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Analogia transcendentale e la sua funzione nella conoscenza di Dio / Albert M. Krapiec.

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Academic year: 2022

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ALBERT M. KRAPIEC, O. P.

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Analoaia trascendentale e la sua funzione nella conoscenza di Dio

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Estratto da « ANGELIGUM » Voi. 57 (1980), pp. 147-171

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Analogia trascendentale e la sua funzione nella conoscenza di Dio

Ponendo come oggetto proprio della metafisica la realtà

«sub ratione entis », San Tommaso indicò nell’analogia trascen­

dentale dell'essere il criterio metodologico per formulare le pro­

posizioni circa Vintera realtà, ivi compreso VAssoluto (Giovanni Paolo II, Il discorso aH'Angelicum del 17 novembre 1979).

L'espressione « criterio metodologico » indica tutto il com­

plesso del processo conoscitivo, che realmente ed in modo effi­

cace unisce la conoscenza filosofica con Tessere in quanto esi­

stente. La sua « ratio » dell'essere è l'Assoluto come Essere non- relazionale. Infatti, mentre gli esseri concretamente esistenti sono in sé stessi identici relativamente, in quanto internamente composti di elementi in realtà non-identici, e cioè l'essenza e l'esistenza (essentia et esse) — l'Assoluto invece è l'unico Essere possibile e allo stesso tempo necessario; in esso non c'è nessuna

composizione. t

A n a lo g ia d e l l 'E s s e r e

L'analogia, come criterio metodologico dell'efficace cono­

scenza dell'essere realmente esistente (compreso l'« Essere Pu­

ro »), si fonda sull'analogia stessa dell'essere. L'analogia dell'es­

sere realmente esistente è il fondamento dell'analogia della co­

noscenza e dell'analogia della predicazione, di cui si parla tradi­

zionalmente in logica.

L'accezione comune di analogia da una parte comporta simi­

litudine con gli stati, i processi, gli avvenimenti degli altri esseri, l o f f i o ti

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150 Albert M. Krapiec, O. P

L a c o n o s c e n z a p e r a n a l o g ia :

l 'a n a lo g ia COME « CRITERIO METODOLOGICO »

Nella tradizione filosofica il problema dell'analogia è legato soprattutto alla problematica del modo di conoscere. Per risol­

vere questo problema abbiamo dovuto, almeno in linea fonda- mentale, dire qualche cosa sulla struttura analogica dell'essere.

A) La conoscenza analogica fondata sulle relazioni neces­

sarie e trascendentali. Come esistono dentro un essere e tra gli esseri dei rapporti esprimentisi in forma di relazioni necessarie e trascendentali, così esiste anche la possibilità conoscitiva di cogliere questi rapporti. E allora propriamente parlando ab­

biamo a che fare con un certo tipo di conoscenza analogica. Già Aristotele conosceva l'analogia matematica (2:6 = 3:9) la quale gli serviva da modello per stabilire i diversi tipi della cono­

scenza analogica in filosofia. La costruzione delle proporzioni matematiche costituiva un esempio — non dal punto di vista contenutistico, ma solo in quanto schema — per costruire la cosidetta analogia di proporzionalità, la cui struttura generale si presenta nel seguente modo: A : B come C : D. Questa somi­

glianza puramente schematica talvolta era trattata troppo seria­

mente, cosicché c'era la tendenza a « matematicizzare » (forma­

lizzare) la conoscenza analogica in filosofia. Tale modo, di con­

seguenza, ha portato a molti fraintendimenti. Le relazioni neces­

sarie e trascendentali dell'essere non possono essere « materna- ticizzate ».

Nella filosofia tradizionale l'interesse centrale era destato dall'analogia di proporzionalità, considerata dal Gaietano, il clas­

sico della teoria dell'analogia, come il metodo proprio della co­

noscenza filosofica, soprattutto, della conoscenza di Dio.

Il Gaietano, spiegando la natura della conoscenza per mezzo dell'analogia di proporzionalità, pone l'accento sugli esseri con­

creti, nominati « analogati », come portatori della proporzione (relazione) cioè della somiglianza analogica. Proprio gli esseri concreti — analogati, in quanto entrano nella struttura di una

(certa) analogia, possiedono oltre al nome comune (per es. « ani­

ma » dell'uomo, dell'animale, della pianta) lo stesso contenuto

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Analogia trascendentale 151

proporzionale ossia questo contenuto lo possiedono in propor­

zioni simili.

Prima, vogliamo occuparci della conoscenza analogica fon­

data sulle relazioni necessarie e trascendentali per passare poi all'analisi di quella fondata sulle relazioni non-necessarie.

Orbene, la conoscenza analogica fondata su relazioni neces­

sarie e trascendentali è indubbiamente un fatto. Essa si realizza in due modi: come analogia trascendentale e come analogia di

proporzionalità generale.

La prima è un tipo di conoscenza mediante un concetto trascendentale (come: « ens », « verum », « bonum », « unum » etc.); la seconda invece usa concetti non esattamente trascen­

dentali, ma solo generali, nei quali si colgono le relazioni neces­

sarie — costituite di un essere concreto, non in quanto essere, ma in quanto concreto. Ecco un esempio illustrativo di questi due tipi di conoscenza analogica:

1) Giovanni s>ta alla sua questo cavallo qui sta alla sua come ---

esistenza esistenza

cioè l'essere di Giovanni e l'essere del cavallo sono analoghi.

