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Estetica gregoriana ossia trattato delle forme musicali del canto gregoriano. Vol. 1 / Paolo M. Ferretti

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(1)

ESTETICA GREGORIANA

(2)

(3)
(4)

S. GREGORIO MAGNO

Dall'Antifonario del B. Hartker (secolo X) Codice sangallese 390 391.

(5)

D. PAOLO :VI. AB.\TE FERRETTI, O. S. B.

PRESIDE DEL I'ONTIFIC'lO ISTITUTO DI MUSICA SACRA

lAi MU?YK ~~

KO CIELNEJ K. U. L

ESTETICA JJ }éJ:ì

GREGORIANA

U S SL\

TRATTATO DELLE FORi\IE MUSICALI DEL CANTO GREGORIANO

YOLU~IE

PRgiO

ROl\IA

PO,

1

TIFICIO ISTITUTO D l \IUSIC \ SACR \

193-J-

(6)

IMPRIMI POTEST Sublaci,

~6

Januarii 1934

D.

:\ht:R1JS ETCHEVERRY

0. S. B., .1bbas Ge·ncra/is

l\IPRDI:\TCR Romat',

~8

J anuarii 1934

+

JOSEPH1JS PALI A,

A1dtùj>. Philippm., Victsger.

TuTTI l lJIR ITJ l R ISERvATI

Copyright by Abate

PAOLO]'.!. FERRETTI

Pontificio Istituto di l\Iusica Sacra - Roma

Febbraio 1934

R0\1.\ TIPOGR \Fl \ DEI SLKATO DEI DOTT. G ll.\RDJ

Biblioteka Uniwersytecka KUL . 1000613852.

lllll l llllllllllllll llllllllllllllllll ll l llllllll l\111

(7)

LLA T OB ILE SIG JORA

G I U S T I N A È. \V A R D

DOTTORESSA IN MUSICA

BENEMERITA CULTR I E DEL CANTO GREGORIANO QUESTA OPERA VUOLE DEDICATA

L'AUTORE

CO~

AN IMO

PROFO~DAMENTE

GRATO

(8)

(9)

INTRODUZ IONE

I.

L'Estetica musicale è la scienza o la filosofia del bello appropriata all'arte dei suoni. Essa, come giustamente osserva il Riemann (1), si propone di fa\'Orire e di sYiluppare non l'abilità tecnica, ma la intelligenza e la comprensione dell'opera artistica in sè. Perciò lo studio dell'Estetica è utile non solo all'artista che crea, ma anche all'interprete, al critico e a chiunque \-oglia comprendere e gustare un'opera d'arte.

In alcuni Trattati l'oggetto dell'Estetica musicale è piut- to. to Yasto; esso comprende qualsiasi problema che abbia una qualche relazione coll'arte dei suoni; abbraccia quindi problemi di acustica musicale, di tonalità e ritmica musicale, di forme musicali, e persino problemi relati\'i al lato sociale della musica. :VIa l'Estetica musicale può avere, ed ha di fatto, un campo più limitato e positivo, e quindi praticamente più utile; essa cioè, messi da parte i problemi di ordine astratto, direi quasi metafisica, si occupa soltanto della struttura o costruzione architettonica e di tutti gli elementi costrutti\'i di una composizione musicale. E per questo motivo e per questo campo ben limitato che alcuni Autori invece di usare pei loro Trattati il titolo eli: Estetica musùal e, preferiscono

(l

L s élénumts de l'Est/tétique mtuicale, pag. Edizione francese, Pans, 19o6,

Félix Alcan Éditeur.

(10)

VIII INTRODUZIONE

quest'altro: Trattato, oppure, Teoria delle Fm·me musùah.

E ben a ragione, perchè come negli esseri naturali e viventi , così anche nelle opere figlie del genio umano, la forma costi- tuis ce l'esse?'e dell'opera stessa, ed è la fonte primaria di tutte le proprietà e qualità del bello oggetti\ramen te considerato.

2.

L'Estetica o la Teoria delle forme musicali proprie del canto gregoriano è del tutto moderna; essa è nata e si è sviluppata pian pianino dal giorno della rinascita delle venerande melodie liturgiche resti tu i te alla genuina e tradizio- nale purezza, dopo secoli di decadenza.

on era infatti possibile formare una scienza qualsiasi gregoriana finchè si avevano tra le mani le famose ediz ioni accorciate nelle quali le tradizionali melodie della Chiesa erano orribilmente sfigura te e irriconoscibili; e perciò in questo miserevole stato esse non solo non pote\'ano rivelare allo studioso la stilistica dei melografi gregoriani, ma erano oggetto piuttosto di derisione che di un interessante esame estetico. Ben a proposito quindi si potè app licare al canto tradizionale della Chiesa, così deturpato, quel che divinamente fu detto e scritto del divin Fondatore della Chiesa stessa:

non est specz'es ei, neque decor; et vz'dùmts eum et non erat aspectus . .. quasz· absconditus vultus eius et despecttts, unde nec reputavimus eum (IsAIA, c. 53, v. 2, 3) .

Ma anche per questo canto, destinato a celebrare i misteri e le glorie del R edentore, spuntò l'alba radiosa della resurre- zione; ed allora esso p o tè mostrar e a tu t ti le ce l es ti ali sue bellezze, e le sue recondite fattezze artistiche.

Per la costruzione di una Teoria scientifica delle forme musicali di questo canto latino-romano, ben poca luce si poteva avere dai teorici e dai manuali della musica ellenica;

d'altra parte di tutta l'immensa produzione musicale greca,

a noi sono arrivati appena una diecina di frammenti; troppo

meschina cosa per po terei essi servire di una soda base e di

(11)

ll<TRODuZIQ_;E

IX

una guida sicura nel determinare le leggi delle compo izioni musicali di quel popolo il più es teta del mondo.

Quanto ai teorici gregoriani del Medioe,·o dobbiamo con- fessare che essi. tutti intenti a trattare cose che al loro tempo presentavano un maggiore intere se, trascurarono del tutto la parte rela ti,-a alle forme musicali, o ne dissero tanto poco, e in termini co ì nebulosi, che questo poco è nulla a confronto di quello che noi oggi sappiamo. Tutta l'Estetica mu icale arego riana è quindi frutto e clusi,-o dell'esame intrinseco e diretto fatto su le melodie stesse tradizionali; e perciò, come

è detto, essa è una scienza del tutto moderna.

3· Pubblicazioni musicali di cara ttere scientifico, Ri,·iste eli Musica Sacra, Riviste di Canto Gregoriano, Grammatiche di Can to Gregoriano, hanno trattato qua e là punti attinenti alle forme delle melodie liturgiche della Chiesa. Meritano di essere qui cita te a ti rolo d' onore: L es mélodùs grégoriennes di Dom J. PoTHIER ; Le N ombre musical grégorz'en di Dom A. MocQUEREAU ; la monumentale Paléograplzz"e musicale dei PP. Benedettini di Solesmes; la « Revue du Chant grégorien >>

di Grenoble; la

(<

Rassegna gregoriana >> di Roma; la « R ev·ue g régorienne >> di Tournai. Mancavano però, fino ad alcuni anni fa, veri Trattati i quali ex professo e in modo organico e sis tematico e ponessero le Forme delle melodie gregoriane.

Le uniche opere di questo genere che attualmente posse- diamo sono le seg uen ti:

a) A ':I-IÉDÉE GASTOUÉ, Cours tlzéorique et pratiqztc de Chant Grégorz'en ( 2cmc édition, Pari , 1917, au Bureau d'E.dition de la « Schola Cantorum >> 269, Rue Saint-Jacques) . In questa opera la parte 2" e 3" del libro 1°, e qualch e capitolo del 3°

sono consacrati allo s tudio delle Forme f r ) .

r) Si può consultare anche l'opera dello stesso autore· L'ari grégortcn,

Paris, Féhx ,\lcan,

1911.

