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Widok Alcune considerazioni inerenti all'architettura dell'italiano contemporaneo

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STUDIA ROMANICA POSNANIENSIA UAM Vol. 33 Poznań 2006

LINGUISTigUE

I N G E B O R G A B E S Z T E R D A Universite Adam Mickiewicz, Poznań

ALCUNE CONSIDERAZIONIINERENTI ALL'ARCHITETTURA

DELL'ITALIANO CONTEMPORANEO

A b s t r a c t . Beszterda Ingeborga, Alcune considerazioni inerenti aWarchitettura deWitaliano

contemporaneo [Some remarks on the architecture of contemporary Italian]. Studia Romanica

Posna-niensia, Adam Mickiewicz University Press, Poznań, vol. X X X I I I : 2006, pp. 85-95. I S B N 83-232-1643-6, ISSN 0137-2475.

This article describes certain fundamental issues relates to the current Hnguistic situation in Italy: the analysis of reciprocal relations between the national language and the Italian dialects (diglossia, biUnguism); the intemal variants of Italian language depending on geographical location, social stratifi-cation, circumstances of the communication and the communication channels; the pattems of repertory proposed by famous linguists; some crucial problems conceming contemporary Hnguistic situation in Italy as: the importance of the diatopic variation; the recognition of the tension between Italian standard language derived from literary tradition and a new common form of the standard language; the recognition of the existence of a substandard variant - popular Italian.

La situazione linguistica d'Italia presenta una forte eterogeneita, da una parte esiste una lingua nazionale, Titaliano e dairaltra esistono dialetti che nonostante alcune opinioni negative sul loro indebolimento determinato dalia cosiddetta italianizzazione (Sobrero, 1978 : 18) conservano tuttavia una sorprendente vitalita. 11 repertorio linguistico degli italiani si articola in un ventaglio di varieta, registri, sottocodici di diverso tipo (geografico, sociale, funzionale, situazionale), che vatmo dalia variante letteraria piu raffinata alFitaliano fortemente regionalizzato o dialettizzato. Nel presente articolo si cerchera ąuindi di tracciare ąuella che, eon un termine ripreso dalia linguistica germanofona, si chiamerebbe l'architettura

deWitaliano, vale a dire, una sintesi del tipo delie varieta la cui somma costituisce

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1. RETROSPETTIYA STORICA

La situazione sociolinguistica italiana, alFepoca delLunita (1861) presentava un forte sąuilibrio tra i poli linguistici fondamentali deiritaliano e del dialetto; lo sąuilibrio linguistico riproduceva quello sociale che esisteva tra le classi egemone e classi subalteme. L'italiano, la lingua nazionale ufficiale, e stato adoperato per secoli in cerchie ristrette di elites, particolarmente ąuelle di intellettuali e per occasioni solenni. D'altro canto, Titaliano era quasi esclusivamente riservato agli usi scritti, anche tra le classi dominanti, le quali per comunicare nella vita quo-tidiana, a seconda delie circostanze, si servivano sia di una grandę lingua straniera di cultura (come i l francese o lo spagnolo) sia del dialetto urbano locale. T. De Mauro (1983 : 43) considera che al momento delLunificazione politica deiritalia la percentuale degli italofoni si aggirava intomo al 2,5%. Mentre A. Castellani (1982), in polemica eon De Mauro, ritiene che gli italiani in grado di parlare la lingua nazionale erano airepoca circa i l 10%. C. Grassi (2001 : 243) afferma che "alla proclamazione del Regno d'Italia sicuramente meno del 10% delia popolazione conosceva la lingua nazionale". E noi siamo propensi a condividere questa opinione.

