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L'arte nella vita degli artisti : racconti storico

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Academic year: 2021

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B 5 1 0 8 3 9

L’ ARTE

NELLA

DEGLI ARTISTI

RACC0NTI STORICI

D I P I E T R O S E L V A T I C O .

Da n t e e Gi o t t o.

Be l l i n i e Du r e r o. — Sa n m i c h e l io Ya s a r i. — Sc h i a v o ne Vi t t o r i Vk r o n i c a Fr a n c o o Ti n t o r e t t o.

So f o n i s b a An g u i s s o l a e Va x D y c i c . — Be r n a r d o St r o z z i. E R N ES T I N A LA D I S E GNA TR I C E .

V O L U M E U N I C O .

H. I

D

FI RENZE,

G. B A R B È R A , E D I T O R E .

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L ’ A E T E

N E L L A V I T A D E G L I A R T I S T E

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L’ ARTE

N K L L A

VITA DEGLI ARTISTI

Da n t e e Gi o t t o.

B e l l i n i c D l r e r o . — S a n m i c h e l i e V a s a r i . — S c h i a v o n e e V i t t o r i a . V e r o n i c a F r a n c o e T i n t o r e t t o .

S o f o n i s b a A n g d i s s o l a e T a n Dy c k. — B e r n a r d o S t r o z z t . E r n e s t i n a l a d i s e g n a t r i c e .

RÀCCONTI STORICI

Ï)I PIETRO SELYATICO.^V

Vo l u m e u n i c o.

FIRENZE,

G. B A R B È R A , E D I T O R E .

(6)

UN1V f*Hpjl/«U.

C R A C Ô V IE N S5

ZI1

.-Bj.b!î.0t.eka Jafl|el|ortska

1 0 0 1 4 2 5 8 5 8 "

Q u e s t’ o p é r a à s t a t a d e p o s i t a t a a l M in is te r o d ’ A g r ic o ltu r a , I n d u s t r i a e C om - m e re io p e r g o d e r e i d i r i t t i a o c o r d a ti d a l la le g g e s u lla p r o p r i e t à l e t t e r a r i a .

6. B a r b è r a .

Jasieÿ 1001425858

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P K E F A Z I O N E .

Se p e r caso c’ è in una fam iglia un fanciullo clie abbia indosso il m al dello sbadato si da non voler p re sta re un pocbino d ’ attenzione ag li insegnainenti d el signor m aestro, come si com porterebbe u na b rav a mamma p e r rim ed iare al guaio? Se lo fa sed er dap- presso, e senza om bra di volergli reg a la re u na le- zione, chè sarebbe un porgli il fistolo nelle gam be, gli racco n ta am orosam ente, coll’ a ria di volerlo di- v ertire, una b ella s to rie tta in cui in c a stra con d estrezza e a miccino, l ’ insegnam ento che la c a tte d ra tic a pro- sopopea d ell’ is tr u tto re gli facea p a rè re tan to ug- gioso. Il fanciullo a quella n a rra tiv a industrem ente d ram m atizzata s ta 1\ a bocca a p e rta , non b a tte pal- p eb ra, ci p ig lia gusto, e con in ten sa cu rio sità ne a sp e tta il fine, o, come direbbe un m aestro di re t- to rica, la catastrofe.

In ta n to l ’ insegnam ento ab b o rrito en tra to di stra - foro nella m ente del giovanetto, vi si è fitto ben d entro, e se avviene che nel racconto en trin o per- sone storiche di m olta im portanza, egli se ne fab- b rica il tipo nella sua testo lin a, a seconda d e ll’im- m agine che gliene fu tra c c ia ta , e gli p a re di veder-

S e l v a t i c o . — R a c c o n t i . a

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sele dinanzi quasi fossero vive e pari an ti. Siccome poi nella n a rra tiv a quegli indivitlui non si m ostrano che in alcuni p a rtic o la ri d élia loro esistenza, cos'i ne se- gu e clic gli si d esti vivissim o il desiderio di cono- scerne in teram en te le vicende e la p a rte che presero negli avvenim enti del mondo ; sicchè ric o rre ai lib ri di sto ria ed aile hiografie p e r averne com piuta 110- zione. Se g li si fosse dato invece a d irittu ra in m ano una sto ria universale o p arzia le anche la nie- glio svolta, ci sareb b e d a m e tte r pegno che non gli reg g ere b b e la pazienza di leggerla.

N ella condizione di quel piccolo svagolato siamo noi Ita lia n i (non dico tu tti, ma i più anche fra i côlti) risp e tto alla sto ria dell’ a rte . L a non ci d e sta più quel vivo interessam ento che le veniva nel passato dal sa p erla le g a ta a tu tto il movim ento sociale.

G uardiam o si aile g ran d i opere a rtistic h e dei nostri secoli m igliori con una c e rta predilezione, ma non c’ im p o rta un cavolo da quali uomini, d a quali esempi e d a quali norm e derivassero le più belle e fa- mose ; non ci prem e di sap ere fra quali m om enti sto rici si conducessero, da quali ordini sociali fos­

sero p atro cin ate, quale influenza esercitassero sulla civiltà, e quanto q u esta reduisse su ll’ indole delle lor produzioni.

E n a tu ra le : sulle vicende d e ll’ a r te non sentiam o p a rla re quasi m ai negli anni d e stin a ti alla nostra istruzione. Perocchè nei n ostri is titu ti educativi ci si insegnano m oltissim e belle cose (chi vorrebbe ne- garlo ?), m a non c’ è pericolo che si m ova p aro la sulle a r ti del bello visibile, che sono p u re tan to e si no- b ile patrim onio delle p assate glorie italiane.

I)i quelle d e stin a te a lla religione nessun più si

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piglia pensiero, dacchè le pom pose e ste rio rità délia Chiesa p e rd e tte ro g ra n p a rte d élia loro im portanza, o alm eno non 1’ hanno sul serio clie pei re triv i, pegli ignoranti, p e r le plebi analfabete, gente t n t t a a cui p a r più bello un inform e fantoccio vestito da M adonna, che non la T rasfigurazione di Raffaello. A il’ a rte che p ren d e a soggetto fa tti sto rici de’ secoli trasco rsi non si p re s ta attenzione, e perché pochi studiano di quei secoli la .storia, e perché m olti pensano che il p ré ­ sente valga assai più del passato. Ci furono persino sc ritto ri che proclam arono le a rti, specialm ente im i­

tativ e , sordide figlie del favoritism o, m ad ri di vigliac- clie adulazioni, tui'pe istru m en to del despotism o. E con q ueste le tte re com m endatizie dovremmo occuparci a decifrare di q ueste a rti la sto ria , e a leg g ern e le fortunose vicende nei lib ri ? O ibé ! sarebbe, a parère di m olti, illogico spreco di tem po ; sarebbe quasi un voler applicare la corrente e le ttric a ad un cadavere.

