Serpente della Genesi» [SQU 90] e, dopo i colloqui con il

• 90

francese, sente di essere stato strumentalizzato pure lui.

In un altra maniera agisce Alfred L. [SQU 84-86], che si procura l’aspetto del prominente prima di diventarlo (le mani e il viso puliti, la camicia lavata ogni quindici giorni, l’abito a righe della sua taglia nuovo e pulito).

Il suo piano era di lungo respiro, il che è tanto più notevole, in quanto era stato concepito in un ambiente in cui dominava la mentalità del provvisorio; e L. lo attuò con rigida disciplina interiore, senza pietà per sé, né, a maggior ragione, per i compagni che gli traversassero il cammino. [SQU 85]

Sempre cortese, ostentatamente laborioso, diligente nell’incitare i compagni pigri al lavoro, Alfred sa che, paradossalmente, c ’è poca differenza fra sembrare un potente ed esserlo. Ed, in effetti, alla costituzione del Kommando Chimico, viene nominato il suo capotecnico, promosso «specializzato» ed assunto dalla Direzione della Buna come analista nel laboratorio del reparto Stirolo.

Eddy, invece, essendo un criminale, non deve fare niente di speciale per diventare il vice-Kapo nel Kommando leviano [L 379-384], Oltreché un rapinatore, è un giocoliere e un uomo di grande bellezza21 e dall’aria serena e trasognata, che lo distingue. Con i suoi giochi di destrezza e di prestigio estasia tutti attorno dal suo primo giorno nel campo. Ma, al contrario di Elias, non è un esibizionista, non si cura di un eventuale pubblico, è concentrato unicamente alla conduzione dei trucchi a perfezione.

Sul lavoro è imprevedibile, o sgobba per dieci o non fa niente, ma date le sue abilità, nessuno gli dice niente. Un giorno coglie Levi in flagrante, mentre questi scrive una lettera. In lager scrivere è vietato ed il solo fatto di scrivere è intrinsecamente sospetto [L 381], Allora Eddy fa fare due traduzioni del messaggio di Primo, li paragona e, quando il contenuto non risulta compromettente, decide di non denunciarlo.

Quali siano le seguenti vicende del tedesco il narratore non lo sa. Eddy riapparve solo

III. 5. Il filo d 'A r i a n n a

una volta, in piedi nel corridoio fra il filo spinato ed il reticolato elettrico con un cartello con su scritto «Urning», ‘pederasta’, ma - come al suo solito - insolente e quasi assente [L 383],

Quanto alla corrispondenza, il protagonista ha infatti molta fortuna. Riesce perfino a scambiare delle lettere con la madre in Italia, grazie al tramite di Lorenzo e un’amica della famiglia in Italia, Bianca Guidetti Serra [L 394, SS 82], Ma un vero

22

prodigio è un pacco dono da casa. I pacchi sono ammessi a tutti, tranne gli ebrei.

Questa, a lato delle notizie scritte, è un situazione davvero straordinaria: la proibita posta attraversa tutta l’Europa in guerra, all’interno del campo di sterminio capita in mani giuste e contiene un po’ di cibo extra (cioccolato autarchico, biscotti e latte in polvere). Ma il fattore più importante e quello che si è ristabilito il contatto col mondo fuori [UNG 43], il «dolce mondo» [L 394],

Per la sopravvivenza in lager vale molto la capacità di leggere i segni, di raccogliere ed interpretare brandelli d ’informazione pervenute dal difuori [SQU 104, SS 80] ed anche l’abilità di gioire, il saper sfruttare i barlumi di cuccagna, che in lager sono tristemente ridotti a: un rancio in più, una giornata di sole [SQU 66] o senza lavoro [SQU 96], Benché miscredente, Levi, durante l’esame di chimica davanti a Pannwitz [UNG 40], ammette: «Qualcosa mi protegge» [SQU 96], quando il tedesco dimostra un particolare interesse per la tesi universitaria23 dell’ebreo. Un lavoro più leggero al laboratorio chimico è «un dono del destino», che va goduto al massimo e subito [SQU 125; AM 12], Un «miracolo» diventa una vuota cuccetta in Ka-Be [SQU 44], un «segno divino» - la sirena di mezzogiorno [SQU 62] e la «beatitudine» - uno stato di relativa e momentanea sazietà e risultantene bontà [SQU 62], Dietro l’ironia malinconica di queste espressioni, sta anche la prontezza a setacciare la realtà concentrazionaria in

Per la sopravvivenza in lager vale molto la capacità di leggere i segni, di raccogliere ed interpretare brandelli d ’informazione pervenute dal difuori [SQU 104, SS 80] ed anche l’abilità di gioire, il saper sfruttare i barlumi di cuccagna, che in lager sono tristemente ridotti a: un rancio in più, una giornata di sole [SQU 66] o senza lavoro [SQU 96], Benché miscredente, Levi, durante l’esame di chimica davanti a Pannwitz [UNG 40], ammette: «Qualcosa mi protegge» [SQU 96], quando il tedesco dimostra un particolare interesse per la tesi universitaria23 dell’ebreo. Un lavoro più leggero al laboratorio chimico è «un dono del destino», che va goduto al massimo e subito [SQU 125; AM 12], Un «miracolo» diventa una vuota cuccetta in Ka-Be [SQU 44], un «segno divino» - la sirena di mezzogiorno [SQU 62] e la «beatitudine» - uno stato di relativa e momentanea sazietà e risultantene bontà [SQU 62], Dietro l’ironia malinconica di queste espressioni, sta anche la prontezza a setacciare la realtà concentrazionaria in