(12)

x

INTRODUZIONE

b) P rETRO VI/ AGNER, Cregoriam'sc!te Forme;zle!ter. Eine c!toralz'sche stzlkunde (Dottrùza delle forme gregorz'an ' . Urta scz"enza dello stzle gregoriano) ( r). Leipzig, rgzr.

c) Il ben noto musicologo belga F. A. GEVAERT pub- blicò nel r895 un'opera di valore estetico, limitata però al solo studio delle Antifone dell'Ufficio. Il titolo ': La Mélo- pée antique dans le chant de l'Eglz"se Latine (Gand, r8gs). Ci sono da fare delle riserve su la versione melodica di queste Antifone, ed anche su certe idee molto care all'Autore .

..J-. Il Gastoué e il \Vagner sunnominati non sono d'accordo ci rca l'ordine e la divisione delle parti nello studio delle Forme gregoriane. Il Gastoué nell'opera citata divide la trattazione così:

I. - SALMO DIA E

CA~TI

SALMODICI.

Struttura della salmodia in genere.

Salmodia e Antifone dell'Ufficio.

Salmodia c Antifone della Messa.

Il Tractus. I Responsori dell'Ufficio c della Me sa.

I I. - CANTI NON SALMODTCI.

Inni versificati c non vcrsificati.

Sequenze e Prose.

Invocazioni o Litanie.

Kyrie eleison. Agnus Dci.

Piccoli versetti e risposte divcrsl'.

Il VVagner procede diversamente. La sua trattazione com- prende due grandi parti, ciascuna divisa in sezioni, suddivise anch'esse in capitoli.

PARTE I. - Forme legate.

Sezione

Ia -

Recitativi litw·gici.

Sezione

2 11 -

Salmodia . PARTE Il. - Forme libere.

Sezione

I

a - Canti con testo pwsaico.

Sezione za - Canti con testo poetico.

(r)

È la

3a

parte dell'opera intera intitolata: Eùifzlkrung in die gregoriani-

schell melodie/t (Introduzione alle :lfdodie gregoriane). j

(13)

INTRODUZIONE

XI

L'Autore chiama fonn legate quelle che hanno una struttura fissa, sostanzialmente immutabile, destinate a tutti o alla mag- gior parte dei testi di eguale grado liturgico (Toni dei Salmi,

delle Lezioni .. delle Orazioni ecc.). Sono invece libere le forme che non presentano gue ta fissità e immutabilità di struttura, e perciò si hanno melodi differenti per testi liturgicamente eguali Antifone, Introiti, Responsori, Graduali, Offertori ecc.).

N o i, ispirandoci a un criterio di \'alore logico, liturgico e storico, seguiremo il seguente ordine.

Parleremo da prima di tutto ciò che presenta un carattere generico e comune a tutte o quasi tutte le forme particolari;

e questo sia per maggior chiarezza, sia anche per evitare inu- tili ripetizioni. In secondo luogo tratteremo della Salmodia, che, come tutti sanno, ha una importanza estetica e liturgica predominante; essa aubraccia la stragrande maggioranza dei canti della :\lessa e dell' fficio. i parlerà in terzo luogo dei Recitativi i guaii, come importanza liturgica, come struttura fondamentale e come origine storica, sono quasi alla pari colla Salmodia. Per una ragione analoga il quarto posto sarà d'ito ai canti fissi della :VIessa, ai canti c ioè dell'OrdùJarium Mùsae . Questi canti, nella forma melodica attuale, sono apparsi piuttosto tardi; essi però liturgicamente considerati ono ante- riori agli Inni e alle . equenze che, come si a, ebbero una origine non solo tardi\·a ma benanche o contrastata o extra- liturgica; perciò nella nostra trattazione g li Inni e le Se- quenze do\'e\·ano logicamente occupare l'ultimo posto. Ecco pertanto le cinque parti in cui sarà diviso il nostro Trattato di Estetica mu icale gregoriana:

PARTE

I. Della l\Iclodia gregoriana in genere.

II. Della Salmodia c dci Canti salmodici.

» Ili. - Dei Recitativi.

lV. Dcll'Ordiuarimu Jllissai!.

'' \ '. -Dci Canti strofici, a testo poetico.

Di queste Parti le due prime sono fondamentali, ed occu-

pano il primo piano eli tutta la trattazione este tica gregoriana.

(14)

XII

INTRODUZIONE

Esse gettano una vivida luce su le altre Parti, specie su la III e la IV, le quali o non si comprenderebbero affatto, o si comprenderebbero in modo inadeguato, senza la conoscenza dei principi e delle leggi estetiche che sono l'oggetto delle due prime Parti. Per la loro importanza eccezionale, e per comodità dei Lettori, noi le abbiamo riunite in un unico Volume che è il I. Le altre tre Parti che, quantunque inte- ressanti, non costituiscono però il caposaldo dell'Estetica gregoriana, formeranno il II Volume.

Nel trattare delle forme musicali gregoriane, che sono l'oggetto diretto del presente lavoro, noi di tanto in tanto faremo ricorso alla storia della S. Liturgia e alle forme e sviluppo dei sacri Riti . Il perchè di questa nostra escursione nel campo liturgico è assai semplice. La natura stessa delle cose ci dice, e l'esperienza quotidiana ci conferma, che le due forme, quella cioè liturgica e quella musicale, sono essenzial- mente e storicamente inseparabili . La nascita dell'una ha dato origine all'altra; l'evoluzione e la perdita di un Rito, ha tratto seco l'evoluzione e la perdita della relativa forma musicale. Stando così le cose apparisce chiaro che per com- prendere il perchè e l' intima natura di una forma musicale, bisogna a\·er presente il Rito; e m o l ti problemi di carattere musicale trovano la loro adeguata spiegazione e soluzione nella forma stessa liturgica. Viceversa la storia ci insegna che la forma musicale ha avuto alle volte un influsso positivo su la trasformazione ed anche su la perdita stessa del Rito.

Questa interferenza tra le forme liturgiche e quelle musicali, non è stata sufficientemente compresa, o almeno utilizzata, da certi Musicologi e Liturgisti moderni; donde una quantità di soluzioni date a certi problemi, o errate, o insufficienti . .E:

questo il motivo per cui noi, ogni volta che si presenterà

l'occasione, non mancheremo di fare appello ai fatti liturgici

per lumeggiare e risolvere questioni musicali.

(15)

PARTE I.

DELLA MELODIA GREGORIANA IN GENERE

SEZIONE l.

L MELODIA

GREGORIA~A

E

L'ACCE~TO

TONICO LATINO

CAPO

I.

Breve descrizione dei caratteri generici della melodia gregoriana e del suo triplice stile.

§ I. -C \RATTERI GENERICI DELLA MELODIA GREGOR IANA.

1.

La melodia gregoriana è csclu i va mente vocale; in essa i suoni i uniscono alle parole, perciò è essenzialmente canto. iò spiega perchè l'ambitus di siffatta melodia sia limitato; tale limite è impo to dalla capacità della voce umana.

2.

Il canto gregoriano è pura melodia, o monodica (canto a solo, per esempio, quello dei Mini tri all'Altare o omofona canto uni- sono del Coro e dci Fedeli. Esso fu concepi to senza alcun sustrato armonico o in treccia poli fon . Per questo motivo l'Es tctica grego- riana ha per unico oggetto l studio della melodia in sè, c delle sue diverse forme. Per il fatto che questo canto è pura melodia, nulla esso perde del suo valore intrinseco, c del suo interesse storico e artistico. Infatti:

A Valore intrinseco . L a melodw è l'elemento principale e l'anima della musica; è l'elemento

piÙ

naturale, piLt spontaneo,

l. ft"Ri': T l ' F frlt((l r. r 'toll'ol.

(16)

2 CAPO L

piU poetico della creazione artistica (1). Una melodia geniale è sempre fresca, giovane ed eterna (z); mentre l'armonia e gli intrecci polifoni sono artifizi che mutano col mutare dei tempi e dei gusti degli uomini. Per questo motivo il canto gregoriano è piaciuto, piace e piacerà sempre a tutti.