E p p u re le varie fasi percorse d a ll’ a rte italiana, se non costituiscono l ’ essenza d élia vita n o stra nel me- dio evo e nel rinascim ento, almeno la sim boleggiano ; e il non sap ere corne si form assero e quindi come si tram u tassero codeste fasi, gli è un lasciar d a canto un g ran d e ram o del nostro albero storico. P e r d ir vero, coloro che o ra scrivono la sto ria n o stra, sieno Italian i o stra n ie ri, persuasi d e ll’ im portanza di sim ili fa tti.

non tralasciano di adom brare, se non a ltro a g ran tr a tti, i pcriodi storici d ell’ a rte nostra. Ma che vale?

pochi d e ’ le tto ri vi ferm ano l ’ attenzione se anche scor- rono quelle pagine. L ’ indifferenza ci vinse risp e tto ad un argom ento che non h a più azione sul nostro animo o lo h a soltanto entro i lim iti délia form a allettevole.

Ad una esposizione d’ a rte ci andiam o si, e in gran

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num éro, m a corne si va a vedere un serrag lio di belve od un g a b in etto di figure in cera : levato il casotto, nessuno se ne c u ra più.

Come fa r dunque a risvegliare la nazione da co- desto sonno, a scro lla rla da ta n ta a p a tia ? Scrivere forse u n a com pléta ed estesa s to ria d ell’ a r te nostra, cfie p u r ci m anca? Si, gli è proprio a clii h a posto il P arn aso nel listino di B orsa, cfie si puo rac- com andare di leg g ere siffatto libro ! Hanno forse to rto codesti sacerd o ti del positivo ? A me p a r di si, m a i p iù argom entano in a ltro modo. N es­

suno, dicono, puô p re te n d e re che un galantuom o s ’ occupi di cio che non gli p o rta nè d ile tto nè utile.

E d ’ a ltr a p a rte , se u na o due generazioni non si adoperano di proposito a g u ad a g n ar m olto, le fu tu re non avranno nè den ari p e r a cq u istare opere d ’ a rte, nè buon um ore p e r apprezzarne la sto ria. Cosi d i­

cono i fa k iri d ell’ utïlitarism o, a te i, nel p iù esteso significato d élia paro la, perché nol sono solam ente risp e tto a il’ E te rn o Vero, m a risp e tto alla v irtù , alla m orale, a il’ idea d ell’ e te rn a bellezza, qu esti tr e po- te n ti d e p u rato ri délia debaccante m ateria che fran- cano P animo dalle s tre tto ie del senso, e lo fanno u tilm en te rinnovatore di sè e degli a ltri. — Ma si gli è proprio colla schiera bruna degli u tilita ris ti che o ra s ’ am m assano, come le form iche di D ante, p e r spiare lor via e lor fo rtu n a , che bisogna te n ere ra- gionam enti sul bello artistic o !

Il solo modo che forse p o treb b e fa r l ’ ufficio di sveglia su codesto p artic o lare, e am m o rtire il beffardo scetticism o degli aritm o m etri a due gam be, sarebbe, io credo, d i m e tte re in p ra tic a 1’ espediente di quella ta l m am m a di cui ho toccato di sopra. R accontare cioè, a

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questi sbadati, a questi apostoli del gaudeam us, qualche aneddotino tr a tto dalle biografie degli a r tis ti celebri, che ponga in chiaro quale fosse 1’ a rte nella v ita di costoro, quai p a rte prendesse la società al p ro d o tto del loro ingegno, con quale intendim ento operassero, di quali m ezzi m a te ria li e m orali si valessero a ren d erle efficaci sullo sp irito pubblico, ed anche, quanto e come le debolezze inseparabili daU’ uomo influissero sul loro g usto e sullo svolgim ento in te lle ttu a le degli a rtis ti.

Chi sa che la form a dram m atica, cosl a tta sem - p re a te n e r d e sta l ’ attenzione su qualsiasi argo- m ento ed a stim o larla se infiacchita, non giovasse a condurre le m enti nel desiderio di a d d e n tra rsi in t u t t a la v asta compagine di cui la vera sto ria del- 1’ a rte si compone ! E ta n to più adesso, che in onta degli strilli dei p ed an ti, i rom anzi ed i dram m i p iù o meno storici, p iù o meno intim i, son d iv e n tati la sola form a le tte r a r ia che trovi le tto ri, quella che riesce d ile tta ad ogni classe sociale ed è ad o p erata persino come arm a dai p a r titi politici, perche sicura di a p rirsi u na la rg a s tra d a nel pubblico. D ifatti, quel g ran furbaccliione ch’ e ra il P a d re B resciani s’ avvide come non ci fosse m iglior mezzo del rom anzo ad in- filtrare le rugiadose d o ttrin e d e1 suoi confratelli in S an t’ Ignazio, e si accaparrô le sim patie di tu tte le pinzochere ed anche di c e rte M addalene non ancora ben p en iten ti, col suo Ebreo d i Verona, e con a ltre g iaculatorie dram m atizzate di sim ile tenore ; Eugenio Sue suscité 1* entusiasm o in quei cari am ici dei socia- listi, col suo Ebreo errante, e più co’suoi M iste ri di P a rig i; V itto re H ugo pose in ferm ento la m arm a- glia delle tav ern e e degli ergastoli, co’ suoi M isera- b ili; e a nostro onore e conforto, Manzoni, Grossi,

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Massimo d ’ Azeglio e parecchi a ltri valenti, inizia- rono la c o rro tta Ita lia a v irtù d a tro p p o tem po di- m en ticate, al sacrificio generoso, e a il’ am ore délia comune p a tria . E quanto non valsero dram m i e ro- m anzi a suscitai' desiderio di le ttu re sodam ente sto- riche ! In F ran cia, p er esempio, m oltissim i anclie dei m en colti ad d en traro n o la m ente nelle avventurose vicende di quella fervida te r r a leggendo i rom anzi dei due Dumas. In In g h ilte rra si stu d io di p iù , e con più ac c u ra ta diligenza, la sto ria del Regno U nito, dacchè W a lte r-S c o tt, l ’ Om ero del rom anzo storico, come lo chiam a il M anzoni, dipinse colle a ttra ttiv e delF aneddoto i casi di R iccardo Cuor di L eone, de- gli S tu a rd i e dei Clan d élia Scozia. — T u tto sta a t r a tta r e 1’ avventure (storiche s ’ intende, n ell’ essenza loro come nelle ag g iu n te di fantasia) coi modi g ra- devoli ed is tru ttiv i u sa ti dal Manzoni, dal Grossi, d a ll1 Azeglio, dalP im m aginoso F rancese e dal sapiente Scozzese. Qui s ta proprio il busïllis, ed è un busillis di ta ! n a tu ra che b a stereb b e a spav en tare chiunque avesse la m ano al racconto storico dieci volte m eglio a d d e s tra ta d élia m ia, p u r troppo im peritissim a anclie in codesto.