L'italiano si e sviluppato sullo scorcio del Duecento e Trecento come lingua scritta (alFinizio esclusivamente come lingua delie cancellerie, amministrazioni locali, mercanti) soprattutto negli ambienti delia nuova classe emergente, quella di borghesia, mentre lo strumento di comunicazione orale era i l dialetto. G. Sanga (1981 : 93) precisa : « Cette scission nette entre Tusage oral et Tusage ecrit carac-terise rhistoire łinguistique italienne jusqu'en plein XIX siecle ». I dialetti, diret-tamente collegati ai vari volgari parlati nelle diverse regioni d'Italia, sono stati relegati per secoli ad un ambito d'uso familiare o a generi letterari minori, mentre la poesia e la prosa letteraria restavano ancorate alLitaliano delia tradizione trecen-tesca (le Tre Corone: Dante, Petrarca, Boccaccio). La prassi orale si estendeva quasi esclusivamente alLintemo del poło dialettale che era notevolmente stratificato a seconda delie classi sociali, e dalFaltra parte enormemente frammentato in rela-zione ad aree geografiche. Questo stato di cose ha per lungo tempo contribuito a conservare nell'italiano una fondamentale scarsita lessicale connessa a particolari settori, quali Tartigianato, la gastronomia, la vita domestica, la flora, la fauna. L. Coveri (1998 : 19) rileva: "Questa carenza viene a farsi sentire nel momento in cui ritaliano comincia non solo ad essere usato al posto del dialetto o del latino, ma serve a trattare argomenti affrontati fino a quel momento solo in dialetto (i mestieri, gli utensili e le attivita delia casa, gli animali, le piante) o in latino (i trattati di flora e di fauna)". Da questo fatto deriva inoltre, nell'italiano contemporaneo la partico-lare polimorfia lessicale che mantiene viva una moltitudine di termini regionali, diversi da zona a zona (geosinonimi) per designare vari oggetti domestici, oppure pili termini regionali e uno piii specifico, di solito di origine greca o latina, per indicare nomi di piante o di animali. II fenomeno menzionato qui sopra, che si e lasciato notare soprattutto a partire dalFunita d'Italia, era favorito dal fatto che "lo

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sfasciamento dei dialetti, la loro adeguazione, soprattutto fonologica, airitaliano, ha reso sempre piii facile trasferire parole e costrutti di origine dialettale neiraIveo delia lingua comune" (De Mauro, op. cit. : 141).

2. LE YARIETA DEL REPERTORIO

Una condizione piuttosto complessa contraddistingue 1'italiano come lingua in cui le varieta hanno spesso caratteristiche in comune e si intersecano in piu punti. NelLambito del presente articolo si cerchera di proporre alcuni modelli del repertorio di varia complessita, eon diverse classificazioni e parametri in relazione ad autori e ad una terminologia, non sempre univoca, da loro impiegata. Prima di addentrarci nei particolari delFanalisi in ąuestione occorre, a titolo di introduzione, delineare il ąuadro generale delie dinamiche linguistiche in Italia.

Irmanzitutto bisogna osservare che Titaliano pur essendo la lingua nazionale non costituisce Tunico strumento di comunicazione di tutti gli italiani. Di norma vengono ritenuti parlanti nativi deiritaliano tutti coloro che "harmo come lingua delia socializzazione primaria Titaliano o un dialetto del gruppo italo-romanzo" (G. Berruto, 1999 : 3). Si accetta qui la posizione di Pellegrini (1977 : 17) che delinea cinąue "sistemi deiritaloromanzo" includendovi i domini italiano-toscano, settentrionale, centro-meridionale, friulano e sardo, aventi tutti "da tempo, come lingua guida (...) 1'italiano". Data la loro distanza stmtturale reciproca, in genere non molto diversa da ąuella che intercorre fra le varie lingue romanze maggiori e minori, i dialetti italiani vanno peró considerati "varieta linguistiche a se stanti, e non semplici varieta deiritaliano a coloritura locale" (Berruto, ibidem). Lo sotto-linea anche A.M. Mioni (1979 : 102): " I dialetti italiani vanno considerati a tutti gli effetti lingue diverse e non varieta deiritaliano standard". II repertorio linguistico delia comunita parlante italofona consta, accanto alla lingua italiana, di una quin-dicina di altre varieta romanze, a cui occorre aggiungere, per completare i l pano­ rama delie "lingue indigene" d'Italia, le cinąue lingue o varieta romanze e le sei lingue o varieta non romanze delie aree minoritarie di parlata alloglotta. E interes­ sante rilevare inoltre che non esiste un unico repertorio linguistico panitaliano, valido per tutti gli italiani: i concreti repertori linguistici vanno sempre riferiti alle singole regioni ed aree. Tutti hanno peraltro in comune la presenza deiritaliano e delie sue varieta, che funge da tratto unficatore nella molteplicita dei repertori. II repertorio linguistico italoromanzo medio comprende ąuindi essenzialmente varieta deiritaliano e varieta dei dialetti (cfr. C. Grassi, 2001 : 161).