B ) Interesse. Il canto gregoriano e il canto ambrosiano soncr i più grandi monumenti, anzi gli unici monumenti dell'antica arte musicale d'occidente. Il canto gregoriano preparò e quasi creò la classica polifonia, che è impossibile comprendere senza una perfetta conoscenza del medesimo.

Di più questo canto:

a) è ricco dz.fornze, alcune delle quali sono sconosciute all'art musicale moderna, e quelle che sono proprie di questa ebbero il loro germe e la loro culla in alcune forme del canto tradizionale liturgico;

b) è ricco di stili melodici, come si vedrà nel paragrafo seguente;

c) è n'eco di fornze modah (otto Modi) ;

d) è ricco di fomze rz'tmtche (ritmo libero e più vario di quello della musica moderna\

3· Il genere musicale delle melodie gregoriane è il diatonico, il più semplice, il più naturale, il più bello di tutti; è il genere uni- versale di tutt i i popoli, e il genere fondamentale di cui gli altri due, il cromatico e l'enarmonico, non sono che semplici variazioni e colorazioni. Se la melodia gregoriana è grave, composta, dignitosa ,.

d'un sano, ampio e viril e respiro, ciò si deve soprattutto a questo diatonismo; ed è per questo stesso caratter e che la melodia gregoriana, casta e verginale, appartiene a un genere di musica che raccoglie invece che dz"stran·e l'anima, e che insinuandosi dolcemente nel cuore dei fedeli, vi suscita pii e santi sentimenti, lo solleva al Cielo per unirlo con Dio.

(l ) Vi sono stat1 e vi sono tuttora popoh e uomuu 1 quali, ignari degli artifizi moderni, hanno creato delle melodie bellissime.

(2) «Non parliamo alla leggera della melodia. E ssa è una parte grande, la

più grande forse della musica; qualche \ olta essa ne è il tutto ... La melodia è

la forma necessaria e sufficiente della musica, quando questa non fa, per così

dire, funzione d'arte, ma d1 >ila, della vita la più soprannaturale, la più sem-

plice e, come avrebbe detto Wagner, la più purammte umana. Qual parte non ha

essa, e qual gloria fino nei capolavon dell'arte la più complessa!"·

\C \MJLLO BEL- LAIG\,:1!..

L.s Éj;oques de la mzwqu<,

t.

I, pag. 15).

(17)

DE 'CRIZIOXE DEI C \RXrn:RI GE'\ER!CI llELl.A ~lELODIA GREGORIAX.\

J

A base del movimento ritmico gregoriano sta una unità o tempo primo indivisibile. Questa indi visibilità evita quei ritmi celeri, precipitati e passionali della musica moderna. Siffatto carattere moderato del movimento, è una nuova fonte di quella religiosa com- postezza che è indispensabile a un canto che deve accompagnare la preghzera litmgica .

5· Gli intervalli melodici che usa il canto gregoriano sono più semplici e i più naturali, come anche i più facili ad essere intonati.

Quando si procede per gr adi disgùmti, l'intervallo massimo è quello di quinta giusta; gli intervalli di sesta, allo stato diretto, si contano su le dita; quelli di ottava appariscono in composizioni di epoca tardiva, per esemp io, nelle Sequenze e in qualche Credo. Se però il movimento melodico procede per gradi co11giu.nti, considerando le note estreme, si hanno ogni sorta di intervalli naturali: seconde maggiori e minori;

terze maggiori e minori; quarte giuste e maggiori (movimento dal fa al si naturale e viceversa, ; quinte giuste e diminuite (movimento del mi al sz· bemolle e viceversa; dal sz· naturale al fa, e viceversa ; seste maggiori e minori; settime maggiori e minori; ottave.

§ 2. - TRIPLICE STILE MELODICO.

1.

A sistendo a una Messa o a un \'es pro cantato, oppure percorrendo il Gr aduale e l'Antifonario Vaticano, possiamo facil- mente constatare una gran differenza tra le melodie gregoriane. Alcune di esse sono semplicissime; la melodia procede di pari passo col testo;

ogni sillaba ha una nota, oppure qualcuna di esse ha un neuma di due o al massimo di tre note. È lo stile sillabico. Altre melodie invece procedono per gruppi piu o meno ricchi di note; alcune sillabe possono avere, e eli fatto hanno, una nota, ma la maggior parte di esse ha uno o due e alle volte anche tre gruppi. È lo stile neumatico.

Finalmente si hanno melodie nelle quali sopra qualche sillaba di una o più parole si riscontrano numerosi gruppi, variamente intrecciati, quasi ghirlande di fiori. È lo stile fiorito, tnelismatzco.

2.

Questo triplice stile è determinato:

A) Dall'azione o momento liturgico.

Il santo sacrificio della Messa è il centro e come il sole di tutto

il cui to cristiano; la riunione dei fedeli in chiesa per celebrarlo è la

(18)

4

CAPO I.

siuassi litmg/Ca per eccellenza. Le Ore canoniche dell'Ufficio notturno e diurno , _Mattutino. Laudi, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespro e Compieta , fanno co1·ona al sac1·ificio eucaristico; sono come pianeti che girano attorno al ole. Per questo motivo i canti della Messa sono più ricchi, più melodicamente elaborati di quelli dell'Ufficio cano- nico. D'altra parte non va passato sotto silenzio il fatto che di giorno, fedeli e clero deYono a t tendere ciascuno alle occupazioni della

,.j

ta civile, o del ministero ecclesiastico; e di notte deYono darl' la maggior parte del tempo al necessario ripo o del corpo. Perciò le melodie c he accompagnano le Ore dell'Ufficio, sono bre\·i e più emplici di quelle della Messa.

B) Dal grado della solennità liturgica.

La Chiesa ha fatto una distinzione, per ciò che riguarda il culto, tra i giorni comuni o feriali, i gion1i di Dommica e i giorni di solm- nità (feste principali del Signore c dei Santi . Questa differenza si riflette soprattutto sullo stile delle melodie dell'Ufficio. Difatti le Antifone dell'Ufficio feriale sono le più semplici che si possano avere;

quelle invece della Domenica, quelle delle feste del Signore e dei Santi sono alquanto più ornate. Di più nelle due 01·e principali della giornata liturgica, cioè Laudi preghiera del mattino e Yespro (preghiera della sera. il canto del Benedictus c del J.!ag11ijicat costi- tuisce il punto culminante e più solenne; perciò le Amifone relative sono alquanto più ricche delle altre, e il tono salmodico del Cantico ha formule più sviluppa te.

C) Dalla diversità degli attori del dramma liturgico . Nell'assemblea liturgica cristiana dobbiamo distinguere:

a\

Il Vescoyo o il Celebrante che presiede, attorniato dai Mini tri (Diacono, Suddiacono, Lettori ccc.

b

1

La Sclwla o corpo dei cantori, con a capo il 1\Iaestro ( Primicerius o « Prior Scholae

>>

e i Vicemacstri (Sccundus, ecc ..

Essi stanno in coro, vicino all'altare.

c) La massa dei fedeli raccolta in chiesa.

11 Yescovo o il C't'lebrante dice preghiere c benedizioni, e saluta l'assembka.

I Ministri leggono , Vangelo, Epistole, Profezie ecc ..

La Schola canta Introiti, omunioni, Graduali, Alleluia ecc.).

Il popolo ri ponde e acclama.

on potcndosi supporre e pretendere una cultura e una abilità

artistica speciale nel Celebrante c nei Ministri, e molto meno nel

popolo, i loro canti sono per necessità semplici; appartengono quindi

(19)

DESCRIZIO:\E DEI CARATTERI GE~ER!CI DELLA ~IELODIA GREGORI.\1\A

5

allo stile slllabico (.l . Tale cultura e tale abilità musicale non poteva nè doveva invece mancare ai cantori; perciò i canti a loro affidati sono alquanto elaborati, non però di grave difficoltà. Sono canti di stile neumatico, quali ad esempio, l'Iutroitus e il Communio dellal\1cssa.