2) un uomo sta alla sua un animale sta alla sua --- come ---

anima anima

Nel secondo esempio (« animo ») si intravede la conoscenza analogica fondata su relazioni necessarie che non costituiscono il fondamento per cogliere le proporzioni per mezzo di concetti trascendentali. In questo caso l'« anima », sia nell'uomo sia nel­

l'animale, non è il fondamento per formare un concetto 'trascen­

dentale, bensì si può parlare del concetto analogico di anima, in quanto in un senso parliamo dell'anima dell'uomo e in un altro di quella delUanimale o di quella della pianta. Il con­

tenuto del termine « anima » si realizza realmente, interiormente e formalmente negli esseri concreti — analogati (uomo, anima­

le, pianta) e non solo in senso metaforico. Abbiamo qui a che fare con una conoscenza veramente analogica. Questo tipo di analogicità è fondato sulle relazioni necessarie, non categoriali,

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152 Albert M. Krapiec, O. P

perché tanto nella natura dell'animale quanto in quella del­

l'uomo è necessaria la connessione con l'elemento chiamato

«anima». Come si è detto, però, il concetto di anima non è un concetto trascendentale, la cui presenza notiamo nel primo esempio.

Nella analogia di proporzionalità propria si devono indivi­

duare i tre momenti che costituiscono l'insieme della conoscenza analogica.

a) A n a l o g o n , ossia la « perfezione » proporzionalmente comune o « contenuto », talvolta non designato neppure con un nome comune. L'analogon è lo scopo della più perfetta cono­

scenza analogica e nello stesso tempo l'unico fondamento per formare (in modo imperfetto relativamente unico) il concetto, chiamato perciò « concetto analogico ». Se nella nostra opera­

zione conoscitiva, il termine da cui si parte lo chiamano « ter­

mine pilota » dell'analogia, e il termine che formiamo come risultato dell'operazione « termine pilotato », per analogon si deve intendere quel « fondamento » o « connessione » che esiste a parte rei tra i loro contenuti, che abbiamo colti nella nostra conoscenza. L'analogon unisce dunque con sé diversi soggetti nei quali si realizza (propriamente) in maniera specifica. Per es. « anima » è l'analogon nel caso dell'analogia uomo : anima = animale : anima. Similmente « essere » è l'analogon nel caso del­

l'analogia trascendentale Giovanni : essere = cavallo : essere.

b) A n a l o g a t i . Oltre alla perfezione comune e propor­

zionale il contenuto analogico, che unisce i diversi oggetti della proporzione in una totalità analogica, nella stessa struttura dell'analogia entrano anche i « portatori » del contenuto analo­

gico, i quali fanno si che questo contenuto si realizzi in ogni essere concreto in maniera diversa, specifica per ogni essere.

Gli analogati sono i soggetti, nei quali si realizza Vanalogon.

In quanto esseri concreti, essi hanno un contenuto principal­

mente diverso, cosicché il contenuto di un analogato non è reducibile a quello dell'altro.

c) R e l a z i o n e . Il terzo momento che si deve distinguere nello schema dell'analogia di proporzionalità è lo stesso fatto

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Analogia trascendentale 153

della relazione tra gli analogati e l'analogon. Costatiamo lunità dell'essere, p. es. di Giovanni: da una parte ci accorgiamo che non esiste identità tra l’analogato e l'analogon; ma dall'altra parte rileviamo che non si verifica una separazione totale tra di essi (Giovanni = analogato, esse = analogon). Non si può dire infatti che l'analogato e l'analogon siano la stessa cosa; che cioè Giovanni si identifichi con la sua anima o con il suo essere,

o con la sua consocenza. Non sarebbero veri dei giudizi come questi: « Giovanni è il suo essere » o « L'essere è Giovanni », etc. Si costata in questa analogia la non-identità reale tra l'ana- logato e l'analogon, grazie alla quale ha luogo anche un certo

« sdoppiamento », che coesiste allo stesso tempo con una certa unità o unione tra di essi. Se da una parte si può osservare la non-identità reale tra l'analogato e l'analogon pur avendo sempre un'essere, dall'altra dobbiamo costatare che nelle stesse proporzioni analogiche c'è una relazione necessaria e trascen­

dentale che si verifica in qualsiasi essere composto di potenza e atto.

Questa ncessaria e trascendentale relazione in ogni analo­

gato è principalmente diversa, perché gli esseri sono principal­

mente diversi, per le loro forme sostanziali. Tuttavia, c'è unità tra gli analogati grazie alla relazione trascendentale tra l'analo- gato e l'analogon; ciò significa che in ogni caso concreto c'è

« qualcosa », il cui contenuto è totalmente ordinato all'altro

« elemento », con cui costituisce l'unità della composizione.

I tre elementi dell'analogia di proporzionalità sopra eviden­

ziati sono comuni ad ogni tipo di analogia sia trascendentale che generale.

Tenendo conto della teoria generale dell'essere, secondo cui nell'essere in quanto oggetto uno e indiviso della conoscenza intellettuale si distinguono due, « elementi » realmente non­

identici, e cioè l'essenza e l'esistenza, possiamo intravedere il fondamento di una risposta soddisfaciente al nostro problema.

L'essere infatti esprime tanto il contenuto ossia tutto quello che costituisce l'oggetto della concettualizzazione e delle defi­

nizioni (giudizi) compreso in senso stretto, quanto l'esistenza che realizza in concreto questo contenuto e allo stesso tempo è

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154 Albert M. Krapiec, O. P.

la « ratio » non solo della entità concreta, ma anche della sua conoscibilità. Nell'essere che esiste concretamente non si può separare un'elemento dall'altro (essenza - esistenza). Una serie di fraintendimenti e di difficoltà proviene proprio dal fatto che alcuni autori « smembrano » l'essere reale e trattano i suoi

« elementi » (essenza ed esistenza) come « cose » diverse, spesso in nome della precisione scientifica. Mentre in realtà ques'ti elementi non si possono isolare, separare, non possono esistere l'uno senza l'altro, perché grazie ad essi un essere concreto esiste.