2.1. R A P P O R T I T R A L A L I N G U A N A Z I O N A L E E I D I A L E T T I

Prima di addentrarci nei particolari, conviene precisare la nozione delia lingua e ąuella del dialetto. A ąuesto proposito ci proponiamo di ricorrere alla defimzione in merito proposta da Migliorini (1966 : 43):

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Una lingua gode di uno statuto socio-culturale e politico garantito da un ordinamento statale, possiede una codificazione riconosciuta e accettata airintemo e fuori delio Stato nazionale, incide sulla tradizione letteraria storicamente consolidata e affidata a istituzioni scolastiche, viene adottata come mezzo normale di comunicazione interregionale e in ogni settore di attivita. I dialetti sono invece impiegati in aree geograficamente circoscritte (villaggio, citta, sub-regione), in ambiti limitati e prevalentemente nella varieta orale.

La relazione di status e funzionale che intercorre tra 1'italiano e il dialetto viene defmita da alcuni linguisti (Berruto, 2003 : 28) come ąuella di diglossia, cioe la distribuzione del repertorio fra una varieta alta, per gli usi scritti e formali, e una varieta bassa, per gli usi parlati informali. J. Trumper (1982 : 7) propone di affinare ąuesta distinzione introducendo termini di macrodiglossia e microdiglossia per indicare la differenza tra aree (o anche classi sociali) dove i l dialetto e assai piii debole. Siccome peró in Italia vengono impiegati nel parlato ąuotidiano sia la varieta bassa (il dialetto) che la varieta alta (ritaliano) e ąuindi Tassetto linguistico non coincide perfettamente eon i reąuisiti delia diglossia segnalati da Feruguson (1964 : 429), G. Berruto (1999 : 5) suggerisce di definire i l repertorio italoromanzo come "una situazione di bilinguismo endogeno a bassa distanza stmtturale eon dilalia". Mediante i l termine bilinguismo a bassa distanza strutturale vengono designati dei casi in cui si denota Tuso e la compresenza di due diversi (dia)sistemi linguistici, la cui differenza strutturale (si tratta di varieta romanze delio stesso ceppo e sottoposte airinflusso livellatore delia lingua standard) e inferiore a ąuella riscontrabile tra nei repertori bilingui classici. Tale bilinguismo e di natura interna al sistema linguistico (ąuindi endogeno) e non deriva da migrazioni o spostamenti di popolazioni piii o meno recenti. G. Berruto (op. cit. : 6) mentre caratterizza la relazione di status e funzionale tra la varieta alta e ąuella bassa ricorre alla nozione

dilalia "vale a dire eon entrambe le varieta impiegate/impiegabili nella

conversa-zione ąuotidiana e eon uno spazio relativamente ampio di sovrapposiconversa-zione".