I canti a sistema n:sponsorialc, quelli cioè in cui un solista canta ed ha le prime parti, mentre il coro risponde con un breve ritornello, erano in antico affidati al Maestro o a qualcuno dei Vicemaestri della Schola. Dotati di cultma musicale completa e di speciale abilità tecnica. essi erano in grado di eseguire melodie assai elaborate e con1plica te, che richiedevano un cantore virtuoso. Sono precisamente queste le melodie a stile fiorito, quali il Graduale, l'Alleluia e i ver- setti dell'Offertorio della Messa.

Ci dispensiamo dal recare qui esempi di questi diversi stili, perchè ognuno li può tt·ovare da sè nel Graduale e nell'Antifonario Vaticano;

del resto nel decorso di questo Trattato il Lettore ne troverà diversi.

Questa varietà di stili aggiunge un nuovo pregio all'arte musicale gregoriana; pregio che manca all'arte polifonica e moderna. In questa, un In troito, un Graduale, un Alleluia, un Offertorio, un'Antifona dell'Ufficio, un Inno, una 'equenza ecc., sono composti, più o meno, tutti secondo lo stesso stile melodico. \Ti è dunque uniformità stili- stica, almeno sotto questo punto di vista, e una certa tal quale mo- no tonia fzì.

1.

l recenti e larghi studi sulla

~truttura

della melodia gregoriana e delle sue fanne, han dimostrato in modo evidente che tra questa struttura e gli accenti grammaticali del testo latino esiste un intimo

\I)

Kei primi secoli della Chiesa il canto del Kyrie, del Gloria, del anctus ecc., era risen·ato ai :\Iinistri dell'Altare c al popolo; perciò esso era semplicissimo. :\la dal secolo

IX-X,

di questo canto

s1

impossessò la Sclwla, cd allora si cominciò a comporre Kyrie, Gloria ecc., melodicamente più sviluppati.

\2)

Per c1ò che riguarda la ì\lc;sa bisogna notare che i polifonistl e i composi-

tori moderni, nella ma>sima parte dei cast, hanno messo e mettono in mustca i

canti dell'Ordùzarium Jl!issae .Kyrie, &loria, Credo ecc.), i canti cioè che in ori-

gine. come si è detto, erano nservati ai I\Iinistn dell'Altare e al popolo. Oggi

comporre una :\res a signdìca comporre un Kyrù, un C'loria, un Credo ecc., si

compongono cioè le parti fisse della

l\!

essa; al contrario per gli antichi significava

comporre un Introito, un Graduale, un Offertono ecc., vale a dire le parti mobili

de Ila ::\1 essa.

(20)

6

C.-\PO Il.

rapporto di dipendenza . Per comprendere e persuadersi di questo fatto è necessario anzitutto descriver e brevemente la natura dell 'ac- cento latino, all'epoca specialmente in cui furono composte le melo- die gregoriane

l.

r .

2.

Circa questo accento possiamo distinguere, nella storia della lingua latina (2J, quattro periodi ben caratterizzati fra loro.

Primo periodo : Preistorico-arcaico. Comincia dal momento in cui la lingua latina, distin ta dagli altri idiomi o dialetti italici, diviene lingua a sè, autonoma; si prot rae fino al secolo

II

av. Cr.

(alcuni filologi lo prolungano di più).

Caratteristica. - Questo pri mo periodo è caratterizzato dalla esistenza di un doppio accento: uno intensivo su la prima sillaba di ciascuna parola (ùt tensità iniziale): l'altro musicale o melodico che consisteva in un tono, in una acutezza, in una elrruazione della voce su qualcuna delle sillabe della parola, distinta dalla sillaba iniz iale (accento di altezza).

Secondo periodo: Classico. Comincia circa il secolo

II

a v. Cr.

e continua fin verso la fine del secolo

IV

dell'Era cristiana.

Caratteristica. a) L'accento conserva il primitivo carattere melodico, ereditato dalla lingua sanscrita e dalle lingue indo-curopee, nè più nè meno come la lingua greca; ma esso lentamente e progressi- vamente va acquistando una certa intensità. b) La lingua latina, ad imi tazionc soprattutto della lingua greca, d i viene quantitativa, distinguendo artificiosamente le sillabe in bnvi e lunglte, e basando su questa quantità il ritmo (ritmo qua?ttitativo). c) L'accento, rego- lato dalla quantità, prende un posto fisso, ·e si colloca soltanto su l a penultima sillaba delle parole, se essa è lunga eréctusì, o su

(1 ) Per noi 1 sccoh v e VI sono i secoli piit grandi e più intensi della produ- zione mu-;icale liturgica della Chiesa di Roma. Alla fine del secolo VI abbiamo la riorg:mizzazione o codificazione di quPsto canto per opera del Papa S. Gregono Magno.

(2) St possono consultare: E. WEIL et L. BENLOEW, Tlzéorie gétzérale dt! l'accen- tuation latme. Paris. Durand, 1855); J. VDIDRYES, Reclzerches sur l'lzistoire et !es effets

dP

t'inténsiN illilia!e m latin. (Paris, Klincksieck, 1902); VICTOR I-IENRY, Précisdegrammair< comjcm!edugrec etdulatin. (Paris, Hachette, 1894); F. BAUDRY, Grammaire comparée des langues classiqut's. (Parìs, Hachette, 1868); E. LAUREND, )d"amtel des Études grecqucs et latines. (Paris, Picard, 1929); PEZZI DOMEN ICO, Grammatica storico-comparativa della lingua lati11a. (Torino, E. Loescher, 1872);

CAMPIXI FR.\NC ESCO, Principi difotNlogia, etimologia e motfo!ogia latina. (Torino,

G. Dt Rossi. r8q; .

(21)

--

CARATTERE MELODICO DELL'ACCENTO LATINO

7

1'antipenultima se la penultima è brc\'e rrJr'lgo . È la legge delle tre sillabe.

Terzo periodo : Posi-clas sico. Esso va dalla fine del secolo IV a tutto il secolo v, ed oltre.

Caratteristica. - a) Trasformazione completa dell'accento latino;

esso conserva l'antico suo carattere m•lodico. ma in pari tempo diviene form:llmente.forte: fusione, su una stessa sillaba della parola, di queste due qualità, tono e forza. b) La lingua latina, come lingua parlata e volgare. perde la qw:mtità delle sillabe le quali, per una specie di temperamento, si eguagliano in durata; sono cioè tutte approssimativamente brevi. A questa epoca abbiamo dunque un .accento che è insieme melodico, forte e breve. Questa forza però è moderata e delicata, tanto v ro che molti grammatici, descri-

vendo l'accento latino, di essa non fanno parola . c) Apparizione dei contro-accentz' o accenti seco1tdari su al tre sillabe della stessa parola;

essi si collocano di d ue in due sillabe, sia avanti che dopo l'accento principale (accmtuazione binaria). Que ta lingua senza quantità prosodica, questo accento melodico-intenso, e questi contro-accenti sono propri del periodo ecclesiastic e gregoriano.

Quarto periodo: Rom anico (continuazione del post-classico) . È l'epoca in cui si formano le lingue romanze, figlie della lingua latina.

Caratteristica. - a ) L'accento, data la profonda evoluzione e trasformazione della lingua, acquista una intensità maggiore; inten- sità materiale, angolosa, direi quasi grossolana, che varia però secondo i popoli. b) L 'accento, divenuto più forte, ha una durata maggiore delle altre sillabe; esso è lungo , senza però esser doppio. c) Questo accento forte-lungo conserva, almeno in alcune principali lingue romanze, e dove più, dove meno, il tradizionale valore musicale e melodico.

Di questi quattro periodi quello che a noi interessa è solo il terzo,

p~rchè,

come abbiamo accennato, esso è il periodo della grande produzione musicale gregoriana. Così pure tra le qualità che l'ac- -cento latino aveva a quest'epoca, noi consider·iamo soltanto quella relativa alla sua musicalità, qualità primitiva e arcaica della quale quasi esclusivamente parlano i grammatici del 1°, 2° e 3° periodo, e di cui continueranno a parlare anche i grammatici dei periodi segu enti, quali un S. Isidoro di Siviglia (VI-VII secolo\ un Beda il Venerabile (675-735 , un Rabano ::\1auro (t nel1'856) ed altri.