Che se io ho la te m e rità di d a re qui un saggio di sim ile te n tativ o relativ am en te ad alcuni avveni- m enti storici d ell’ a r te n o stra, creda p u re il le tto re che nol fo p e r fidanza orgogliosa nelle m ie forze, m a colla m ira di eccitare quelli che sanno te n e r dav- vero la penna in mano, a porsi ad un genere di com- ponim ento il quale, tr a tta to bene, p o treb b e meglio d ’ ogni a ltro riu scire allo scopo sopra indicato.

Se il mio congegno non sa rà buono, servira, se non a ltro , d a b a ttis tra d a p e r clii h a lena e volontà di arriv a re

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al punto d esid erato . Q uante vol te una m acchina che non d a il 25 p er cento di effetto u tile, m a che p u re accenna se anche non soddisfa, ad un bisogno sentito dai più, risv eg lia poi in un meccanico p iù abile l ’ id ea d ’ un perfezionam ento, che aggiunge un a ltro 50 p e r cento a q u ell’ cffetto ! Se io fossi riu scito a ta n to con le p rese n ti ciarle, mi chiam erei felice, quando pu re la m ia m acchina dovesse ten ersi im p erfetta. Che se poi, e m anubrii, ed ingranaggi, e valvole, c stag g i, e pu- legge, e tu tto , saranno proprio ciarpam i da g e tta re al ferravecchio, non mi re s te ra se non da compian- g ere il mio vecchio amico B arb èra, che dandom i ta n ta prova di deferenza collo stain p a re questi B,acconti, a v rà avuto il m aie, il m alanno e 1’ uscio addosso ; e p er tu tto compenso gli rim arrà...., la m ia piagnolosa riconoscenza.

P. S e l v a ï i c o .

P atio va, g e n n a io 1870.

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V IS IT A D I D A N T E A G IO TTO

n e l l ’ O r a t o r i o d e g l i S c r o y e g n i i n P a d o v a (1 3 0 6 ).1 *

Di quale s tu p e fa tta m eraviglia non sarebbero coin- p resi gP ispidi omaccioni di Padova vissuti nel medio- evo, i Macaruffi, p e r esempio, i M ussati, gli Scrove- gni, i Dalesm anini, i da C arrara, ec. ec., se, ponendosi a sdraione sui corrosi loro avelli, raffrontassero la P adova annno d ern ata d ’ oggidi con quella d e’ loro giorni, ir ta di to rri e di m erli, a rch eg g ia ta di spaldi e di caditoie ! P e r certo clie p iù di u na volta ri- derebbero sotto i baffi. vedendo le vecchie m uraglie di E z z e llin o e dei C arraresi, poste sotto la dem ocra- tica tu te la délia D ea Calce, e le case dei manesclii p a triz i im b e lle tta te di b u g ia rd i m arm i ed in frascate di rococô.

N ella franca rozzezza loro direbbero a noi sonno- le n ti nipoti : — Figliuoli, o p eraste da saggi a fare scom parire i la stric i di e tru sc a p rim itiv ità, i p o rtici s tr e tti ed affum icati, le case fuor d élia r e tta ; faceste bene ad im biancare i p ro sp e tti delle vostre troppo antenoree dim ore, e ad illum inarvi, se non a ltro , col

* VeiU le N o te in fltio d e l R a t c o n to , a p a g . 6 1.

S e i . v a t l c o . — R u c c o n d .

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gas. Le sono agiatezze clie s’ addicono alla fiaccona di cui voi m o d é rai siete im p a sta ti ; m a se cred este di a v e rti guad ag n ato in bellezza, cacciatevene il grillo dal capo. D al bello d ell’ a rte alla im b ian catu ra ci corre : quello créa le fo rti im pressioni e 1’ elevato sentire, q u esta ne cancella l ’ im m agine e fin la m em oria. Oh ! la era una bellezza clie ferm andosi ad e ru d ir lo in- te lle tto scendeva nel cuore a commuoverlo, quella clie sfavillava fu lg id a sulle p a re ti délia v o stra basi- lica di S a n t’ A n to n io , o Padovani ! (sono sem pre quelle si fa tte om bre clie parlano) quando, e sulle crociere delle volte e sui masclii piloni stavano co- lo ra ti dai m igliori g iotteschi, e santi, ed angeli, e p enitenze di pii anacoreti. A llora 1’ occhio d e lP a r tis ta raffrontava fra loro le scuole di G iotto, dello Avanzi, del M antegna nelle sto rie finitam ente dipinte sulle m ura di chiese m agnifiche. A llora sorgeva, egregio esem plare di nazionale a rc h ite ttu ra , S an t’ Agostino, in cui al tr i giotteschi aveano dato saggio di fecondo pen- nello. E adesso più che m ezzi q ue’ m onum enti furono a b b a ttu ti, e gli a ltri appena si guardano, di quando in quando, da qualche im bronciato archeologo. —

Quale anim o infiam m ato dal sentim ento d ’ a rtis ta p o treb b e d a r to rto alla bru sca p aro la di quelle om bre ? L a bestia signoreggia V angelo, d ire b b e D e M aistre.

Amiamo ancora la bellezza, m a quella délia m a te ria ; amiarno l ’ a rte , m a l ’ a rte gingillo, l ’ a rte m obilia, che addobba la casa e assonna il pensiero. Chi ci dà p iù oggigiorno, in Ita lia , qualche brandello di p ittu ra che possa reg g ere (non dico risp e tto a form a, chè in cio guadagnam m o, e non poco, m a risp e tto ad espres- sione) al raffronto di un solo fra i concetti di G iotto n ella cappellina d ell’A re n a ? M araviglioso m onum ento

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invero, clie ponendo in luce 1’ elevatissim e idee d ’ uno d e ’ p iù fo rti ingegni italian i, e ra quasi la m anifesta- zione dello sp irito pubblico p e r tu tta Ita lia . Ogni cosa p a re a cospirare a re n d e rla simbolo fantastico di pa- ganesim o crollante ; di c ristia n ità rin ascen te a florida giovinezza ; d ’ a rte nuova su veccliio m a robusto tronco inoculata ; di popolari gaiezze e di feudali m isteri. U are e ta c itu rn a , eleg an te e grave, lum inosa fra luce crepuscolare, p arev a 1’ em blem a del riso rg i- m ento italiano, clie fresco di adolescente poesia, si le g a aile trad izio n i del passato, e q ueste modificando, si fa il porta-vessillo d e ll’ odierna civiltà. In una p aro la, tu tto in essa m anifestava un p ro d o tto délia intelligenza clie, r o tta la cerchia m etallica delle t r a ­ dizioni je ra tic h e , si slanciava a farsi in te rp rè te d ’ un popolo giovane, ard itam en te bram oso di lib eri o rd in i;

un p ro d o tto d e ll’ intelligenza che, g e tta ta la cocolla del monaco e la tonaca del p re te , ferveva nel popolo, dal popolo usciva, al popolo p arlav a parole di em an- cipazione, di franchigia, di religione vera : la reli- gione délia v irtù e délia p a tria.