C. Grassi (op. cit. : 254) pur accettando i l termine diglossia (riferito peró alla prima meta del X X secolo) propone di specificarlo mediante Tespressione piii appropriata, ąuella di diglossia senza bilinguismo. Lo scienziato fa notare che "in realta, tutti conoscevano i l dialetto, ma solo pochi dominavano anche Titaliano, cioe erano bilingui". Lo conferma anche A.M. Mioni (1979 : 108). Nel secondo Nove-cento, in seguito ai processi che favoreggiarono Tuso delia lingua nazionale (urbanesimo, alfabetizzazione, migrazioni internę, sviluppo dei mezzi di comunica­ zione di massa, ecc) in contrapposizione alFuso del dialetto e al passaggio a una societa basata sulLindustria, sul commercio, sulle comunicazioni, la situazione e radicalmente cambiata. C. Grassi (1999 : 280) sostiene ąuindi che si tratti di

"diglossia eon diversi gradi di bilinguismo e di bilinguismo eon diglossia" facendo

notare "lo spostamento graduale da una prevalente diglossia a un prevalente bilinguismo".

Secondo A . M . Mioni (ibidem) la situazione italiana media (nelle regioni a un livello medio di sviluppo) andrebbe definita come ąuella di diglossia eon

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bilinguismo sociale, cioe "la maggioranza delia popolazione conosce sia i l dialetto

che ritaliano (...) e condivide le normę che regolano la scelta di una varieta deiritaliano o del dialetto". II linguista esaminando casi particolari del ąuadro linguistico italiano non esclude tuttavia dei casi di bilinguismo sociale senza

diglossia ąuando la maggioranza dei parlanti conosce sia ritaliano che i l dialetto

ma, a causa delia notevole percentuale di inmiigrati provenienti da altre regioni, i dialetti essendo cosi diversi non si possono integrare nell'uso di tutta la comunita. E interessante inoltre rilevare la presenza delie zone di monolinguismo standard che "era presente una volta in tutta rarea dei dialetti toscani, e tendeva a inglobare anche vaste aree di Lazio, Umbria e Marche; attualmente tende ad espandersi nelle classi medio-alte di tutta ritalia" (Mioni, op. cit. : 110). In conclusione, Mioni (op. cit. : 104) constata: "dairunificazione alla seconda guerra mondiale abbiamo un periodo di transizione da un monolinguismo dialettale ąuasi assoluto (eon un numero limitato di parlanti bilingui) alla situazione attuale, la cui tendenza piu avanzata e verso il monolinguismo italiano.

Da un'indagine DOXA condotta nel 1988 (U. Yignuzzi, 1988 : 241) risulta comunąue che circa i l 34% (di contro i l 25% del 1974) degli intervistati dichiara di parlare italiano in famiglia, mentre i l 23% (di contro il 29% del 1974) usa sempre i l dialetto. I dati sopra riportati permettono di concludere "ąuanto [sia] salda la situazione di bilinguismo piu o meno diglottico tra dialetto e lingua per larga parte delia popolazione" (U. Yignuzzi, op. cit. : 244).

Bisogna menzionare che runita culturale e linguistica prima e politica poi, hanno comportato, e in ąualche caso, imposto radozione delia lingua come normale strumento di comunicazione orale accanto ai dialetti, o addirittura in loro sostituzione i l che si ripercuote sulla natura e specificita degli scambi reciproci tra due sistemi linguistici in ąuestione. Infatti, C. Grassi (op. cit. : 281) rileva due aspetti importanti di ąuesti contatti: "... i dialetti hanno trovato nella lingua la fonte pressoche unica (...) dei loro mutamenti, la lingua, a sua volta, si e rinnovata anche grazie agli apporti dialettali".

M. Mioni (1979 : 106) analizzando l'influsso dei dialetti suiritaliano standard lo riconduce a tre modelli teorici:

1) meccanismi di interferenza 2) tendenze alla semplificazione 3) tendenze all'ipercorrettismo.