3· Per ben comprendere questo carattere musicale dell'accento

la tino si deve tener prese n te che gli an ti chi anche nel semplice discorso

(22)

8

CAPO II.

proferivano le sillabe di ciascuna parola con mftessioni o toni di voce assai variati; inftessioni e toni che i greci chiamarono prosodie (r) c i latini accentus

2).

In ogni parola Yi era una sillaba che aveva il primato su tutte le altre; essa era il centro di unità a cui conver- gevano e da cui dipendevano tutte le altre sillabe che la precede- vano o la seguivano; fu detta perciò l'anima della parola: accentus anima vocis. Questa sillaba privilegiata era messa in rilievo con un tono di voce più acuto, più elevato, mentre le altre sillabe ad essa soggette venivano proferite con tono basso, grave, ed anche - nel caso di polisillabi- con tono medz·o tra il grave e l'acuto. Da questo succedersi e alternarsi di toni acuti, gravi e medi nasceva un canto, una melodia, naturale, semplice, embrionale .

..f.. I grammatici e i musicologi, latini (3) e greci, delle epoche

migliori,sono unanimi nel descrivere l'accento come un tono, una alte:::za, una elevazione di voce. Si legga l 'opera dello SCHOELL (4) nella quale tutti i testi relativi alla natura dell'açcento latino si trovano riuniti e disposti per ordine. Per ragione di brevità_riporteremo solo alcune di queste testimonianze, quelle che ci sembrano più impor- tanti e più chiare.

Tra i latini il più antico grammatico èVa rron e nato il rr6, morto il 27 av. Cr. . Conosciamo la sua dottrina per mezzo dello pseudo- Sergius, De accentibus, e di altri grammatici posteriori. Secondo dunque Varrone: '' I n accentu nl.ateria, locus et natura prosodiae brevissime comprehensa sunt. Nam materia esse ostenditur vox, et ea quidem qua verba possunt sonare, id est scriptilis; locus autem syllaba, quoniam haec propria verbi pars est guae recipit accentum.

Nat?.wa vero PROSODIAE ùz eo est q1tod aut SURSUM est au.t DEORSUM;

nam ùt VOCIS ALTITUDINE omnino spectatur, adeo ut, si omnes syllabae PARI FASTIGIO VOCIS enuntientztr, prosodia nulla sit. Scire autem opor- tet vocem, sicut omne corpus, tres habere distantias: longitudinem, altitudinem, crassitudinem ... Ab altitudine disce?'Jtit accentus, cum pars verbi au.t I?': GRAVE DEPRIMITUR aut SUBLIMATUR IN ACUTUM ...

>>

(KEIL, vol. I V, pag. 525, r8; SCHOELL, pag. 75, III, e pag. 73, li ).

(1) Da -rtpoç =vicino, relativo: e

c;,a·~

=canto.

(2)

Da ad= vicino, relativo:

e

canlus =canto.

(3) E.

KEIL,

Grammatici latini, 7 vol. Lcìpz1g, Teubner, 1856-1880.

(4) De accmtu linguae latinae veterumgrmmnaticorum tcstzmonia. Leipzig, 1902.

Questi testi si trovano anche nel Le N ombre 11/usical di D.

:VIOCQtiEREAU,

Vol. II.

Deux1ème Appendice, pag. 7 58

e ~rg.

(23)

CARATTERE MELODICO DELL'ACCEl'ITO LATI'\0

9

I n quest'altro testo - di cui dovremo scn·irci più sotto relativo alla quantità e alla durata della sillaua acuta, viene riconfermata la musicalità dell'accento la tino colle segue n ti parole:' ((Acuta exilior est et brevior et amni modo minor est quam gravis, ut est facile ex musica cognoscere, curus Il\IIAGO PROSODIA; nam et cithara omnique psalterio qua quaeque corda acutior, eo exilior, et tibia tanto est voce acutior, quanto cavo angustiare ... Brevitatem quoque acutae Yocis in isdem organis anima d vertere li cebi t, siquidem pulsu chor- darum citius acuta transvolat, gravis autem diutius auribus immo- ratur ... Si c in loquentium

legentiumqu~

voce, ubi sunt prosodiae velut quaedam stamina (c01·dc strumentali , acuta tenuior est guam gravis et brevis adeo ut non longius quam per unam syllabam, quin immo per unum tempus protralzatur; cum gravis, qua uberior et tardior est, diutius in verbo moretur et junctim quamvis in multis syllabis resi da t. Quocirca gra ves su n t numero plures, pauciores acutae, flexae rarissimae '>

~,KEIL,

vol. IV, pag. 531, 23; SCHOELL, pag. 82, XX I) .

Circa la prosodia o accento medio ecco quel che dice \'arrone:

(( Prosodia media quae inter duas syUabas quasi limes est, quod gravioris guam acutioris similior est, in inferioris potius quam supe- rioris numerum relegatur »; c altrove: "Sic inter ima111 summamq?te

vocem esse mediam, ibique guam quacrimus prosodiam » r'SERGlUS, De accmtibus; KEIL, vol. IY, pag. 529,

l

s; ScHOELL, pag. 79. XIX) .

Cicerone, contemporaneo di Varrone (nato nel 106, morto nel 43 av. Cr. , nel suo Orator scrive: ((Mira est enim quaedam natura vocis; cujus quidem, e tribus, omnino suis, inflexo, acuto, gravi, tanta sit et tam suavis varietas perfecta in cantibus. Est autem ùt dicendo quidam CANTUS OBSCURIOR ... I n quo illud etiam notandum mihi videtur ad studium persequendae suavitatis in vocibus: ipsa enim natura, quasi modularetttr l!omim-t11t oTatiouem, in omni verbo posuit ACUTAM VOCEM, nec ptus wza, 1zec a postrema sy!laba citra tertz'am; quo magis naturam ad aurittm volu.ptatem sequat1w i11dustria »

,Orat., XVII, XVI II .

econdo Cicerone il giuoco melodico degli accenti non era cosa

artificiale ma naturale; perciò in altro luogo della stessa opera,

ritornando su questo punto, dice: " I n versu quidem theatra tota

exclamant, si fuit una syllaba brevior aut longior. Nec vero multi-

tudo pedcs novi t, nec ullos numeros te ne t; nec illud quod offendi t,

aut cur, aut in quo offendat, intelligit; et tamen omnium longitu-

(24)

IO

CAPO Il.

dinum et brevitatum in sonis, sicut acutarum graviumque vocum judicium ipsa natura in auribus nostris collocavit ». (Ora!., LI).

Di Quintiliano (nato nel 35 d. Cr., morto nel 95 d. Cr.) ci piace riportare questi due testi: « Difficilior apud Graecos observatio es t. .. ; apud nos vero brevissima oratio. Namque in omni voce acuta intra numerum trium syllabarum continetur (legge delle tre sillabe), sive eae sint in verbo solae sive ultimae et in iis

au~

proxima extremae aut ab ea tertia ... Est autem in omni voce utique act&ta, sed nun- quam plus zma nec unquam ultima, ideoque in disyllabis prior

n.

(lnst. Orat., I, 5,

29-31;

SCHOELL, pag.

102,

LVII). Quintiliano ripete qui l'insegnamento di Cicerone; ogni parola ha un solo accento o tono acuto, e questo mai si colloca sulla sillaba finale, ma o sulla penul- tima o su l'antipenultima. Paragonando l'accento latino coll'accento greco, Quintiliano dice: << Sed accentus quoque cum rigore quodam tum similitudinc ipsa minus suaves habemus, quia ultima syllaba nec acuta unquam excitatur nec flexa circumducitur, sed in gravem vel in duas gravcs (vox) cadi t semper n. (Inst. Orat., XII,

IO,

33;

SCHOELL, pag.