Quel m onum ento, piccolo di mole, ma grandissim o p er im portanza civile, m uravasi appunto negli anni a cui si riferisce il mio racconto, e coi fa tti in esso n a rra ti si collega s tre tta m e n te . Laonde non sa rà forse discaro al mio le tto re , ch’ io dica alcune delle circo- stau ze in forza delle quali P adova ebbe 1’ onore di possedere uno fra i capolavori d ell’ a rte , che hanno il m erito d ’ av er avviata quella d ’ Ita lia a d altezza non ancora rag g iu n ta.

Sul finire del secolo X III la fam iglia degli Scro- vegni e ra fra le nobili di P adova, u na delle p iù ricche e p otenti. ' Costoro teneano nel loro albero genea-

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logico (il cui stip ite , s’ intende, risaliv a alla venuta d ’ A ntenore) q u a ttro o cinque gloriosissim i birboni, i quali aveano in lealissim a g u e rra bruciato non so q u an te castella, saccheggiato c ittà e borghi, stu p ra te vergini, scannati fanciulli. Dio, ch’ è sem pre coi giusti, li acconcierà a il’ a ltro mondo coi rig o ri délia sua giustizia, m a il dabben popolo, ch’ è sem pre coi forti, li proclam a va eroi.

Uno p e ra ltro di q ue’ signori aveva g u ad ag n ata fam a infâm e anche presso le plebi, sebbene non fosse scannatore di professione. E ra costui quel Reginaldo 3 al quale 1’ A lighieri d e tte celeb rità im p e ritu ra ponen- dolo n ell’ Inferno ; e m eritô davvero cosi poco desi- d erab ile onore, perché ten u to come il p iù ladro fra gli usurai, in un tem po in cui l ’ u su ra era leb b ra congenita quasi ad ogni ricco. Se questo bel m obile non iscorticava il suo sim ile colla spada, gli levava la pelle coi p re s titi a pegno, i quali si perfidi addi- m ostravansi da su scitarg li contro furiosa la collera d el popolo, rinfocolata dalle g rid a d e ’ m iseri, scuoiati d al nostro p atrizio strozzino. L ’ ira che da ta n te n efan d ità s’ ingenerava, era si. stizzosa, si bieca, da la sciar ternere che un giorno o 1’ a ltro prorom pesse in vie di fatto , e prendesse un a feroce riv in cita sulP oro m al cum ulato di quel ribaldo.

Contro costui non tencvan broncio nè fe u d a ta rii nè tira n n e tti, perche egli, lungi dal voler m e tte re il ferm o aile violenze loro, le secondava anzi a proprio vantaggio, col farsi p re sta to re di denaro affine si com- piessero meglio. P oi, su di lui se esercitava alto do- m inio 1’ avarizia, non lo esercitava m inore la paura.

Il suo cuore di coniglio, come quello di t u t t i gli avari, trem av a dinanzi alla prepotenza delle spade,

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e non v’ era sagrificio a cui non si sobbarcasse p e r non averle nemiche.

Cum ulando di ta l guisa entro a lla sua m isteriosa re g g ia dell’ usura, u na riccliezza ab b ev erata d all’ odio im placabile di cbi se 1’ e ra vista rap ire, R eginaldo giunse alla decrepitezza senza clie nè il rim orso, nè gli oram ai in u tili guadagni gli rallen tassero l ’ avari- z ia ; che anzi q u esta p a rea farsi taccagna e sordida sem pre più. A rriv a ta l ’ ora fatale, e visto che gli rim anevano pochi giorni di vita, chiamô a sè l ’ unico figlio suo E n ric o ,4 non già p er raccom andargli di rip a ra re colla beneficenza le infam ie degl’ illeciti g u a­

dagni, m a p er inculcargli di se rb a rli in ta tti quanto p iù poteva, perché l ’ oro, al d ir suo, e ra potenza, forza, salute. E n tra to il p re te p e r disporlo al gran viaggio, si m ostrô rib elle alla voce au g u sta d élia re li- gione, e, preso dal delirio, m oriva gridando : dàtem i la ehiave déllo scrigno perché nessuno trovi il mio danaro.

F ig u ra rsi se questo m orire in lu rid a im penitenza, e senza un a p aro la di pentim ento, m ettesse lo scan- dalo nella fam iglia e nella c ittà tu tta ! In que’ tem pi di fauatica superstizione ci volea m olto meno p er in d u rre in tu tti il convincimento, che quell’ anim a p erv ersa avesse acq u istata 1’ opulenza vendendosi al diavolo, e il diavolo l ’ avesse fa tta sua p re d a nel m om ento suprem o. In fa tti si sparse in paese la voce, che quando R eginaldo spirava 1’ ultim o fiato, s ’ era udito a il’ intorno un lungo scrosciar di ris a infer- nali, e sentito un puzzo am m orbante di zolfo, segno évidente che Belzebù era venuto a p ren d ersi il pegno p attu ito . In que’ tem pi, e san ti e diavoli entravano sem pre in tu tte le sv ariate scene del dram m a sociale,

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e spesso credevasi che i secondi la vincessero sui prim i, se la m orte non fosse s ta ta esemplare; il che significava colP accom pagnatura di un testam en to pieno zeppo di pingui leg ati aile chiese, ovvero di limosine espiatorie ai poveri.

Chi m oriva poi, come costui, restfo alla p aro la del sacerdote, lasciava in e re d ità alla fam iglia un m archio quasi di m aledizione, quello cioè, che allora regalavasi a tu tto pasto agli ehrei, ai tu rc h i e agli eretici.

E nrico, n e ll’ uscire dalla stan za p a te rn a in quel- l ’ o ra m estissim a, s’ era sentito com preso da profonda am arezza, si p erche am ando egli il suo genitore, seb- bene si lercio di tu rp i usure, piangevagli il cuore di saperlo segno alla pubhlica esecrazione, si perché gli doleva fo rte di re d a r q u esta senza colpa nessuna.