Grazie alle perfezioni analogiche e trascendentali il nostro pensiero conoscendo gli analogati, non può non afferrare un analogato, che sia l'ultima e sufficiente ragione dell'esistenza di tutte le perfezioni analogiche negli analogati particolari. Nella conoscenza reale del mondo non si può fare astrazione dall'esi­

stenza che è la ragione della stessa realtà dell'essere e della sua conoscibilità. La conoscenza metafisica deve giungere fino alle ultime ragioni (per ultimas causas). Quando nella metafisica costituiamo la conoscenza dell'essere, non possiamo sottrarci dalla risposta alla domanda sull'esistenza dell'ultima ragione dell'essere. Come non si può conoscere le proprietà-accidenti senza il loro riferimento alla sostanza, così l'essere realmente esistente non può essere conosciuto-compreso senza essere rife­

rito all'esistenza, e questa a sua volta senza essere riferita al Puro Essere, come suprema ragione sufficiente della perfezione analogica, che in primo luogo è la stessa esistenza degli esseri concreti. Per questo la conoscenza analogica dell'essere non può prescindere dalla conoscenza dell'Analogato principale del­

l'analogia trascendentale.

Sul fondo dell'analisi finora fatta si rivela più chiaramente il contenuto del principio, spesso disprezzato, secondo il quale

« magis et minus dicuntur per respectum ad maximum ». Il prin­

cipio interpretato in maniera qualitativa, è davvero qualcosa di banale e di ingenuo, come erronea è la comprensione del­

l'essere come essere dal punto di vista soltanto quantitativo. Il principio che esprime analogicità dell'essere è solo un altro modo di cogliere il principio di ragione sufficiente dellessere.

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Analogia trascendentale 155

la quantità la sostanza

come --- così --- è un essere in substrato è un essere in sé similmente anche:

Tessere concreto come ---

esiste

(grazie alla partecipazione dell'Essere Necessario)

La conscenza analogica fondata sulle relazioni trascenden­

tali ha bisogno di essere completata con una breve esposizione sulla analogia di attribuzione, che ha luogo quando le relazioni

« causa-effetto » concepite secondo lo schema analogico si veri­

ficano non solo in un ristretto settore della causalità. Allora esiste p. es. la relazione tra l'opera dell'artista e le sue idee creative, la relazione tra i mezzi medicinali e il loro fine, etc.

L'esempio classico, il più spesso usato per illustrare l'ana­

logia di attribuzione, è proprio il concetto di « sano ». In senso proprio « sano » viene predicato di un essere vivente, soprat­

tutto dell'uomo e dell'animale, nei quali designa l'armonia spe­

cifica degli elementi e la loro attività nell'organismo. Il termine

« sano » o « salute » non si limita a designare l'armonia degli elementi dell'organismo, ma si attribuisce spesso ad altri esseri, p. es. una medicina « sana », un clima « sano », un cibo « sano ».

Ogni giorno adoperiamo l'analogia di attribuzione usando espressamente come « lavoro scientifico », « atmosfera scientifi­

ca », « vita militare », « uniforme militare », etc. In tali espres­

sioni un termine viene attribuito a oggetti tra loro differenti, che però si caratterizzano per una o molte relazioni in comune.

Si può dare a diversi oggetti il nome comune, in quanto esiste una certa dipendenza (relazione) tra l'oggetto in cui si realizza, il contenuto di un termine, e gli altri oggetti che si designano con questo stesso termine. Così l'aria, l'aspetto, il cibo, la medi­

cina, si possono chiamare « sane » in rapporto alla « salute » in senso proprio.

Dagli esempi sopracitati si può dire, riguardo a questa ana- l'Essere Necessario

così --- --- esiste

(per la sua natura interna)

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156 Albert M. Krapiec, O. P

logia, che i suoi analogati portano, sì, il nome comune, ma il contenuto da esso designato appartiene solo a uno di essi, mentre agli altri appartiene solo per attribuzione. Per questo nell'ana­

logia di attribuzione si possono distinguere solo due elementi:

a) L'analogato principale, il cui contenuto è espresso dal nome in senso proprio e formale, che diviene poi il nome co­

mune in senso analogico.

b) Gli analogati minori, ossia quelli che, nonostante il nome comune con l'analogato principale, non hanno il conte­

nuto in senso proprio, ma solo una certa relazione all'analogato principale.

La distinzione nell'anlogia di attribuzione si può fare in diverse maniere. Il più delle volte si usa lo schema fondato sui generi delle relazioni « causa-effetto » o sulla quantità degli ele­

menti di questa analogia. Il Gaietano, richiamandosi a San Tommaso, ne dà due tipi: « San Tommaso — scrive — divide l'analogia di attribuzione in analogia di due termini a un terzo, come per es. urina e medicina all'uomo sano, e in analogia di un termine all'altro, per. es. la medicina all'animale sano », e allo stesso tempo giustifica questa divisione affermando che questa analogia non possiede gli altri elementi più generali, questi che invece possiede hanno posto nei diversi generi di cause.

B) La conoscenza analogica fondata sulle relazioni catego­

riali. In precedenza abbiamo già detto che ogni essere concreto e contingente è « implicato » in una rete di molteplici relazioni categoriali. Avendo attenzione rivolta al rapporto di tali relazioni con la nostra conoscenza, si è detto pure che si può da queste relazioni formare un concetto univoco e astratto. Il concetto univoco, staccato dal soggetto concreto contiene in sé il conte­

nuto identico in sé stesso che si predica di suoi designati, non più attualmente (come è il caso dei concetti trascendentali), ma solo potenzialmente.

Vediamo, del resto, i tipici esempi della conoscenza analo­

gica usati dal Gaietano e ripetuti in tutte le monografie come

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Analogia trascendentale 157

esempi per illustrare l'analogia di proporzionalità propria. E' una cosa significativa che sia negli scritti del Gaietano sia negli

studi degli autori contemporanei che si occupano dell'analogia di proporzionalità non incontriamo la distinzione tra l'analogia che usa i concetti trascendentali e quella che usa i concetti uni­

versali. Come si presenta l'ultimo tipo di analogia? La risposta generale si articola in forma di proporzioni:

le parti stanno le ali stanno

--- come --- in rapporto alla Simmetria in rapporto alla simmetria

dell'edificio dell'uccello

similmente:

la dimensione del tatto sta la dimensione della vista sta --- come --- in rapporto alle impressioni in rapporto alle impressioni

cinestetiche cinestetiche

Tenendo conto di questi due esempi, possiamo domandare se abbiamo qui a che fare in genere con una analogia di pro­

porzionalità, nella quale, come si è visto prima, gli analogati e le relazioni tra di essi sono diversi e il rapporto dei rapporti è in un certo senso lo stesso. Nella situazione conoscitiva, che ci presentano gli esempi, il rapporto che unisce le due coppie

di analogati, si rivela assolutamente lo stesso, e cioè omologo.