D'altra parte si assiste al processo inverso, ąuello delia penetrazione deiritaliano nei dialetti. E importante notare a ąuesto proposito che i l processo di italianizzazione dei dialetti si manifesta perlopiu nel lessico e non tende a penetrare nel profondo delie strutture costitutive lasciando praticamente intatte la fonetica e la morfologia (cfr. Berruto, 1999 : 29). Nonostante i loro contatti o persino casi di compenetrazione, non si puó parlare di "convergenza", cioe di tendenza deiritalia­ no e dei dialetti a congiungersi in un punto ideale del tempo futuro, perche ritaliano tende ad allontanarsi dai dialetti in seguito ad un processo di "rinormativizzazione"

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interna (cfr. Berruto 1989 : 108). Notiamo che mentre si accenna al contatto, non si intende contatto fra "tutta" la lingua e "tutto" i l dialetto, solo fra le varieta delia lingua piii basse e le varieta di dialetto piu alte. Cosi, Grassi (1999 : 307) rileva che "le varieta locali di dialetto e soprattutto Titaliano standard si evolvono senza sostanziali influssi reciproci perche i l contatto diretto, e pertanto piii intenso, awiene solo tra 1'italiano colloąuiale e piu o meno fortemente regionalizzato (italiano popolare) e i livelli piu elevati dei dialetti (dialetto urbano, koine subregionale)". In altre parole, piii che ad una convergenza i l contatto fra lingua e dialetti sta portando ad una moltiplicazione delie varieta sia delia lingua che dei dialetti, cioe dei casi di commutazione / altemanza di codice ed enunciazione mistilingue, cioe "Fuso altemato di varieta d'italiano e varieta di dialetto nel corso delio stesso atto comunicativo da parte delio stesso parlante, o addirittura alFintemo delia stessa battuta o frase" (Berruto, 1999 : 31). La rilevanza e la freąuenza del fenomeno viene attestata in molte regioni, il che viene documentato da recenti studi (p.es. Bermto 1990, Sobrero 1992).

2.2. Y A R I E T A I N T E R N Ę D E L L ' I T A L I A N O

Le fondamentali dimensioni delia variazione sincronica delia lingua sono costituite: dalFarea geografica in cui viene impiegata la lingua (in particolare, dalia regione di provenienza dei parlanti e dalia loro distribuzione geografica) - varia-zione diatopica; dalio strato o gruppo sociale a cui appartengono i parlanti (o, piii specificamente, dalia posizione che il parlante occupa nella stratificazione sociale) variazione diastratica; dalia situazione comunicativa nella ąuale si usa la lingua -variazione diafasica; dal canale attraverso cui la lingua viene usata - -variazione diamesica (cfr. Coveri, 1998 : 10). Le ąuattro dimensioni indicate ąui sopra rappre-sentano degli assi di riferimento lungo i ąuali si possono ordinare le varieta com-presenti nello spazio di variazione deiritaliano contemporaneo. Ciascun asse puó essere considerato come un continuum che unisce due varieta contrapposte come poli estremi fra cui si collocano varieta intermedie. Lungo Tasse delia dimensione diatopica, nella ąuale si collocano gli italiani regionali, i poli sono costituiti dairitaliano standard normativo e dairitaliano regionale fortemente dialettizzante, Lungo l'asse diastratico, si passa dairitaliano colto ricercato airitaliano popolare basso; lungo rasse diafasico, dairitaliano formale aulico airitaliano informale trascurato; lungo l'asse diamesico, dairitaliano "scritto-scritto" airitaliano "par-lato-parlato" (Nencioni, 1976).

Se la distinzione in ąueste ąuattro dimensioni fondamentali permette di tracciare lo schema delia la cosiddetta architettura deiritaliano contemporaneo, non va dimenticato che nelle reali varieta d'uso delia lingua spesso le diverse dimen­ sioni si intersecano, e le relative varieta possono funzionare allo stesso tempo in conformita di piii assi di variazione. Bermto (1999 : 10) specifica:

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cosi i gerghi (...) e certi linguaggi settoriali si defmiscono contemporaneamente suiPasse diastratico, in ąuanto propri di certi gruppi sociali, e sulPasse diafasico, in ą u a n t o svolgenti una particolare funzione in date classi di situazioni comunicative; un italiano fortemente marcato in diatopia sara per lo piii una varieta sociale bassa; ritaliano popolare, varieta diastratica tipica di fasce sociali non istruite, sara per i suoi parlanti anche una varieta diafasica, il registro delie occasioni piii formali. Difficili da coUocare eon precisione, anche se appartengono fondamentalmente alla dimensione diafasica, sono poi le varieta di lingua legate a movimenti culturali, a mode, a costumi piii o meno passeggeri, e c c , come le varie modalita d'uso via via battezzate giornalisticamente come sinistrese, politichese, giomalese, e cosi via.