Sendo m orto R eginaldo in su ll’ an n o ttare, il ca- davere fu lasciato in custodia ad un giovane famiglio ch’ egli avea preso a servizio da poco tem po, tu t- tochè il suo asp etto cupo ed arcigno non avesse nu lla di rassicu ran te. Ma costui possedeva, pel vec- chio A rpagone, un a gran d e p rero g ativ a, quella di co n ten tarsi del m inor salario possibile, salvo a rifarsi su quanto gli fosse dato sten d er 1’ unghie senza pe- ricolo. Lo scegliere a custodia del cadavere quel m al sicuro individuo, dovea ten ersi im perdonabile inavvedu- tezz a; ma come fare diversam ente, se nessun altro dei dom estici volea porsi a veglia del m aledetto dannato?

Quando colui si vide solo dinanzi alla lu rid a salm a d e ll’ usuraio, risc h ia ra ta da un fioco lumicino posato in te r r a e p ro ie tta n te sulle m uraglie om bre sin istre, un brivido di te rro re gli corse p e r le ossa;

m a te n té rin fran care l ’ animo con un pensiero più

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sinistro delle p au re da cui erasi sen tito invaso in sulle prim e, il pensiero di v ed er se fosse possibile io quella n o tte, beccarsi qualche p a rtic e lla dei tesori del padrone, p e r poi svignarsela alla sordina p rim a clie l ’ alb a spuntasse.

G uardô atto rn o con diligenza, rim osse le poche sedie clie c’ erano, non senza sen tirsi riz z a r i capelli ogni volta clie queste s’ urtavano contro il m uro ; m a non trovô nulla clie valesse la pena di un furto pe- ricoloso. Gli balenô in m ente l ’ id ea che il vecchio te - nesse qualche denaro entro il pagliericcio, percliè non 10 lasciava rim escolare se non in ce rti giorni d eterm i- n a ti da lu i; m a oltrechè la supposizione avea dell’im- probabile, gli ruancô il coraggio di d ep o rre in te r r a 11 cadavere p e r fru g are en tro al le tto . D ’ improvviso perô gli corse a il’ animo u na ricordanza vaga si, m a p u r rafforzata da sa ltu a ri indizi. Gli parve di aver veduto più volte il vecchio cacciar la mano sotto il capezzale innanzi di coricarsi, e ciô gli d e tte la spe- ran za che colà tenesse la chiave dello scrigno. Poi 1’ avea u dito nel delirio rip e te r più volte : la chiave, la chiave, non voglio darla. Ma v’ era essa ancora ? Non la av rà p o rta ta con sè il figlio od il p re te che ste tte ro sem pre intorno a quel letto nelle ultim e ore?....

B isognava ra c certarsen e : m a p er fa r questo era forza toccare il cadavere, e ciô gli m etteva in tu tta la p er- sona un ribrezzo febbrile. Dopo lungo te n te n n are fra paurose repugnanze ed avare bram osïe, d a ultim o, fatto si cuore, cacciô ra p id a la mano sotto i guanciali, e frugô e rifru g ô ta n to , che alla fine, oh gioia ! rin - venne due chiavi u n ité, di f a ttu ra diligentissim a, nel giro delle cui canne stavano incisi alcuni circoli con c e rte frecciette collocate sul prim o e sull’ultim o di essi,

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e trac cia te in senso contrario 1’ una d ell’ a ltra . Di tali circoli la cliiave m inore ne avea tre , la m aggiore sei.

Il bandolo e ra tro v ato , m a stavano ancora in p re - senza due gravi difficoltà. S aper dove fosse la p o rta p e r cui s ’ en trav a nel luogo dello scrigno, e con quali e qu an ti g iri nella to p p a fosse m estieri d ’ ap rirla. Im - m aginava egli accortam ente che una s e rra tu ra delle o rd in a rie la non poteva essere.

Si pose intanto alla rice rca p e r vincere la prim a difficoltà, e non ci voile poco perché discernesse al di d ietro di un a specie di cassettone foggiato a consolle, una po rticin a a m uro, che appena lasciava scorgere a il’ occhio il più acuto, la linea di separazione dalla p a re te . R im aneva 1’ a ltra difficoltà, m a a su p erar que- s ta gli venne propizia la sua stessa già v e tera n a m a- riu o leria. Costui, che n e’ prim i suoi anni s’ e ra allo- g ato n ell’ officina di un fahhro, t u t t ’ a ltro che un fiore di v irtù , avea im parato colà corne si abhiano a falsifi- care le chiavi, e di quali seg re ti le volessero fornite i ricchi quando doveano farsi custodi dei loro te s o ri.5

G u ard ate adunque le due che aveva in mano, con- g e ttu rô che la più piccola dovesse esser d e stin a ta ad a p rire la po rticin a. Né s’ ingannè, perché g ira ta la en- tro la to p p a p er tre volte in un senso, e p e r tr e n el- 1’ opposto (cosi laseiando p en sare la p o stu ra delle due frecciette), la p o rta si schiuse. P reso allora il lumicino che risch iarav a trista m e n te la stanza, 1’ avanzo p e r ri- conoscere le prelim in ari precauzioni d a p re n d ersi in- nanzi di e n tra re , e visto che c’ erano p arecchi gradini da scendere, si calé ra tto ra tto nel so tterran eo , con quali speranze ognuno pué im m aginare.

Non e ra scorsa una m ezz’ ora dalla sua discesa là sotto, che d a qu an ti stavano nella casa si udirono

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gem iti e g u aiti che parevano uscire d alla stan za ove R eginaldo giaceva cadavere.

In qualunque tem po ed in qualsiasi consorzio il più scevro d a pregiudizii, quei lam enti avrebbero messo un certo shigottim ento ; figurarsi poi in quell’ e tà in cui gli sp iriti fo rti notavansi come ra re eccezioni, e quasi tu tti, d o tti ed ignoranti, credevano a il’ ap- parizione delle anim e dannate, ai so rtileg ii delle stre - ghe, e attrib u iv an o al demonio una continua inge- renza nelle faccende d élia vita. I l diavolo e venuto a p o rta r via il vecchio, fu 1’ esclam azione che usci da- gli im p a u riti serv ito ri, e ben lungi dal re c a rsi nel sito da cui parevano p a rtire le grida, corsero, quasi delirando, nel q u a rtie re ove stav a ritira to E nrico, uomo già di tre n ta anni e di c a ra tte re , come vedrem o, ben diverso dal padre.

Anch’ egli avea u dito quello stra z ia n te lam entio, e si p rep arav a a scendere p e r vedere clie si fosse;

quando g li furono intorno, tu tti spaventati, i fam igli a rip e te re quel loro bel concetto, che il diavolo s ’ era p o rta to via il vecchio padrone.