102,

LVIII). Qualcuno ha voluto vedere in quel

<<rigore>> un indizio che già ai tempi di Quintiliano l'accento latino aveva un po' d'intensità; ma altri interpretano quel termine in modo diverso, e giustamente. Dati i limiti assai stretti imposti all'accento latino, l'accentuazione - e con ciò stesso anche la lingua - doveva necessariamente essere alquanto rigida e monotona; tutto al con- trario della lingua greca la quale, data la maggior libertà nel posto dell'accento, doveva essere più armoniosa. Ma in compenso, come osserva il dott. KUHNER (r), la lingua latina aveva una energia c una potenza d'effetto oratorio superiore a quella della lingua greca.

Dell'epoca post- classica citiamo tre soli grammatici, per primo Marziano Capella (V-VI secolo d. Cr._,: <<Et est accentus , ut quidam putaverunt anima vocis et seminarium musices, quod omnis modulatio ex fastigiis vocum gravitateque componitur, ideoque accentus quod adcantus dictus est>> (De nuptiis, lib. III; De a1te grammatz'ca;

SCHOELL, pag. 78, XII . E altrove: << Hactcnus de juncturis. Nunc defastigio vidcamus, qui locus apud Graecos m:p[ 7tpocrcpoLwv appel- latur. Hic in tria discernitur; una quaeque enim syllaba aut gravis est aut acuta aut circumfte:.-a., et ut nulla vox sine vocali est, ita

(1) Ausfiillrliclze lateùdsche Grammatik, pag. 238

(25)

CARATTERE MELODICO DELL'ACCEXTO LATINO I I

stne accentu nulla ». (Ibzd., SCHOELL, pag. 86, XXVII ). Si noti quel

<<

seminariwm mu,sices >> che troviamo solo in M. Ca pella.

Prisciano (fine del sec. v secondo U. Chevalier: sec. VI secondo altri) a sua volta scrive: ((Accentus namque est certa lex et regula ad elevandam et deprimendam syllabam uniuscujusque particulae orationis ... Accentus ctiam tripartito dividitur, acuto, gravi, dr- cwnftexo. Acutus namque accentus ideo inventus est, quod acuat sive elevet syllabam; gravis vero eo quod deprimat aut deponat; cir- cumflexus ideo quod deprimat et acua t». De accentz"bus, KEIL, vol. III, pag. 519, 25; SCHOEL, pag. 86, XXJXb, 78, XVIII) .

Diomede (secolo VI) scrive:

<<

Accentus est dictus ab accidendo, quod si t quidam cujusque syllabae cantt<-s. Apud Graecos quoque ideo 7tpocrcpo[tX dicitur, quia

7tpomioe:-rtX~

-rtX'ì:::;

cruÀÀtX~tX'ì:::;.

Accentus quidam fastigia vocaverunt, quod in capitibus lìtterarum ponerentur; alii tenores ve! sonos appellant; nonnulli cacztmùza retinere maluerunt.

Sunt vero tres, acutus, gravis et qui ex duobus consta t circumflexus » .r:lrt. Gramm. lib. II ; De accentibus, KEIL, Yol. I , pag. 43 r, I;

SCHOELL, pag. 89, XLJa

1.

Per ciò che riguarda la lingua greca, che anch'essa aYeva ereditato dalle lingue indo--europee la m1<-sicalità dell'accento, ci limitiamo a trascrivere un testo classico di Aristosseno di Taranto nella tradu- zione latina del Meibonius:

<<

His jam determinatis ac divisis, de cantu conandum nobis fuerit brevem.designationem subiicere, quaenam eius si t natura. Vocis itaque motum in ilio esse oportere intervallis distinc-

tum, jam supra diximus. Ut hoc ipso cantus musicus separatus sit ab ilio qui fit sermone. Dicitur enim et sermone fieri

CA~T

S qui ex ACCE)l"TIBUS (e:x

'TW'J

7tpocrcpolw'J), quos in vocalibus habemus, com- poni tur. Qui p p e naturale es t intendere ac remittere in sermocinando ...

Et certe utcunque patet musicum cantum ab ilio qui natttraH aptitz<-- dine exercetur, distinctum esse ab eo quod intervallo utatur et alio

vocis motu; a non modulato vero et rudiori, incompositorum inter- vallorum differentia, de qua in sequentibus monstrabitur quis sit ipsius natura>> Elementorwnlzarmonicorum, ED . .:\1EIBO)l"IUS, pag. r8 .

). Come dai testi precedentemente trascritti si rileva, gli accenti

principali erano trè: l'accento acuto (prosodia oxéia , raccento grave

wrosodia baréia.' e l'accento circonflesso

~,.prosodia

perispombze;.

(26)

12

CAPO Il.

L'accento acuto, detto anche x.upw::; -ro'loc;, era il più importante, c cadeva sulla sillaba che doYeva esser messa in rilievo c proferì ta con tono più alto delle altre. I n ogni parola non vi era che un solo accento acuto, e si trovava o su la sillaba penultima se questa era lunga o su l'antipenultima se la penultima era breve). La lingua latina dcii 'epoca classica e post-classica, a differenza della lingua greca c di altre lingue, non elevava mai la sillaba finale delle parole;

essa era sempre proferì ta con tono p iLI basso o grave ' r . Perciò la lingua latina è detta lingua baritonale; le sue cadenze verbali sono sempre discendenti. Le parole che hanno l'accento acuto su la sillaba pemtltima si dicono parossitone; quelle che l'hanno su l' antipemd- tima ricevono il nome di proparossitone; quelle che, come in alcune lingue, l'hanno anche su l'itltima, chiamansi ossitone (2. 11 segno grafico dell'accento acuto era una virgztla inclinata verso destra ( t ).

L'accento grave, detto anche

cruÀÀoo:~~x.6::;

-r6vo::;, cadeva su l'ul- tima sillaba delle parole parosssi ton e e proparossi ton e, ed anche su l'antipenultima delle proparossitone (3) ; di più esso si trovava anche su la sillaba che precedeva l'accento acuto (dècéptus). ln una stessa parola dunque si poteva trovare più di un accento grave. Il segno grafico dell'accento grave era una vùgztla inclinata verso sinistra ( \ . L'accento circonflesso risulta va dalla riunione, su di una identica sillaba, dell'accento acuto e dell'accento grave. Tale sillaba per con- st>guenza era lunga, aveva cioè la durata di due tempi primi. La voce modulava questi due tempi, facendo un doppio movimento: prima montava, poi ricliscendeva, restando sempre su la stessa sillaba.

Il segno grafico era costituito dai due segni precedenti riuniti assieme (A).

Qualche grammatico parla di un accento anticirconflesso; è il rovescio del precedente, sia pel significato tonale che pel segno grafico , v ). Questo accento ha nessuna o pochissima importanza per la tesi che dobbiamo qui illustrar e; esso però ne ha molta nella semiograf'ia musicale del canto gregoriano.

Una vera importanza ha per noi l'accento medio di cui parlano diversi grammatici 4 . Come lo indica il nome stesso, l'accento

II)

SalYo i pochissimi casi di parole tronche.

(2) Da

ò~uç =

acuto.

(3) Vedi il secondo testo di Quintiliano

'urrif~rito.

Si tem,a presente ttuel che

~i

dirà su l'accento mEdio.

4) Vedi 'opra

1 ì

tcrw testo dJ V arrone.

(27)

CARATTERE )!ElODirO ll!-.LI ICCY'.TO LATI:\0

medio cade su le sillabe che si trovano tra l'accento acuto e l'accento grave; per conseguenza l'accento medio non si può trovare che nelle parole polisiltabe; in ciascuna di queste vi può essere più di un accento medio. Siffatte parole veniYano proferite con una tal quale progres- sione melodica, ascende n te e discendente.

(accento acuto)

/

e

/ ' *

li n

/

'

(acunto grave

1

mu bu (accento graz•eJ

(accento acuto)

/

o

*

/

'

ti

11l

/

'

demp bus ,acc.·nto

grav~

/

(acce~ntrJ .l.!ral11'

re

Tutte te sillabe segnate con asterisco hanno l'accento medio.