Come vediamo, nella situazione italiana, non e praticamente possibile contraddistinguere tra la variazione diatopica e ąuella diastratica, e marcatezza diastratica comporta solitamente marcatezza diatopica. Si potrebbe avanzare un'ipotesi secondo la ąuale esista fra le dimensioni di variazione un'attinenza tale da farle funzionare Tuna dentro Taltra: la diastratia dentro la diatopia, la diafasia dentro la diastratia, la diamesia dentro la diafasia. Secondo ąuesta regolarita, un parlante nel periodo delia socializzazione primaria impara una varieta sociale deiritaliano tipica delia propria regione, entro la ąuale impara vari registri appropriati a diverse situazioni, entro cui impara la fondamentale dicotomia fra parlato e scritto.

3. MODELLI DEL REPERTORIO

In ąuesta sezione ci proponiamo di passare in rassegna vari modelli del repertorio medio elaborati nel ąuadro delie recenti ricerche linguistiche italiane; si fara tuttavia astrazione dalia parte del repertorio relativa al polo dialettale che non ci interessa da vicino in ąuesta sede. Nonostante la moltitudine di concezioni si riscontrano alcune costanti che vengono a costituire i nodi del dibattito: i l rapporto fra ritaliano standard e una varieta comune (media e d'uso); i l peso delia differen-ziazione delie varieta sulFasse geografico; i l riconoscimento deiritaliano popolare come substandard (anche se non sempre inserito negli stessi assi di variazione); la non identita di italiano regionale, italiano regionale popolare e italiano comune regionale. Per un ąuadro d'insieme, delie divergenze e delie convergenze tra i vari modelli si veda la tavola sinottica di Berruto (1999 : 26).

II primo tentativo di sistemazione delie principali varieta delia lingua itahana contemporanea e stato intrapreso da Pellegrini (1960) che riconosceva ąuattro "registri espressivi" fondamentali nel repertorio verbale di un parlante italiano medio: dialetti, koinai dialettali, italiano regionale e italiano standard. Si osservi che eon i l termine italiano regionale si intende "Fampia gamma di fenomeni compresa fra 1'italiano delia tradizione letteraria e il dialetto" (Berruto, 2003 : 13); si sotto-linea inoltre che in Italia la prima fonte di diversificazione degli usi linguistici

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e ąuella legata alla distribuzione geografica, cioe alla dimensione diatopica. Ispiran-dosi alla suddetta ąuadripartizione sono state indicate numerose proposte di classifi-cazione delie varieta d'italiano nelPambito del repertorio linguistico nazionale.

Un approfondimento alla ripartizione fissata da Pellegrini (op. cit.) viene suggerito da A.M. Mioni (1975) che distingue tre varieta fondamentali: italiano aulico, italiano parlato formale e italiano colloąuiale-informale. Correlando poi ąueste varieta eon la stratificazione sociale Mioni presume che un borghese padroneggia tutte e tre le varieta, un piccolo borghese padroneggia solo la seconda e la terza "eon ąualche puntata suiritaliano aulico, spesso eon effetti comici, dovuti ad ipercorrettismo o comunąue a insicurezza linguistica" (op. cit. : 21) mentre un contadino solo la terza.

Nel (1983) Mioni introduce una terminologia diversa portando a ąuattro le varieta: standard formale, standard colloąuiale-informale, it. regionale, it. popolare regionale. Questo modello tenta di rendere conto delFimbricarsi delie gammę di yariazione diatopica, diastratica e diafasica; sembra difficile peró coUocare uno standard colloąuiale-informale che non sia contrassegnato da peculiarita regionali.