E nrico non p o tea d irsi proprio libero dai p re ­ giudizii del suo secolo : clii lo era m ai allora ? Ma avendo ab b racciata sin da giovinetto la v ita m ilitare, ed am ando d ’ e ru d ir lo sp irito nel consorzio d ’ uom ini nelle le tte re rinom atissim i, ne trasse u na c e rta forza m orale clie gli dava coraggio ad affrontare anche gli s p iriti diabolici a cui credevano allora persino gli in- gegni p iù elevati.

O rdinô dunque a ’ suoi di seguirlo, e difilato av- viossi alla stan za del defunto genitore, da cui m ani- festam ente uscivano le inesplicabili grida. L a trovô cbiusa a catenaccio p e r di d en tro con sua grande

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m eraviglia, che g li si fe ben raaggiore, allorchè, chia- m ando a nome il servo posto a g u a rd ia del cadavere, non ebbe a risp o sta se non i soliti gem iti che più di- stin ta m e n te pareano uscire da chi lo tta v a colla m orte.

A llora, senza p o r tem po in mezzo, comando ai servi di a tte r r a r e la p o rta a colpi di m artello, e quando quella fu a b b a ttu ta , e n tré egli il prim o con rapido passo ; m a non a ltro vide se non il m esto spettacolo del defunto sul letto .

L e g rid a perô continuavano, e ben s ’ accorse come uscissero dal di so tto del pavim ento. F u quello un m om ento di secreto e profondo te rro re p e r lui come p e r t u tti gli asta n ti, perocchè nessuno sapeva clie sotto quella stan za stesse un so tte rran eo . E nrico non voleva in d ie tre g g ia re dinanzi ai fantasm i délia com- m ossa im m aginazione, e rad d o p p iati gli sforzi délia vo- lo n tà, si fe a g u a rd a re intorno se vi fosse pertugio clie accennasse a discesa. Ben p resto vide dischiusa la piccola p o rta p e r çui erasi calato il servo, e senza più, vi si caccié dentro con una facella in mano. Gli a ltri, sia p erch é p rendessero a rd ire d a ll’ esempio di lui, sia p erché vergognassero di aver p a u ra dinanzi ad uomo anim oso, lo seguirono tu tti.

Q uale raccap riccian te scena non si p ré se n té ai loro occhi ! V idero il servo guardiano al m orto, ser- ra to contro una cassa di ferro d a u n a sb a rra ricurva che lo prem eva a modo d a soffocargli il respiro. Av- vicinatisi, s’ accorsero come q u esta fosse sc a tta ta dalla v o lta nel m omento in cui quel disg raziato avea posto la chiave entro la to p p a dello scrigno, e ben com pre- sero come il m ortifero congegno fosse stato mcsso di ta l m aniera dal sospettoso avaro, onde p unire atroce- m ente l ’audace che avesse p o sta la mano sul suo tesoro.

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Ognuno rabbrivid'i a quello spettacolo, e più che t u tti E nrico, al quale corse nella m ente il pensiero, come 1’ orrido congegno avrebbe potuto cogliere lui stesso nello schiuder lo scrigno, perché il p a d re non lo avea av v ertito m ai del segreto da u sa rsi affine di ev itare lo scatto délia fatale sb arra . E la era fa­

ta le davvero, perche ci vollero non meno di q u attro uomini ad a lle n ta r la m olla di guisa, da p o te r libe- ra re il p az ie n te : e quando, dopo erculei sforzi, si giunse a ta n to , esso non m ostravasi più che un ago- nizzante. Il sangue gli schizzava d alla bocca, dalle orecchie, dal naso, sicchè appena potè confessare il m ed itato d elitto , innanzi di sp irare.

Il te tro avvenim ento im presse u na m estizia cupa, dogliosa, sco rata n e ll’ anim a generosa di E nrico, e quando si ritra s s e co’ suoi da quel dram m a d ’ igno­

m inie e di sangue, ripensè fra sè come riu scire a cancellare nel popolo la m em oria uefasta del p a d re suo, e a farsi p erd o n are di essergli figlio : cosa non facile in quella e tà p re g iu d ic a ta ed astiosa, in cui le abom inevoli azioni di un uomo si riversavano an ­ che sulla fam iglia di lui.

Gli venne il non irragionevole sospetto, che la plebaglia, ir r ita ta corn’ e ra contro il p ad re suo, non si raccogliesse nel m attino susseguente, ed aizzata dai soliti arruffapopoli, non desse 1’ assalto alla casa e la saccheggiasse. E ran o tro p p i gli stro zza ti dai la- d ri p re s titi del feudale strozzino, perché non dovesse suscitarsi n ella c ittà tu tta un cosi grave clam ore da p ro d u rre un serio tafferuglio. Il pericolo si presen- tav a m aggiore dopo il tragico avvenim ento di quella n o tte e dopo le g rid a sin istre uscite da quella casa, e i superstiziosi racconti che ci avrebbe fabbricati

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su qualcuno dei fam igli o dei vieilli. E r a ben n atu rale, clie costoro, o p e r balordaggine, o p e r m alizia, o p e r tu tte due le cose insiem e, senza punto c u rarsi di an- d are al fondo d e’ fa tti, avrebbero colle lo r ciarle ac- c re d ita ta la voce che il diavolo fosse e n tra to colà a reclam are il corpo del peccatore, e che vi si fosse posto a dom icilio in perpetuo.

Scorgeva bene E nrico quanto grave fosse il pe- ricolo clie gli sovrastava, e col pensiero andava cer- cando il modo di scongiurarlo, o di allontanarlo. Il prim o p a rtito gli p area, a ragione, il meno accetta- bile, percliè contro il fu ro re dissennato del popolo diventavano poco efficace rip aro le alab ard e d e ’ suoi m iliti; e d a quelle clie appartenevano al p o d està non potea sp e ra r g ra n soccorso, peroccliè non s ’ immi- scliiavano v olentieri nei tu m u lti popolari, quantunque fossero p ag ate ap p o sta p e r tu te la re la sicurezza pri- v ata e pubblica.

U n’ a ltr a ragione rendeva meno ac cettab ile code- sto p a rtito , ed era clie la casa ov’ egli abitava, seb- bene p o sta nel centro délia c ittà , percliè sorgeva appunto ove ora il M onte di P ie tà ,0 non presen tav a q u ell’ asp e tto di vigoroso fortilizio clie offerivano d ’ ordinario allora i palazzi degli opulenti. Sarebbe stato quindi non difficile alla plebe tu m u ltu an te di ab- b a tte re una delle p o rte d ’ ingresso, o anche di d a r la sc alata aile non abb astan za s b a rra te finestre.

Non restav a dunque clie il secondo p a rtito , gui- dando le cose in modo da am m ansare le plebi tosto- cliè si fossero ra g u n a te intorno la casa. Ma come pren- d ere di n o tte i provvedim enti o p portuni? Come avere p rim a d e ll’ alba, a cui non mancavano che due sole ore, l ’ aiuto o il consiglio degli am ici?