6. Gli intervalli melodici, prodotti da questi molteplici accenti, nulla avevano di preciso e di assoluto r ' · Essi varia1·ano secondo 1 'organo ,·ocale di chi parla \'a, c secondo i se n ti me n ti che agita\ ano l'animo suo. Kel semplice parlare la 1·oce emetteva inten·atli minimi, enarmonici ( terzi e quarti di tono , me colati a qualche intervallo d1

econda minore c maggiore. Si aYeva così un canto, una me/odta naturale e semplice, quasi embrio11ale, come abbiamo già osservato.

È per questo motivo che Cicerone chiamò « obscltnor

>l

il canto nato dal giuoco degli accenti grammaticali; e Yarrone lo disse ((imago>>

(I)"

Sonorum quot dicimus es;,e genem> Duo: alios enim cantUI apto' adpel-

lamus, alios pedestres (prosaici). Qui unt modulationibus apti' Quibus et canentes

uttmur, et qui imtrumenta tractant ... Quinam sunt pedestres? Quibus oratores

utuntur, et quibus alter alteri loquimur. Porro modulationi apti, definita habent

intervalla; pedestres infinita (t<6p>.cr7:x) "· (BACCHIO IL SF.'\!ORE· lntroductio artis

7111tsicae. ;\leib., pag. r6--r;).

(28)

CAPO JJ.

del vero canto musicale, formato da intervalli maggiori, precisi ed apprezzabili. Tuttavia l'Oratore in momenti di entusiasmo c di foga ora tori a, poteva fare intervalli superiori ai sopradetti, intervalli di carattere veramente musicale. Dionigi di Alicarnasso afferma che gli Oratori arriva\·ano a fare anche l'intervallo di quinta, ascendente c discendente: '' Sermonis quidem conccntus una plerumque mensura- tur distantia quae vocatur diapente, ut neque intendatu.r ad

ac~ttum

supra tres tonos et semitonium, neque ad graves remittatu1· infra cade m spa tia ». (De compositioue verborum, cap. Xl . E Cicerone avverte che a suo tempo gli Oratori'' vocem ab acutissimo sono usque ad gravissimuut sonum recipiunt n De Orat., l. I, cap. LIX) ( 1ì .

7. Stando al secondo testo di Varrone, riportato sopra al n. 4, vi era una differenza tra la durata della sillaba acuta c quella della si llaba grave. L 'accento acuto, percbè prodotto da una maggiore tensione delle corde vocali, e quindi da uno sjm·zo che non può soste- nersi a lungo, per necessità tendeva ad esser breve. Viceversa l'ac- cento gr a ve, perchè succedeva alla tensione e allo sforzo precedente, indica va fine di moto, posa e riposo della voce, e perciò tendeva ad esser lungo: «Acuta e:nlior est quam gravis, et b1·evis, adeo ut non longius quam per unam syllabam, quin imo per mmm tempus pro- trahatur; cum gravis, quo uberior et ta1·dior est, DIUTIUS IN VOCE MORETUR, et junctim quamvis in multis syllabis r esidat. Quocirca graves sunt numero plures, pauciores acutae, flexae rarissimae n.

Con questo non si vuoi negare che esistessero accenti acuti lunghi ; tu t t'altro. Qui si parla soltanto di tendenza. A questo proposito va ricordato il fatto sopra accennato, cioè che quando l'accento acuto veniva a posarsi sopra una s ill aba lunga, i due tempi primi di essa non erano proferiti all'tmiso110, ma venivano modulati, così che la voce o dall'acuto scendeva al grave (accento circonflesso) o dal grave montava all'acuto (accento anticirconflesso) . Per conseguenza all'apice dei due opposti movimenti si trovava sempre un suono di durata breve.

8. Da quanto si è detto intorno al carattere e alle proprietà del- l'accentuazione latina, è facile constatare che in essa si verificano gli stessi fenomeni e fasi contrastanti che caratterizza no in musica il

(r) Si veda Fr. BELLERMANN, Anonymi Scriptio de 1 llusica. Berolini, 1841,

pag. 48- 49, note.

(29)

CARATTERlc \!EL ODI CO DELLO \CCE:-ITO LATI\0

IS

movimento tonale, il mo,·imento ri~mico, il movimento dinamico e il movimento agogica.

I. - Tonalità.

Dominante: moto, slancio, tensione, tendenza alla brevità.

b) Tonica: fine del moto, riposo (definitivo o provvisorio), ten- denza alla lunghezza o al rallentando.

I I. - Ritmica.

a Arsis: moto, elevazione ritmica, tensione, slancio, tendenza alla brevità.

b) Thesis : deposizione ritmica, chiusa, fine, riposo (definitivo o provvisorio), tendenza alla lunghezza.

III. - Dinamica.

a) Progressione melodica ascendente: moto, slancio dinamico, aumento progressivo di forza fino a un

maximt~m,

tendenza alla brevità.

b ) Progressione melodica discendente : diminuzione di forza c rallentando dinamico progressivo fino al riposo (definitivo o prov- visorio), tendenza alla lunghezza.

I\'. - Agogica.

a) Progressione ascendente melodico-dinamica : progressiva dimimt::ionc di durata nei suoni, tendenza alla brevità.

b) Progressione discendente me lodico-dinamica: progressi v':) aumento di durata nei suoni, tendenza alla lunghezza.

\'. - Accentuazzonc latina.

a) Accento acuto : elevazione (arsis melodica, tt'nsione, slancio, tendenza alla brevità.

b) A ccento grave: deposizione , thesis

1

melodica, posa della

voce, fine del moto , definitivo o provvisorio\ tendenza alla lun-

ghezza.

(30)

16

CAPO 111.

9· Descrivendo i caratteri del 3° periodo della lingua e dell' ac- cento la tino, abbiamo accennato ali 'esistenza dei contro-accenti, detti anche accenti secondari. L'esame delle melodie gregoriane ci dimo t1·a che i melografi romani conoscevano questi accenti, e di essi

SI

servivano in mancanza dell'accento principale. el canto gregoriano l'accento secondario può cadere anche sui monosillabi.

CAPO

II l.

L'accento tonico latino

e la struttura delle melodie gregoriane.

Il rapporto di dipendenza tra la melodia gregoriana e gli accenti grammaticali, affermato in pnnc1p10 del capo precedente, viene enunziato colla proposizione seguente: La melodia gregoriana nella sua liuea architettonica è calcata su gli accenti grammaticali del testo litwgico. Il che vuoi dire che le sommità melodiclie coincidono in gene-

l"ale cogli accenti tonici delle parole. Ciascuno può da se medesimo veri- ficare questo fatto, percorrendo una a una le melodie dell'A ntifonm w e del Graduale vaticano. Qui dobbiamo !imitarci ad alcuni pochi esempi. Prima di tutto trascrivo un certo numero di parole isolate o di brevi incisi melodici che si riscontrano nei canti sillabici. Il lettore vedrà che la sillaba accentata di ciascuna parola è sempre rela ti vamen te più alta della sillaba gra

\"C

segue n te, e spe . o anche della precedente ( 1 .