De Mauro (1980 : 107-112) condensa precedenti proposte in una ąuadriparti­ zione, che delinea una gerarchia costituita da it. scientifico, it. standard, italiano popolare unitario e italiano regionale colloąuiale. Anche in ąuesto ąuadro sono presenti tutte e tre le dimensioni di variazione. Berruto (2003 : 15) si dichiara scetti-co ąuanto alla proposta di Mioni rilevando che "uno schema siffatto (...) sottovaluta Timportanza delia pronuncia, la cui considerazione deve giocoforza promuovere piii in alto, in una gerarchia di differenziazione, la dimensione geografica". La mancanza di spazio ci impedisce purtroppo di prendere posizione riguardo al ąuesito relativo airitaliano popolare unitario la cui nozione ha suscitato molte polemiche. Ci limiteremo a segnalare che si tratta di una varieta caratterizzata (in ąuanto popolare) soprattutto dalia forte presenza di elementi regionali. II carattere

unitario di ąuesta varieta (cioe per tratti non coincidenti eon ąuelli delia lingua

standard) va ricondotto al fattore generale deiroralita deli'uso ed ai processi di interferenza (eon le atre varieta) e di semplificazione.

Sanga (1981 : 102-105) aumenta invece decisamente i l numero delie varieta, proponendo un modello che consta di ben otto varieta fondamentali per la sezione italiana di un repertorio che intenda rappresentare in maniera esauriente la realta sociolingistica odiema: it. anglicizzato, it. letterario (standard), it. regionale, it. colloąuiale, it. burocratico, it. popolare (unitario), it. dialettale, italiano-daletto. Le yarieta sono sistemate "d'un maximum d'unite a un maximum de diyersite: chaąue yariete successive (...) impliąue les localismes de la yariete precedente" (ivi, 105); ogni yarieta e messa in relazione eon la fascia sociale che le e propria o tipica. L'it. anglicizzato si distingue per la presenza di anglicismi e di termini del lessico europeo dotto, e yiene usato dairalta borghesia eon contatti intemazionali, dai managers, e in parte dai giomalisti. L'it. colloąuiale costituisce la realizzazione orale corrente e informale dell'it. regionale, impiegato da yaste fasce sociali che

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vaimo dalia borghesia ai ceti medi; it. burocratico proviene "des ministeres, des

tribunauK, des offices publics, des diverses branches de radministration etatiąue.

II ne de Tecrit, sur le modale du langage juridiąue" (ivi, 98), si basa su un ideale scritto artificioso. L'it. dialettale, fondamentalmente orale, e la realizzazione delFit. popolare da parte dei soggetti fortemente dialettofoni; mentre Titaliano-dialetto sarebbe una "yariete caracterisee par le passage continuel de rexpression italienne a Tespression dialectale, par la production continuelle d'enonces en langue mixte", ed e anch'esso usato dalie classi popolari (ivi, 103). Lo schema di Sanga, pur essendo molto interessante, pone tuttavia alcuni probierni di interpretazione perche presenta una forte eterogeneita delie categorie: gli assi diatopico, diastratico e diafasico sono mescolati eon caratteri intemi alFaspetto linguistico. Inoltre, per ąuanto riguarda singole yarieta, ąuella denominata italiano-dialetto suscita ąualche dubbio, perche conformemente a ąuanto si e detto nel 2.1, non rappresenta una yarieta, bensi commutazione di codice e simili fenomeni.