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Gli corse alla m ente u n ’ itlea, e la pose subito ad esecuzione. Si ricordô clie U golino Scrovegno, ' a lui s tre tta m e n te congiunto e di am icizia e di sangue, e ra uomo destro, ricco di p a r titi nelle circostanze dif- ficili e, quel che valeva meglio nel caso présente, am ato dai popolani, ed abile a condurli a ’ suoi desi- derii con la parola. Inviô dunque a lui un suo fam i- glio fidato, facendolo sc o rta r da due m iliti, perocchè in q ue’ tem pi, le stra d e non iscliiarate da fanali fa- ceano pericoloso ad ognuno anclie un breve tr a tto di via ; e quello clie dovea p e rc o rre re costui era senza dubbio breve, perché Ugolino abitava sul principio d élia co n trad a ch’ ora è d e tta di S trà M aggiore. Non ci voile poco perché il fam iglio potesse farsi ricono- scere d al guardiano che dorm iva accanto la p o rta d ’ ingresso ; m a la m ercè d ’ un anello che gli avea dato E nrico, affinchè lo sapessero persona al suo ser- vigio, p o te e n tra re in quella p iu tto sto fortezza che casa, ed o tte n e re che se ne svegliasse tosto il p a- drone. R accontato a qu esti dal fam iglio, come stavan le cose, U golino, colla solita sua presenza di spirito, indossato in fre tta il giaco di m aglia, e cintasi la sua buona spada, fece m e tte re in pro n to sei de’ suoi cagnotti, che stavangli sem pre a custodia, e corse in fre tta e in fü ria al duomo ove, come dicemmo, abitava E nrico. A ppena questi lo vide en trare, gli si g e ttè fra le braccia, e racco n tatig li p rec ip itatam en te gli im ba- razzi in cui si trovava, e quelli m aggiori che gli sa- rebbero piom bati addosso nel di susseguente, imploro il suo consiglio colla solita frase degli uom ini a g ita ti da u na g ran d e am bascia : m i mctto interam ente nelle tue m ani, f a ’ tu.

Ugolino s te tte un po’ sopra pensiero, poi, parlando

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quasi con sè stesso coin’ uno clie avesse g ià intravve- duto il solo p a rtito da p rendere p e r dissipare il pe- ricolo, d isse:

" Qui bisogna m e tte re i p re ti dalla nostra, al- trim e n ti non se n ’ esce a bene : ” poi voltosi al cu- gino : " Sei tu disposto a sacrificare una p a rte delle m oite ricchezze clie ti lascia quel disgraziato di tuo p ad re, p e r tr a r r e dalla tu a il vescovo e i potenti m onsignori qui del duomo V ” 8

" Q uesta è la m ia ferm a intenzione,” rispose E nrico, " non già solo p er isventare i risch i del p ré ­ sente, m a p er la intim a devozione che porto aile cose religiose, e p e r far perdonare, p er quanto è possibile, dalP A ltissim o, e dim enticare d alla c ittà, le usure, p u r troppo criininose, di chi mi diè la v ita .”

" E b b en e,” replicava 1’ a ltro : " se siamo da tan to , in un paio d ’ ore, d a far conoscere al vescovo ed al clero délia c a tte d ra le queste tue intenzioni e, meglio ancora, le concrète proposte di quanto tu bai in animo di dare, tu tto è salvato. ”

Gli noverè allora E nrico i donativi e le largizioni che intendeva fare alla Chiesa, le quali, perché ve- ram ente generosissim e, inossero Ugolino ad escla- m are, che a questo modo tu tto poteva salvarsi, e che anzi si rip ro m ettev a che p re ti e popolo avrebbero proclam ato fra poche ore, la casa degli Scrovegni es- sere puntello délia religione, c degna di tu tte le he- nedizioni del cielo.

Ma in tan to l ’ alba spuntava, e coll’ alba i pro- drom i s in istri d e ll’ ira popolare contro la m em oria d ell’ usuraio e contro 1’ abitazione di lu i.9 Comincia- vano a venire alla spicciolata, dalle vie sboccanti sulla piazza del duomo, persone di ceffo sin istro che, rac-

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coltesi qua e là in capannelli, bisbigliavano parole che, a giudicarle tlai m oti irosi da cui vedeansi ac- com pagnate, erano t u t t ’ altro che di buon augurio.

Solito gentam e che, alla guisa d e’ gabbiani nei giorni di b u rrasca, com parisce soltanto quando più m areg- gia procellosa la stizza delle plebi. Com’ è il con- sueto in codeste faccende, quanti passavano di là cresceano quei capannelli, chiedendo curiosam ente di che si tra tta s s e . Il sole indorava appena 1’ orizzonte, che già la piazza e ra g rem ita di gente d ’ ogni specie, b ottegai, facchini, féminine del popolo, fanciulli, e fin anche qualche m ilite al servizio delle fam iglie signo- rili che, sen tito di lontano 1’ odor del subbuglio, spe- rava di far buon bottino se il tuinulto fosse cresciuto fino aile ultim e desid erab ili conseguenze, cioè incen- dio e saccheggio. Già fra quelle condensate b rig ate lle e ra u sc ita qualche voce sten to rea a g rid a re : M orte agli Scrovcgni ; bruciamo la casa dell’ eretico usuraio ; morte ai ricchi avari, morte ai servi del demonio, morte a questo, morte a quello ! g rid a insensate e fe- roci, che se allora preludevano ad orride scene di sangue, adesso, di solito, non sono spesso che inef- ficaci m inaccie, m a ta li perô da a tte s ta re che la ci- v iltà deve darsi ancora delle buone risciacquate p er iscro sta rsi la b a rb a ra scabbia del medio evo.

Ugolino, visto che non c’ e ra tem po da p erd ere, si fe condurre subito alla canonica d ell’arc ip re te, poco lontana di là, perché sapeva coine costui, esercitando m olta p reponderanza sull’ animo del vescovo, sarebbe stato il m igliore istrom ento p er condurre a buon te r ­ m ine le in tricate faccende del cugino. Lo trovô che stav a vestendosi, risoltosi ad affre tta r la lev ata ap- punto da quel tram esti'o di popolo, clic p rom etteva

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di m u tarsi in b u rrâ sc a molto séria. E n tra to U golino, gli disse senza pream boli il motivo pel quale era venuto, e come im portasse fa r sapere subito al ve- scovo le generose intenzioni d ’ E nrico, onde p o te r poi, tosto che fossero a c cettate, diffonderne la notizia n el popolo, affincliè questo sm ettesse i suoi re i di- segni, e fosse quindi dato luogo ad uno splendido funerale pel di susseguente.

