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La ricerca tipologica

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Academic year: 2021

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QUADERNI DI ARCHITETTARE 02 | MARIO ZAFFAGNINI ARCHITETTO

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esiti del primo Settennio INA CASA si rivelano as-solutamente coerenti alla congiuntura.

Le logiche produttive cominciano a registrare un mutamento in atto verso la fine del decennio e l’inizio della cosiddetta stagione del “boom eco-nomico”. Complice l’avvicendamento generazio-nale e la progressiva sostituzione degli impianti produttivi, aggiornati secondo le più recenti teorie fordiste d’importazione, allo spirito collaborativo subentra drasticamente una netta separazione tra momento ideativo ed esecutivo, e quindi di ruoli. Al cosiddetto “operaio-massa” viene semplice-mente chiesto di rispettare diligentesemplice-mente una consegna che non richiede alcuna competenza specifica nella catena di montaggio. Il consolidarsi di tale modello agisce simmetricamente, sul pia-no delle relazioni socio-politiche, quale potente stimolatore di logiche antagoniste, che trovano nella vulgata “materialista” un potente vettore di legittimazione ideologica. Parallelamente, l’avvia-mento delle prime sperimentazioni di produzione standardizzata di sistemi e componenti nel settore edilizio, acuisce ulteriormente le divaricazioni, an-che sul piano culturale, tra gli opposti partiti. Il progressivo spostamento d’interesse verso l’in-dustrializzazione del processo edilizio, dentro e fuori l’Università, provoca una reazione veemente, di cui si fanno soprattutto portatori l’Istituto Uni-versitario di Architettura di Venezia e, in misura minore, il Politecnico di Milano. È in questa fase che si creano le condizioni da cui maturerà il co-siddetto Neo- Razionalismo in architettura, che proprio nel momento tipologico troverà una sua Il rapporto che Mario Zaffagnini intrattiene con

le tematiche tipologiche risulta, in retrospettiva, fortemente condizionato dalla specificità delle oc-casioni accademiche e progettuali, mai disgiunte dall’evoluzione del dibattito in corso, sia discipli-nare che politico-economico. La sua formazione universitaria e le prime esperienze nell’ambito del Gruppo Architetti Urbanisti Città Nuova lo porta-no a ricercare una relazione d’intima coerenza tra momento ideativo ed esecutivo, tra teoria e pras-si, tra processo edilizio e prodotto architettonico. Tale atteggiamento, maturato dai primi anni ‘60, non deve sembrare scontato, anche tra chi nutre un sincero interesse per gli aspetti tecnologici del mestiere, e va pertanto considerato in relazione a quanto recentemente accaduto nel nostro paese. Nel corso degli anni ’50, il prevalere di un sincero spirito di collaborazione e solidarietà sociale, reso necessario dall’urgenza della ricostruzione nel se-condo dopoguerra, porta a interpretare politica-mente il settore edilizio, quale potente volano del-la crescita economica, in chiave dichiaratamente “realistica”. La necessità di una strategia tesa a garantire risposte a un’ampia offerta di manodo-pera e il persistere di una diffusa cultura artigiana-le di comprovata qualità giustifica la temporanea rinuncia a un processo d’industrializzazione edili-zia. Per altro, anche quando ciò accade, come nel settore della meccanica, l’operaio interpreta an-cora un ruolo fondamentale nella messa a punto della filiera e dei suoi semilavorati, continuando pertanto ad agire con spirito imprenditoriale. A fronte di tali premesse, i criteri di gestione e gli

NICOLA MARZOT

la ricerca tipologica

Nicola Marzot, architetto, ricercatore in Composizione Architettonica e Urbana, Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara

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QUADERNI DI ARCHITETTARE 02 | MARIO ZAFFAGNINI ARCHITETTO

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1. Macromodulo, case a blocco

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compiuta, per quanto parziale, interpretazione e una dimensione teorica totalizzante, in polemica antitesi al cosiddetto “professionismo diffuso”. In questa fase Mario Zaffagnini opta chiaramente per un impegno a favore dell’industrializzazione del processo edilizio, e delle relative implicazio-ni, mostrando tuttavia una sensibilità che aspira a superare la pericolosa contrapposizione tra pro-duzione massificata e ripiegamento sul momen-to tipologico del progetmomen-to, inteso quale fatmomen-tore di emancipazione intellettuale che contrappone al tecnocratico anonimato della produzione indu-striale l’impersonalità della produzione collettiva derivante dall’esperienza condivisa della storia. Lo fa rielaborando la lezione di Giuseppe Ciribini con l’esperienza matura delle socialdemocrazie nordi-che, in particolare quella olandese. Il suo interesse per il Progettare nel processo edilizio1, parafrasan-do un suo celebre volume, non può essere, infatti, scisso dall’importanza tributata ai sistemi di coor-dinazione modulare, mutuati dai lavori pioneristici di John N. Habraken, affinché l’istanza progettuale non risulti mai scissa dalla produzione. Quella ri-cerca nasce infatti nello spirito neo-umanista di un coinvolgimento del progettista e dell’utente finale nel processo stesso, con l’obiettivo di conciliare industrializzazione della filiera edilizia con la relati-va disponibilità alla trasformazione secondo gradi di libertà crescenti, dalla città all’architettura. L’approfondita riflessione su questi temi porta così Zaffagnini a rimanere fedele a un’idea del proget-to quale momenproget-to di sintesi tra più saperi, che in esso si coagulano direttamente attraverso la