... *

l :l- ,:. l ·~· :,;.;

~~~-===u=!_-.--~==r·

in di~ e il

==tJ---·- - --

la. IJe-us et homo.

· -- --=-==~:t!==~~~=l!=~I:;=:!J - - - ·-.--;=;-

exi ci-lo.

a-

it il-li. mU nera.

veni-te. expécta e-um. indu-i-te. dum inveniri Quem ego mit·tam

(1) Rigorosamente parlando non è necessario che la sillaba accentata sta più alta della precedente.

..

'

(31)

L'ACCEXTO TONICO LATIXO E LE MELODIE GREGORIANE

I7

vohis. Ecce Agnus De-i. qui-a ego bonus sum. fundatus enim erat.

Ma-gi vidén-tes stel-lam. ipse P.nim Pa-ter amat vos.

T n questi altri ca i il lettore troverà esempi di accenti medì.

primogéni-tum. ~Tagni-ficatus est. cle-feréntes. appro-pinqua vi t.

01 tre agli accenti pt·incipali, spesso nel canto grego riano troviamo nlc\·ati anche gli ac-centi secondari. Ec co qualche esempio:

i

*

rnagni-ficéltns est. j ure-j uranclo. clescenclisti. non sunl co-inqui-na-

ti.

et a cci p i-é- ti s. non pecca vi t.

Diamo ora due intere antifone sillabiche:

2

7

Sana.

i- - *

* *

- - - t -

DOmine, 2.nimam

*

l~

*

.

l

me-am, qui-a peccél.vi ti-bi.

:i•

. ·=r~-- •• * *

· - ·

Venite benedicti Patris me- i: perd-pi- te regnum, quod vobis paratum est

*

l

ab

o-d-

gin e m un di.

(r) Al capo seguente

t

parlerà delle eccezioni alla regola dell'accento.

2. FERRETTI, Esltlica Grtgoriat~a.

ZAKlAD MUlYKOLOGfl

(32)

18

CAPO III.

Come esempto di ant1 leggermente neumati Yalga il C01mmmù7 seguente, veramente classico:

6

Domine,

: =

quis hnbi-tabit

. =-·

""'

. .

in tabernicu-lo tu- ~

o? aut qu1s requi-é-scet in

• *

·-

~ · . - - - - ' ' - - - - 1 -

• ~·-· • -'t" ____:_~

- - - Pot-="-o-'1-,"['i- Qui in.~ré-di-tur si-ne m:icula, t-l oper3.- tur

. .

monte sancto tu- o?

justi- ti- :tm,

Più neumato è il Comnnmio seguente:

Ecco un primo sempio di canto fionto; è 1l m era \'iglioso Ojfrrt01 io della Messa della Domenica II dopo l'Epifania.

----.---

] ubi-

la·

te'' De- o u-ni-vér- sa ter- ra: jubi-Ja-

te Dt- o u- ni-,·ér- sa ter-

ra: psalmum di ci-t<.

n6

mi- ni e jus:

\·eni- te, et audi- te,

et

(t

narrabo vo-

bis, o- m n es qui ti-

( 1)

Acce n

t

o secondario.

(33)

L'ACCENTO TONlCO LATINO E LE MELODIE GREGORIAXE

I9

mé- t1s De- um, quanta fe- cit DOmi- nns a- ni-mae me- a e,

- -~=~----]~~~~~~~~~

--~--

alle-

·-- ·-

hi-

-

ia.

~.__:~=

L'accentuazione musicale del y.

dell'Offcrtorio: uper jlumina, di viene interessante nel vocalizzo e nella progressione sopra suspéndz- mus. che r icor da quella del secondo jubildte dell'Offertorio precedente.

)". l n sa-li- ci-bu~

di Jlll1S Or-.2:::~.-na no-stra: ecc.

Questi fatti, ed altri infiniti di numero, che ciascuno può verifi- care da sè percmTendo il Yasto repertorio gregoriano, dimostrano che per gli artisti, i quali crearono queste bellissime melodie, il rispetto della musicalità dell'accento latino, e il desiderio di ispirarsi ad essa, costituivano una legge costante e universale di composizione . Certo non era l'mzica legge, come in seguito si vedrà; ma lo scrupolo col quale vediamo rilevati gli a centi tonici del testo con note o gruppi di note più acute, ci dimostra che essa era una delle leggi fon d amen tali, alla quale non si dLrogava se non per ragioni di ordine superiore.

Poste così le cose dobbiamo dire che la melodia gregoriana, a qualsiasi stile appartenga, è veramente il cantzes obscurz"or di Cice- rone, elevato alla massima sua precisione e chiarezza melodica; è il germe o il semùzarium nmsices di Marziano Capella, sviluppato e divenuto un fiore musicale; è 1'z1nago di Varrone trasformata in realtà e corpo organico sonoro. Nessuna musica ha saputo creare un connubio così pl rfc·tto tra testo c melodia come la musica grego- riana; d'onde l'alto suo 'alore espressivo e l'incalcolabile suo pregio artistico.

Dai fa t ti rileva ti si deduce una conseguenza lcgi ttima e di con-

siderevole importanza, e cioè che quell'embrione di melodia creato

dal giuoco declamatorio degli accenti del testo (il cantw obsct~rior,

(34)

20

CAPO Ill.

il seminariztm 1lmsiccs, l'imago) è un

TEMA

qua i direi

DATO,

il quale dagli artisti gregoriani fu sviluppato e varz'ato in infinite maniere se consideriamo le singole melodie, ma in tre maniere differenti se con- sideriamo lo stile a cui le melodie appartengono. Abbiamo quindi:

TEMA: Melodia embrionale data dagli accenti grammaticali del testo.

Prima variazione: Canto sillabico.

Seconda variazione: Canto newnatico.

Terza variazione: Canto fiorito.

A rendere maggiormente evidente quanto diciamo. bisognerebbe trascrivere un certo numero di melodie gregoriane che hanno un me- desimo testo. La brevità ci costringe a Jimitarci a due soli e empi, anzi ad alcune parole di due testi differenti, cioè: Benedictus qui venit ùt nomine Domini, e Ave llfarfa.

Per ciò che riguarda il primo esempio, il tema melodico dato dalla declamazione del testo è presso a poco questo:

- •-11- !'- 11- -·- !!- -- ·- -·- ·- ·- - - ·- Be-ne-dfctus qui ve-nit 1n n6mi~ne Démi-ni

oppure:

-- . -· - · - • -- . - · -· - . -- · ---_-!-· - · -

Be-ne-dictus qui \'('-nit in nomi-ne DOmi-ni.

Esso dagli artisti gregoriani è stato ampliato e Yariato così An

t.

r.!osanna jitio.

Ant. Pueri 1-Iebraeorum vestimenta.

• *

-

' - -• - - -

benedictus qui venit in nOmine

Ant. Cwn appro}i11quaret.

* "' . .

9

7 c . J • •

Hosé.nna, benedictus qui venit in nOmine D6mi- nL

(r) Non possiamo dare un esempio di melodia fiorita.

(35)

L'ACCENTO TO:\ICO LATINO E LE MELODIE GREGORIA:\E

Grad.

5

Benedictus qni

Offert.

1 - - - t

8 ... . . ~

!-"

He- nedi- clus quì

in n6- mine

Ilo-

mi- ni.

vt- nìt 11 nO-mi~ ne IlO- mi-ni.

21

Riguardo all 'A r•<' .lfaria, il tema melodico della declamazione è semplicissimo; in ciascuna delle due parole vi è una elevazione seguìta da una dcposiziont; d i più la illaba awta di A/aria è preceduta da una sillaba graz•.::. 1 1 tema dunque dato dagli accenti è <jtpprossima- ti v amen te questo:

. . . .

A-ve,

- · --·_!-

Ma-ri- a.

· - oppure : _

A-ve, 'l a-ri- a.

!_ •_ .-.!_,.__

Ecco tre variaziom d1 questo tcmn:

I. \ntif,>nn:

Stilr si/labico.

l I. Responsorio:

Stile lltumatito.

Il:. Ofkrtonn ·

)tilt fiorito.

---~...; ~· -- ==- ~

-- . ---· - - - -

.

.

\- Ye, .\1n-ri- n .

: . ~;=-~-=-~·· ... +.-- .~r-;_---::~

-

~~~ ~.

.,!

···-~---

- -

_ .,._._.,_!_•_

- - - ~ .!- - - -

\- \'e, \la-ri-

È utile fare una osservazione. Se le melodie sillabiche, neumatiche e fiorite non sono che tre vanazioni d'un tema melodico dato dal- l'accentuazione, possiamo dire che le melodie fiorite e neumatiche, c qualche volta anche le sillabichc, contengono in sè un canto semph- cissimo di cui esse non sono che una amplificazione. Ecco come i

tre

_h·~·

Jfada potr bbcro essere semplificati:

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