Ci accorgiamo dunque che l'unico e identico rapporto ha luogo sia in riferimento alla dimensione della vista, in quanto costi­

tuisce un certo fondamento delle impressioni cinestetiche, sia in riferimento alla dimensione del tatto, in quanto anche essa è il fondamento per causare lee impressioni cinestetiche. Qui il rapporto è determinato in modo quasi univoco e può essere simbolizzato con un segno « R », e con un determinato numero.

In modo simile lo stesso rapporto — omologo intercorre tra le parti dell'edificio e la sua simmetria e tra le ali dell'uccello e la sua simmetria. 11 rapporto, fondato sullo schema sopracitato è univoco e può essere simboleggiato. Abbiamo qui a che fare con il rapporto isomorfo, o almeno omologo. Per questo tipo di analogia si può accettare la definizione proposta dalla pro­

fessoressa I. Dambska, nel suo studio « O metodzie analogii »

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158 Albert M. Krapiec, O. P

(Sul metodo dell'analogia), p. 13: « Tra una coppia di oggetti AB e un'altra CD ha luogo l'analogia soltanto quando la strut­

tura S della coppia AB è omologa alla struttura S della coppia CD. Invece le strutture S e S' sono omologhe, quando il rap­

porto ARB è omologo al rapporto CR'D e quando A, nelle sue proprietà a che derivano dal rapporto R, è omologo con C, nelle sue proprietà c che derivano dal rapporto R', e B come un membro del rapporto R è omologo, nelle sue proprietà rela­

tive b a D, nelle sue proprietà relative d ».

Il fatto che si possa esattamente determinare l'identità del rapporto e che ci sia la possibilità della sua formalizzazione simbolica nella conoscenza significa che tale tipo di analogia può essere espresso con un concetto univoco, staccato comple­

tamente dai suoi soggetti « subalterni » e predicabile di essi solo in maniera potenziale come qualsiasi altro concetto univoco.

Di fatto qui abbiamo a che fare con lo stesso caso che nelle proporzioni isomorfe-matematiche, nelle quali, grazie alla com­

parazione di diverse quantità, conosciamo l'identità e, attra­

verso di essa, l'unità perfetta delle relazioni che uniscono questa quantità. Certamente, qui abbiamo una relazione reale, in op­

posizione alle relazioni mentali della matematica, ma nella vi­

sione del mondo, quale è indicata dallo schema e dalla defini­

zione dell'analogia, il rapporto è esattamentee determinato ed identico. Naturalmente resta almeno il problema se questo rap­

porto, in un mondo reale è identico, perfettamente determinato, (la risposta negativa è quasi certa!). Ciò nonostante la relazione di questo tipo sarebbe secondo gli studiosi identica. Tale con­

cezione di analogia si riduce al terreno dell'univocità e tutto il valore del ragionamento analogico si riduce all'attivo, psichico e creativo atteggiamento conoscitivo davanti al mondo. Non di questo, però, si tratta nella problematica dell'analogia, conside­

rata nella prospettiva metafisica.

Lo stesso problema può essere illustrato con un altro esem­

pio. Si possono costatare e stabilire le analogie reali tra « gli esseri » uniti nel matrimonio. Il matrimonio è una relazione, per cui si può affermare che:

Giovanni : Anna = Stanislao : Maria.

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Analogia trascendentale 159

Tanto Giovanni è marito di Anna quanto Stanislao lo è di Maria. Ce dunque analogia tra il rapporto matrimoniale di una coppia a quello di un’altra. Il rapporto è fondato sulla relazione determinata precisamente anche sotto l’aspetto giuridico, così pre­

cisamente che ogni uomo sposandosi sa che cosa fa, sa quali sono i suoi diritti ed obblighi, e in caso di necessità può persino difen­

derli davanti al giudice. Tutta questa problematica è diventata tanto chiara che in genere ha perso a prima vista il senso di ana- logicità, presentandosi una « cosa creata » univocalmente cono­

sciuta; in realtà c’è qui un rapporto propriamente analogico. In questo caso, tuttavia, l'analogia dell’essere è stata il fondamento per formare il concetto univoco della relazione « matrimonio », solo perché siamo capaci di astrarre la relazione che unisce gli

analogati (Giovanni - Anna, Stanislao - Maria), dagli stessi analo- gati. Per capire cosa sia una realtà analogica, come il matrimo­

nio, non è necessario comprendere chi è Giovanni, Anna, etc. Si può nella conoscenza della relazione matrimoniale (dell’analogia) trascurare gli analogati e separare la sola relazione che nella realtà sempre unisce due e concreti analogati. La separazione della rela­

zione dagli analogati è possibile solo perché abbiamo a che fare con un tipo di relazione categoriale. Tale separazione è equivalente a quella che si opera quando nell’essere concreto — analogato dal complesso degli elementi dissimili si separano e si colgono solo degli elementi simili.

Tenendo conto di tale stato di cose, si deve porre una do­

manda: Possono le relazioni categoriali costituire, nel senso pro­

prio della parola, il fondamento dell’analogia di proporzionalità?

Riassumendo ciò che finora abbiamo detto, vediamo, che quando abbiamo a che fare con lo schema dell’analogia di pro­

porzionalità fondata sulle relazioni categoriali, allora questa ana­

logia può avere la duplice forma: o nel suo seno esiste un rap­

porto identico tra le due coppie degli analogati, o si rivela solo la somiglianza nel rapporto tra gli analogati, connessi con le re­

lazioni categoriali. Nel primo caso, conoscendo tale schema del­

l’analogia, riceviamo il normale concetto univoco della relazione categoriale, nel secondo invece, non abbiamo a che fare con la

analogia reale tra gli esseri, ma solo con l’analogia metaforica.