Si deye a Trumper (Trumper, Maddalon, 1982 : 18-24) Tinnoyazione di intro-durre la distinzione fra uso scritto e uso parlato proponendo due repertori diversi per ciascuna delie due classi di usi sulFasse diamesico. Cosi, yengono considerati: it. standard, it. sub-standard, it. interferito sub-standard (per lo scritto); it. regionale formale, it. regionale trascurato fortemente interferito (per Torale). Ogni yarieta yiene ulteriormente determinata secondo i parametri di yariazione che yi con-fluiscono: Lit. regionale informale e defmito allo stesso tempo in diatopia, diastratia e diafasia, Tit. regionale formale solo in diatopia e diastratia. Come yediamo, lo schema di Trumper presenta molte noyita rispetto a ąuelli tracciati finora. Oltre alla distinzione in due sottorepertori, appare immediata Tassenza (comunąue giustificata) deiritaliano standard in senso stretto del repertorio orale, che prende in considerazione un'eccezionale difficolta di troyare parlanti, anche molto colti, la cui pronuncia non tradisca coloriture regionali piu o meno marcate. Le yarieta sono designate in termini di proprieta linguistiche secondo la ąuantita di elementi sub­ standard contenuti e la maggiore o minore interferenza eon i l dialetto. L'idea di attribuire la ąualita di standard esclusiyamente allo scritto, comporta ąualche diffi­ colta di paragone eon i l repertorio orale, in cui la dimensione principale risulta la formalita relatiya.

Le categorie di usi scritti e parlati come criterio di riferimento importante yengono anche prese in considerazione da Sabatini (1985) che introduce accanto allo standard un'entita particolare, Titaliano delFuso medio: "un tipo di lingua che si differenzia dalio standard ufficiale piii che per i tratfi propriamente regionali, soprattutto perche e decisamente ricettiyo dei tratti generali del parlato" (iyi, 156). Esaminiamo ora la lista di Sabatini: it. standard, it. delFuso medio, it. regionale delie classi istruite, it. regionale delie classi popolari (italiano popolare). Le prime due yarieta sono entrambe nazionali, costituite di tratti panitaliani, e si distinguono in diafasia, essendo Luna tipica delLuso formale e Taltra delFuso "mediamente formale e informale" (1985 : 176). Osseryiamo che la separazione tra it. regionale

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eit. deiruso medio comporta alcuni problemi. Sabatini stesso (ivi, 174) nota che "nulla toglie i l fatto che Tuso orale di ąuesta yarieta [Fit. delFuso medio parlato e scritto] si accompagni, anche nei parlanti colti, a tratti specifici di pronuncia regionale", anche se "talune fasce sociali e generazionali anche i tratti di pronuncia regionale si yanno attenuando di molto, fino a ridursi a generiche sfumature riferibili solo alle grandi aree geolinguistiche". Un altro problema deriya dalia natura stessa deirit. delFuso medio, che sembra "coprire un raggio forsę eccessiya-mente ampio di yariazione diafasica, se ya dalie classi di impieghi non auliche a ąuelle del tutto non soryegliate, e che pare semmai un nuoyo standard, piu che una yarieta contrapposta allo standard" (Berruto, 2003 : 17).

Tutti ąuesti schemi, e tanti altri ancora, che sono stati presentati neirultimo trentennio per rendere conto delia composizione del repertorio italoromanzo medio, pur indicandone i nodi e le tramę principali, non riescono a cogliere i l ąuadro pieno delia reale molteplicita degli usi riscontrabili nel comportamento linguistico degli italofoni. Nonostante la noteyole eterogeneita terminologica, ed in alcuni casi, soyrapposizioni nelle etichette eon cui yengono designate le yarieta, si puó osseryare una certa intesa ąuanto ad alcuni problemi salienti delFattuale situazione linguistica italiana:

il rilieyo delia differenziazione diatopica; il riconoscimento di una tensione fra Titaliano standard delia tradizione letteraria e una nuova forma comune, media di uso delia lingua standard in parte nuova, ma soprattutto ben piij radicata nella comunita di ąuanto fosse nel passato; il riconoscimento delPesistenza di una yarieta sub-standard ben consolidata, ritaliano popolare (Berruto, 1999 : 20).

In conclusione si puó affermare che la rassegna dei modelli di repertori di yarieta deiritaliano sono stati proposti a liyello nazionale, e yanno considerati yalidi per i l repertorio medio di una ąualsiasi regione italiana.

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