di-sponibilità ad accogliere le molteplici istanze del proprio tempo senza pregiudizi e riserve ideologi-che, con un atteggiamento improntato a un sano “realismo delle opportunità e delle occasioni“. Nasce così la sperimentazione sul Macromodulo, inteso come unità integrata di spazio, struttura e volume, memore delle istanze dello “Strutturali-smo” europeo, che garantisce il permanere del carattere storicamente aperto del tipo edilizio, ca-pace di risultare tanto “organico” allo spirito del tempo, ovvero in accordo con esso, quanto in gra-do di metabolizzarne gli esiti raggiunti all’insorgere di mutate condizioni d’uso.

Negli anni ’80 appare ormai chiaro come la spin-ta alla crescispin-ta, complice la grave crisi energetica del 1974 e il conseguente diffondersi di un atteg-giamento più responsabile nei confronti del pa-trimonio ereditato, riconosciuto come risorsa non riproducibile, sia giunta al termine. L’attenzione è ora rivolta alla città esistente, da trasformarsi nel rispetto di uno stile di vita sviluppatosi in manie-ra autonoma rispetto ai condizionamenti materiali originari. Tale attitudine riflessiva si consolida alla approssimarsi del Postindustriale, che determina le condizioni affinché aree strategiche poste a ridosso dei centri storici si rendano disponibili a seguito dei processi di redislocazione delle attività produttive in funzione delle reti estese del mercato globale. Ancora una volta Mario Zaffagnini registra le mutate condizioni al contorno, accogliendone in modo non pregiudiziale le implicite sollecitazio-ni. L’industrializzazione del processo edilizio cede il posto allo studio delle tecnologie tradizionali e 2

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delle capacità produttive locali a supporto di

po-litiche di riuso più rispettose delle preesistenze, mentre la riflessione sulla città nuova è sostituita dallo studio del rapporto tra architettura e città nella cultura edilizia preindustriale. Tale nuova consapevolezza porterà a due importanti pubbli-cazioni, Progettare nel tessuto urbano2, che nel ti-tolo registra la sostituzione del processo, e Analisi della Morfologia Urbana e delle Tipologie Edilizie3. Coerentemente allo spirito che anima gli studi gio-vanili, i tipi edilizi e le relative aggregazioni, alle diverse scale di correlazione, vengono indagati in una prospettiva dinamica e aperta alla società co-eva, mantenendosi equidistante tanto rispetto alla tradizione “continuista” di scuola muratoriana, connotata dal primato dell’origine e condizionata dalle relative ipoteche sul futuro, quanto dalla modernità totalizzante che ancora permea di sé la visione “rossiana” dell’architettura della città, incapace di relativizzare la cultura del progetto al proprio tempo storico. Quasi simultaneamente, la capacità di sintonizzarsi sul persistente muta-mento delle condizioni al contorno permetterà inoltre a Zaffagnini di cogliere gli effetti collate-rali del processo di riorganizzazione della città nel crescente interesse per il recupero l’edilizia rurale, il cui progressivo deterioramento è imputabile a un malinteso progetto di emancipazione sociale, risalente agli anni ‘60. I primi studi matureran-no in un numero momatureran-nografico della rivista Pae-saggio Urbano4, mentre la prematura scomparsa non permetterà al curatore di vedere consegnato alla stampa l’ultimo lavoro, La casa della grande

pianura5. L’evoluzione dei tipi edilizi, mai disgiunta dalla comprensione dei relativi condizionamenti economici, sociali culturali, viene riletta attraverso il fenomeno dilagante dell’urbanizzazione diffusa, che ne garantisce la sopravvivenza a fronte di un irreversibile mutamento di senso, per quanto ri-spettoso. Quasi Zaffagnini voglia ricordare, in ul-tima istanza, come non possa esistere conserva-zione senza trasformaconserva-zione, sopravvivenza senza tradimento.

NOTE

1 Zaffagnini Mario (a cura di), Progettare nel processo edilizio, Edi-zioni Luigi Parma, Bologna, 1981

2 Zaffagnin i Mario (a cura di), Progettare nel tessuto urbano, Alinea Editrice, Firenze, 1993

3 Zaffagnini Mario, Gaiani Alessandro, Marzot Nicola, Morfologia ur-bana e Tipologia edilizia, Pitagora Editore, Bologna, 1995. 4 Zaffagnini Mario (a cura di), Paesaggio Urbano, n° 1, Maggioli Editore, Rimini, 1995

5 Zaffagnini Mario (a cura di), La casa della grande pianura, Alinea Editrice, Firenze, 1997 2. Macromodulo, case a spina 3. Macromodulo, case a corte 3

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