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160 Albert M. Krapiec, O. P

Né nell'uno né nell'altro caso abbiamo l'analogia di proporziona­

lità, nel senso stretto del termine, la cui conoscenza fa nascere un concetto imperfetto, è vero, ma un concetto trascendentale.

Qui, invece, si riceve una coppia di concetti simili, connessi tra loro solo per una relazione mentale.

C) Analogia metaforica. L'analogia metaforica esige delle chia­

rificazioni speciali, a causa della sua applicazione nella lettera­

tura, nella vita religiosa e nella teologia. Di solito si distingue la metafora propria (p. es. « ruggito delle onde ») dalla metonimia (« annunciare la parola di Dio »), dalla sineddoche (« una testa dura », « infelicità ambulante »), dalla parafrasi (« autore del- l'Eneide »), ed infine dall'ironia (« buon ladro »). Tutte queste espressioni sono contenute dall'analogia metaforica, compresa nel senso largo della parola. Faremo le nostre analisi dal punto

di vista filosofico, e non p. es. da quello puramente semantico.

La metafora consiste nel trasferimento di un termine (no­

me), che esprime un determinato contenuto, da una cosa all'altra, a causa di una certa somiglianza con l'oggetto, a cui il termine appartiene come il suo segno normale. Usiamo dunque un ter­

mine « W » per designare molti, almeno due oggetti, tra i quali a uno solo spetta questo termine grazie al suo contenuto interno

« Wj », mentre all'altro oggetto « W2 » è attribuito, grazie a una certa somiglianza (il momento psicologico!), che abbiamo colto nella conoscenza. In questo tipo di analogia esiste una relazione di almeno due proporzioni (questo sta a quello come quest'altro sta a quell'altro), sotto una condizione e cioè che solo una parte della relazione è propria, mentre l'altra no, attribuita tuttavia in seguito alla somiglianza alla prima parte. Ciò significa che un termine « W » è metaforico per un altro termine non-metaforico

« W2 ». Per questo si parla del triangolo metaforico « W », « », e « W2 », come dello schema della struttura del relativo concetto della metafora.

La natura dell'analogia metaforica diventa più chiara, se si individuano le sue caratteristiche speciali.

a) Essa non è un'analogia metafisica in senso stretto, in cui il contenuto designato con un termine comune appartiene in ma-

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Analogia trascendentale 161

mera propria a tutti gli analogati, mentre qui appartiene solo a una proporzione.

b) Il fondamento per costituire la proporzione in questa analogia è una relazione di somiglianza.

c) La somiglianza è una proprietà che appartiene al gruppo delle relazioni di qualità. Come la relazione della qualità — la proprietà ha un carattere dinamico. Usando la metafora nella conoscenza, causiamo effetti simili a quelli causati dal segno proprio di un oggetto. Sulla base degli stessi effetti, si stabili­

scono le proporzioni tra un oggetto, in cui si osservono gli effetti in senso proprio, e un altro oggetto che ha una somiglianza

« dinamica », ossia può causare gli effetti conoscitivi simili; per questo costatiamo: come si ha il sorriso dell'uomo in senso pro­

prio così si ha il sorriso del prato in fiori in senso improprio.

Parliamo dunque del « sorriso » (« W ») dal prato (« W2 ») che è solo comprensibile dal « sorriso » dell’uomo (« »).

Considerando la somiglianza, espressa nella metafora, non nell'ordine statico e proprio, ma in quello dinamico e traslato, dobbiamo ancora dire due parole della somiglianza e della cono­

scenza della somiglianza. La somiglianza non costituirebbe an­

cora la metafora nel senso formale. Prima del processo cono­

scitivo esiste una metafora solo virtuale, ossia avente la forza di causare gli effetti (le associazioni conoscitive) che la ragione sarà in grado di paragonare con gli effetti propri, e sulla base di questa costatazione stabilire l'analogia formale delle propor­

zioni. Tra l'analogia metaforica e quella di proporzionalità inter­

corre una differenza fondamentale, e cioè nell'analogia di pro­

porzionalità propria il contenuto designato con il termine co­

mune si realizza negli analogati indipendentemente dalla cono­

scenza umana, mentre nella metafora deve intervenire la ragione umana per formare questo tipo di analogia.

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L 'A p p l ic a z io n e d e l lt 'a n a lo g ia

A) L’unità analogica come fondamento dell'applicazione del­

l'analogia. La proprietà che ci interessa di più nella problematica

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162 Albert M. Krapiec, O. P

dell'analogia è l'unità proporzionale, che è il fondamento del­

l'applicazione conoscitiva delle costruzioni analogiche. L analo­

gia, infatti, nella conoscenza ha come scopo un superamento dell'equivocità derivante dal pluralismo dell'essere. Per questo nel processo della conoscenza analogica bisogna « ordinare » gli esseri in modo tale che si possa intravedere almeno in un certo aspetto la loro non-casuale unità. L'esistenza di tale unità è una condizione indispensabile perché si possa coltivare la metafisica, che può esistere solo quando possiede il suo oggetto determinato,

almeno analogicamente uno.

Se l'unità è una proprietà 'trascendentale dell'essere, la pro­

blematica dell'unità si presenta nella stessa maniera che quella dell'essere. Giustamente Aristotele e San Tommaso vedevano l'unità in senso proprio soprattutto nell'unità numerica degli esseri concreti, anche se non soltanto in essa, giacché l'unità della specie e del genere come pure l'unità analogica erano an- ch'esse ai loro occhi un’unità propria. L’unità analogica era con­

siderata come la più debole di tutti i tipi di unità, perché è una unità esclusivamente relazionale, in quanto unità di proporzioni reciprocamente ordinate fra loro, ma proporzioni fondate sulle relazioni trascendentali, necessarie, e non soltanto sulle rela­

zioni categoriali. L'unità analogica non si limita a un certo numero di esseri, ma abbraccia tutta la realtà. Nelle costruzioni analogiche dell'essere come essere è contenuta in maniera con­

fusa tutta la realtà esistente. La costruzione analogica, siccome coglie il contenuto concreto e determinato come esistente, coglie e contiene in sé tutto: sia gli esseri contingenti nell'ordine so­

stanziale e accidentale, sia l'Assoluto - l'Essere Necessario.

Come già abbiamo accennato, nelle strutture analogiche non mettiamo in paragone gli analogati tra di loro come tali. Gli analogati come tali, paragonati tra di loro, non sono riducibili l'uno all'altro. La pietra come pietra paragonata con il legno come legno non costituisce il fondamento per formare qualche unità, ma solo semplice giustapposizione di cose così diverse tra di loro che si può cogliere soltanto per mezzo di concetti gene­

rali ed univoci, ognuno dei quali ha un contenuto diverso. Nel­

l'analogia mettiamo in rapporto i contenuti particolari analogici

(17)

Analogia trascendentale 163

— degli analogati, con la comune forma analogica, la perfezione analogica, ossia l ' a n o l o g o n . Nel caso dell'essere mettiamo in confronto i contenuti particolari dell'essere alla loro esistenza (« esse ») proporzionale, la quale, anche se diversa in ogni analo- gato, compie la stessa funzione, e cioè attualizza tutti i contenuti, rendendo queesti contenuti r e a l i . Quando dunque si tratta di rapporto tra gli analogati alla loro comune perfezione analogica c'è qui un'identità reale e relazionale, ma non assoluta. Ogni analogato dell'analogia trascendentale è ordinato all'esistenza con tutto il suo contenuto interno. Il rapporto tra il contenuto e l'esistenza costituisce l'essere come tale. Ogni essenza concreta, con tutta la sua ricchezza interna delle caratteristiche costitutive e consecutive, esprime la relazione necessaria e trascendentale alla propria esistenza, se è un essere reale. Il primo elemento che permette al nostro intelletto di costatare e riconoscere l'uni­

tà dell'essere, è appunto l'esistenza che attualizza ogni essenza concreta. L'esistenza, come supremo e fondamentale « elemento » (più precisamente «atto»), si impone a tutte le facoltà conoscitive, per questo non ha bisogno di essere provata, ma solo c o s t a ­ t a t a , affermata nel giudizio esistenziale (« esse respicit iudi- cium »). La costatazione dell'esistenza reale si trova alla base della conoscenza in genere. L'esistenza, tuttavia, si presenta co­

me « elemento » interiormente ordinato al contenuto cioè come in relazione trascendentale al contenuto. Non vuol dire questo, che la realtà dell'essere è costituita dalla sola relazione tra esi­

stenza ed essenza (o vice versa!) per quanto concreta e deter­

minata essa possa essere. Se tra l'essenza e l'esistenza c'è una relazione trascendentale, significa che qualsiasi contenuto con­

creto, con tutta la sua « interiorità », è ordinato all'esistenza concreta e propria solo ad esso. Il fatto stesso e la funzione di attualizzare (realizzare) da parte dell'esistenza reale il conte­

nuto essenzialmente suo proprio costituisce l’unità analogica dell'essere e diventa così il fondamento per formare il concetto uno, proporzionale, e relazionale dell'essere in quanto tale.

Questa relazione trascendentale, però, non è un qualcosa esi­

stente « tra » l'essenza e l'esistenza, ma abbraccia completamente il soggetto e l'oggetto (termini) della relazione. Se questa rela-

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164 Albert M. Krapiec, O. P.

zione fosse solo accidentale (di qualità) o categoriale, si potrebbe separarla dall'essenza come dal suo soggetto e allora la stessa relazione diventerebbe il fondamento per formare un concetto di essere come relazione. In tale caso, però, sparirebbe l’unità propria dell'essere, e il suo posto sarebbe preso dall'unità causale-accidentale.

L'unità analogica che condiziona la possibilità di formare un concetto imperfetto e analogico è la più grande conquista della metafisica. Grazie all'analogia è possibile alla conoscenza umana cogliere la totalità degli esseri con le diversissime strut­

ture individuali e generiche. Questo cogliere conoscitivo è pos­

sibile unicamente grazie all'analogia trascendentale dell'essere.

B) L’applicazione principale dell’analogia trascendentale.

Dobbiamo ancora sottolineare l'importanza della distinzione del­

l'analogia di proporzionalità propria in trascendentale e generale, domandandoci in che misura queste possono servirci per l'inter­

pretazione filosofica e definitiva del mondo. Si tratta di rispon­

dere alla domanda: se la ragione ultima e allo stesso tempo sufficiente dell'essere, chiamata in religione Dio, si possa cono­

scere sia mediante l'analogia di proporzionalità trascendentale che quella generale.

Si è soliti affermare — soprattutto nelle considerazioni teo­

logiche — che di Dio e della Sua vita interiore, si può « sapere » qualche cosa, ma entro certi limiti, partendo dall'analogia di proporzionalità, ossia dall'analogia metafisica, e in questa pro­

spettiva si deve interpretare il contenuto delle proposizioni rive­

late. Intanto, non troviamo nella letteratura mondiale sul tema la distinzione tra questi due tipi di analogia di proporzionalità propria. In seguito alla mancata distinzione si è applicata indi­

stintamente l'analogia di proporzionalità generale e l'analogia di proporzionalità trascententale nella conoscenza di Dio. Si è af­

fermato, almeno nel più stretto cerchio della cosiddetta scuola tomistica, che l'analogia di attribuzione e l'analogia metaforica non possono costituire lo « strumento » per la conoscenza dell'es­

sere trascententale; di qui la conclusione che solo l'analogia di proporzionalità ò capace di fornirci la conoscenza appropriata.

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Analogia trascendentale 165

Se l'analogia di proporzionalità non è omogenea, se cioè distinguiamo in essa due forme (come abbiamo fatto) fondate sulle relazioni necessarie trascedentali e generali, sorge il dubbio se non sia nata una confusione dei concetti, a causa della man­

cata distinzione tra i due tipi dell'analogia di proporzionalità e di conseguenza della loro applicazione nella conoscenza di Dio.

Il problema posto in questi termini esige senz'altro una più ampia ricerca monografica, ma già sulla base della nostra analisi

sommaria si può affermare che di fatto nella teologia sono sorte tante difficoltà proprio a causa della mancata precisione filoso­

fica nel campo della teoria sull'analogia.

E così p. es. per elaborare la dottrina sugli attributi di Dio si usava lo schema dell'analogia di proporzionalità generale che non di rado era solo una metafora camuffata o una nascosta univocità, oppure l'analogia di proporzionalità generale, in cui la definizione di una coppia della proporzione diventava allo stesso tempo la definizione proporzionale dell'altra coppia della proporzione analogica. Come esempio illustrativo si dava l'« ani­

ma » dell'uomo e dell'animale. Sapendo che cosa è l'anima per l'uomo e che funzioni compie, si può, fino a certo punto, fare certi giudizi sul ruolo e la natura dell'anima nell'animale. Qui e lì l'anima si rivela come l'elemento organizzatore della materia

« dall'interno », è qualcosa di essenziale per l'uno e per l'altro soggetto, e per questo il concetto dell'anima costruito sulla base delle funzioni conosciute può predicarsi dei suoi designati in senso proprio. Abbiamo qui a che fare con l'unità analogica nell'ordine essenziale, e non solo in quello casuale o accidentale.

Avendo davanti agli occhi tale stato di cose, si è accettato il principio generale che nell'analogia, la definizione di una coppia di proporzione è allo stesso tempo definizione proporzionale dell'altra coppia di proporzioni, da noi non ancora conosciute.

Tale metodo non si può usare senza riserve nell'analogia più importante, e cioè nell'analogia trascendentale. Perché? Nell'ana­

logia trascendentale 1'e s i s t e n z a è di fatto un elemento at- tualizzatore (se si tratta dell'essere stesso), e non c'è nient'altro nell'essere reale che non dipenda dall'esistenza, tuttavia, l'esi­

stenza non appartiene agli elementi costitutivi della natura (es-

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166 Albert M. ICrapiec, O. P

senza) dell'essere. L'esistenza (« esse »), non essendo elemento costitutivo né consecutivo della natura di un qualsiasi analogato, non costituisce il fondamento per conoscere un altro analogato,

ma solo può costituire la base per conoscere 1'e s i s t e n z a del­

l'altro analogato, se questo analogato sarà l'analogato princi­

pale — l'Assoluto — rendendo possibile inoltre la conoscenza dell'altro analogato solo come essere e niente più. Se io so che cosa significa « essere-uomo », so pure che cosa significa « essere- pietra », « essere-cavallo », e so che esiste l'Essere-Assoluto ossia l'Atto Puro; ma sapendo che cosa significa essere-uomo, essere- cavallo, non so ipso facto che cosa sia il cavallo come cavallo,

l'uomo come uomo e il Dio come Dio.

L'analogia trascendentale deH'essere rende possibile la cono­

scenza degli altri oggetti legati all'analogia solo nell'aspetto più generale dell'esere, non determinando più da vicino la cono­

scenza delle cose come tali (aspetto essenziale). Conoscere una cosa nell'aspetto dell'esere significa solo che una certa cosa con­

creta e determinata in sé (identica a sé) è in una certa maniera connessa con l'esistenza. L'analogia trascendentale non può rive­

lare il grado di questa « connessione » con l'esistenza, eccetto l'Analogato principale — l'Assoluto, sul quale in modo più o meno esplicito si può affermare che è l'« Esse Purum », ossia l'Essere, in cui c'è identità assoluta tra l'essenza ed l'esistenza, di conseguenza è l'Essere primo, non causato, non composto, unico, da cui tutto deriva nell'ordine dell'essere per via dell'in­

telletto e della volontà.

Inoltre, costatando il fatto dell'identità assoluta tra essenza ed esistenza nell'Assoluto, non si può propriamente parlando esprimere nulla di nuovo quanto al contenuto di questo Essere, poiché ogni nuova proposizione può essere solo ed unicamente una proposizione equivalente con la proposizione costatata sulla base dell'analogia trascendentale. Tutte le « vie » attraverso cui si può arrivare alla costatazione dell'Assoluto sono solo vie del- l'esseere. Non si può parlare di Lui come Bontà, Verità, Unità indipendentemente dall'essere, perché tutti questi Attributi sono intercambiabili con l'essere; indipendentemente dall'essere sono incomprensibili nella filosofia realistica. Il fondameento della

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Analogia trascendentale 167

loro comprensione è appunto l'essere. Ciascun enunciato analo­

gico, servendosi dell'analogia del bene, della conoscenza, del­

l'amore, della vita, della felicità, è solo una concretizzazione del­

l'analogia dell'essere e la sua ultima comprensione deriva da essa. Tutti questi valori (attributi) staccati dall'essere non hanno nessun significato. Hanno il loro senso solo grazie all'analogicità del concetto di essere. L'analogia dell'essere come meno comples­

sa delle altre analogie è la più chiara delle analogie fondate sui concetti equivalenti al concetto dell'essere (« bonum », « verum »,

« unum » etc.), o sui concetti che sono solo la particolarizzazione del concetto essere. Nell'analogia metafisica affermiamo princi­

palmente solo la necessità dell'esistenza dell'Assoluto, ossia del- l'Essere, in cui l'essenza e l'esistenza sono identiche, coincidono.

Dopo aver costatato nell'analogia trascendentale il fatto del­

l'esistenza dell'Assoluto, non abbiamo più la possibilità di sapere e determinare in che modo questa entità si realizzi nel suo interno. Servendoci dell'analogia trascendentale non abbiamo ac­

cesso alla vita interiore di Dio. Il fatto, tuttavia, della necessaria esistenza dell'Assoluto si chiarisce di più mediante la sua con­

cettualizzazione e in questo modo si chiarificano gli Attributi di Dio. Pertanto sulla strada filosofica della conoscenza dell'Essere Necessario — che costituisce un praeambulum fidei — non co­

gliamo in modo conoscitivo degli Attributi dell'Assoluto, come bontà, amore, giustizia in maniera analogica agli attributi degli esseri creati, e cioè degli uomini, ma soltanto come una partico­

larizzazione del concetto analogico dell'essere; dopo la costata- zion del fatto dell'esistenza dell'Assoluto costruiamo i concetti ed i giudizi non-contraddittori con la proposizione che costata il fatto dell'esistenza dell'Assoluto. Tale concetto o giudizio come non-contraddittorio con la proposizione primordiale (la quale costata l'esistenza dell'Assoluto) esprime un nuovo attributo di Dio, ossia ci chiarisce la comprensione del fatto dell'esistenza dell'Assoluto. Per questo la natura dell'attributo così ottenuto, non è comprensibile senza richiamarsi al concetto di essere.

Qualsiasi altra via, indipendentemente dall'analogia trascen­

dentale (indipendente da quella dell'essere) che parte dagli es­

seri contingenti per salire fino all'Essere Primo (p. es. l'analogia

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168 Albert M. Krapiec, O. P

del bene, del vero), subito conduce a delle contraddizioni. Se si considerasse l'essere primo come bene, si scoprisse poi l'unità, che non è il bene, e non ha (in questo processo conoscitivo) un valore di grado superiore, in cui possano « fondarsi » con­

temporaneamente sia il bene che l'unità, non ci sarebbe l'essere al di sopra del bene e dell'unità. Per fortuna, esiste proprio questo « valore » di grado superiore al bene come bene, e all'unità come unità, ed è appunto l ' e s s e r e , del quale sia il bene che l'unità sono solo delle chiarificazioni conoscitive che « si fonda­

no » in esso. Certo, per noi, la bontà non è lo stesso che l'unità, ma tutte e due sono essere, del quale costituiscono delle « espli­

cazioni » e « modificazioni ». Perciò questi valori possono avere luogo nel concetto analogico dell'essere e sono comprensibili e

non-contraddittori solo mediante l'essere analogicamente inteso.

Nel momento in cui ci sforziamo di conoscere gli Attributi di Dio nella prospettiva dell'analogia generale di proporzionalità (uomo : anima = animale : anima), il nostro discorso sfocia su­

bito nel semplice antropomorfismo; perché l'Assoluto in rapporto a noi non è né elemento materiale né elemento formale dell'es­

sere umano e della sua conoscenza.

C) 11 ruolo conoscitivo dell'analogia metaforica. L'analogia metaforica viene di solito considerata come un mezzo ineffi­

cace per conoscere Dio, mentre la rivelazione ci è stata offerta, soprattutto, in forma di espressioni metaforiche. E' vero che, se la conoscenza analogica in genere è quasi « intermedia » tra la conoscenza univoca e quella equivoca, nell'analogia metaforica è più accentuata l'equivocità, perché in essa, similmente all'ana­

logia di attribuzione, ha luogo una costruzione di concetti uni­

voci, con questa caratteristica specifica che cioè tale costruzione, come insieme, connessa con le relazioni, che hanno il loro fon­

damento nelle cose, trasferita a un'altra realità, esprime un nuovo contenuto conoscitivo. La costruzione che dal punto di vista se­

mantico possiamo presentare come un triangolo: « W », « »,

« W2 », compie sul terreno dell'interpretazione teologica della rivelazione due funzioni fondamentali: a) negativamente stabili­

sce i limiti della conoscenza, b) positivamente dirige le reazioni

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Analogia trascendentale 169

emotivo-volitive dell'uomo. Vediamo questi due funzioni negli esempi. Quando Gesù ci rivela: « il Padre vostro celeste », o

« nella casa del Padre ci sono molti posti », « gli uomini hanno amato di più le tenebre che la luce » etc. ci accorgiamo che sono usate nella Sua rivelazione espressioni come « Padre », « tene­

bre », « luce », « posti », le quali non esprimono dei concetti tra­

scendentali, perché non esprimono il « contenuto » scambievole con l'essere come essere. Non sono neppure una particolarizza- zione del concetto analogico dell'essere, ma sono solo espres­

sioni univoche significanti in se stesse qualcosa e trasferite per significare un nuovo contenuto per noi non immediatamente comprensibile. Abbiamo perciò a che fare qui con l'analogia metaforica e con il suo caratteristico triangolo semantico. La

espressione « W », viene da noi usata nel suo significato proprio

« W1 »; non conosciamo, però, ancora il contenuto di « W2 ».

Avendo, tuttavia, in considerazione la comprensione generale del­

la metafora, almeno confusamente comprensibile ad ogni uomo, sappiamo, soprattutto in quale direzione si trova il contenuto indicato dalla metafora. Certo, questo contenuto non è imme­

diatamente accessibile al nostro intelletto, tuttavia è accettabile da parte della nostra volontà-amore. Un’espressione come « Pa­

dre » indica che il contenuto che si verifica nella normale pater­

nità terrestre si può trasferire al Dio-Assoluto, perché in questa direzione, indipendentemente da qualsiasi imperfezione e come equivalente con il concetto dell'essere assoluto, questo contenuto si verifica positivamente. Inoltre, cosa ancora più importante, espressioni come « padre », « luce », « grazia », « posto » sono ca­

paci di metterci neil'atteggiamento, che ha un bambino buono verso suo padre, un buon servo verso il suo padrone, un uomo senza la casa verso la casa. Questa seconda funzione emotivo­

volitiva è più importante di quella conoscitiva, come scrive San Paolo ai Corinzi: « Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o voi siete battezzati nel nome di Paolo?

(I Cor. 1,13). Principalmente soltanto la metafora è adatta per metterci in un atteggiamento emotivo-volutivo. A prendere tale atteggiamento non è adatta l'analogia trascendentale che usa le costruzioni intellettuali, prive di colorazione emozionale e voli-

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