L ’ a rc ip re te, ch’ era un a stu to canonico toscano, certo Giovanni degli À bbati, in sulle prim e fe le viste di starsen e sul ritro so , affacciè m ille difficoltà a p ieg are il vescovo, fieram ente nemico, al d ir suo, di t u tti quelli che n ell’ ora suprem a ricusavano i soccorsi religiosi ; m a poi, poco a poco, b u tté più dolce, e fini quindi a p ro m ettere d ’ ad o p erare tu tta la sua influenza in favore di quella proposta, quando se n ti che al canonicato goduto d a ll’ arciprete, E nrico aggiungeva una m ansioneria di cento bei campi nei suburbi délia c ittà : la era sem pre la vecchia cuiri sacra fa m és, che facea il suo m estiero di mezzana.

P o stisi cosi d ’ accordo que’ due, scesero le scale onde a ttra v e rs a re la piazza del duomo e salire al vescovato.

In ta n to su q u esta le vociferazioni irose, le grida, le minaccie di m o rte e d ’ incendio, crescevano, cre- scevano come i fiotti d ’ un m ar tem pestoso, come 1’ a lta m area che invade la spiaggia e m anda a ritro so le co rren ti dei fiumi ad allag a re p ra te rie e sem inati.

L a calca m ostravasi più fitta d alla p a rte del b a tti- stero, e componevasi d e ’ più rio tto si e m aneschi. Ne e ra cagione un di quegli iracondi trib u n i délia plebe (sentina di vizi, d ’ am bizioni fallite, di avarizie insa- ziabili) che non m ancarono m ai n e’ tu m u lti popolari di ogni tem po, e che anche nel nostro si fanno trafficanti

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di sommosse, prom ettendo b u g iard am en te riccliezze e lib e rtà aile ig n o ran ti p le b i;p o i, se vincitori, diven- tano D ionisii di despotism o, se vinti, guaiscono p e r le, a d e tta loro, tiran n ich e repressioni. Costui, alto délia persona, bello di lineam enti anche nella su a leonina ferocia, schizzava collera b ieca nei discorsi che in quel m om ento teneva al suo scarm igliato u d ito rio .

" Coraggio ! ” g rid av a egli con voce stizzosa e provocativa " coraggio, o popolo ! il giorno délia giu- stiz ia è venuto, 1’ ora délia v e n d etta è suonata pei éuoi dissan g u ato ri ; comincia oggi a d a r 1’ esempio d élia nobile tu a ira contro questo nido di u su rai (e accennava alla casa degli Scrovegni), abbattiam olo fin dalle fondam enta, spezziam o quegli scrigni in cui si chiudono 1’ oro e le lag rim e di ta n ti infelici. Quel- 1’ oro è tu o sangue, o popolo; quelle lagrim e sono i testim oni d élia m iseria a cui t i condussero le rap aci cupidigie del m alvagio che o ra è p re d a del diavolo;

fra le tu e d e re litte fam iglie, o popolo, dev’ essere ri- p a rtito quel den aro ; esso è tuo doppiam ente, perché lo p a g a sti e col sudore délia tu a fronte e coll’ esto r- sioni inique che t ’ impose quell’ empio, con i suoi pre- s titi disonesti. D al te rrib ile esem pio délia tu a collera, t u tti g li a ltr i nobili che ti rubano il pane d e’ tuoi figli apprenderanno a r is p e tta rti ; e se non lo vorranno, av- venterem o anche su d ’essi una mano ste rm in a tric e , e tu, o popolo, finalm ente sa ra i lib era to dai tuoi tira n n i.”

Ad ogni cadenza di quegli a b b aru ftati periodi, ad ogni irro m p ere di q ue’ velenosi consigli, gli ascolta- to ri urlavano un bravo p rolungato, seguîto da im pre- cazioni le p iù ati-oci contro R eginaldo, contro la sua fam iglia, e (s’ intende) contro tu tti i ricchi.

U golino, che insiem e a il’ arc ip re te stav a intanto

S e l v a t i c o . — l i a c c o n t i . 2

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esponendo al vescovo le pingui offerte d ’ E nrico, sen- tiv a come un tuffo al cuore ad ogni scoppio di si fren etich e g rid a, e p a re a g li già che quell’ accozzaglia di furiosi desse colpi di m annaia aile p o rte délia m i- n acciata casa, p e r abbandonarsi quindi ai m e d itati eccessi. P erciô gli sem brava m ill’ anni, ogn’ indugio frapposto aile tra tta tiv e . A vrebbe voluto sb rig arle d ’ un fiato p e r to rn a re dal cugino, e provvedere in qualclie modo a lla salvezza di lui. Ma, t r a perché il m itra to (ch’ e ra a llo ra O ttobono De R azzi piacentino) non possedeva il p iù pronto com prendonio, tr a perché g li venivano scrupoli, e quindi m ette v a in campo obbiezioni, la faccenda tira v a in lungo p iù di quanto abbisognasse a chi avea ta n ta fre tta . Se non che il crescente pericolo, e la p a u ra d estram en te confitta da U golino n e ll’ animo del p rebendato, che ne potes- sero a n d a r di mezzo g li in te re ssi d élia Chiesa ed i suoi, furono stim oli ab b astan za efficaci affincbè si strin g esse una conclusione sonnnaria, che venne rie - p ilo g ata dal vescovo col più largo di t u tti i m an- d a ti a il’ a rc ip re te, dicendogli: fa te voi pél m egïio, ed io approvero tutto. P ro n u n ciate q u este parole salva- tric i, Ugolino frettoloso scese le scale, menando seco P arc ip re te che, p e r d ir la v erità, non avea g ran voglia di a ttra v e rs a r la piazza in mezzo a ta n to taf- feruglio. In fa tti, la non e ra cosa da rid e rc i su ; perocchè da quella concitata rib a ld a g lia a g itan tesi come onde d ’ un m are sp in te da vento im petuoso, uscivano u rli a squarciagola che avrebbero messo p a u ra anche ai p aladini di Carlo Magno ; e 1’ a rc i­

p re te , pover uomo ! non era sicuram ente di cosi eroica progenie. Ma la nécessita diventava in quel inom ento legge suprem a, e non c’ era via d ’ indie-

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tre g g ia re senza porsi al pericolo di p erd ere e i g rassi doni, e q u ell’ influenza sulle m o ltitu d in i ch ’ era ro b u sto elem ento di forza fin m ateriale nei p re ti d ’al- lora. P igliô quindi animo, anche perché Ugolino, che gli e ra a fianco, non avrebbe p e r certo perm esso che to rn asse indietro.

L ’ a rc ip re te adunque, uomo g ià avvezzo a tr a t- ta r e colle plebi e ad abbonirle colla sua autorevol parola, si fe innanzi, e cominciô dal raccom andare ai ceffi che gli pareano meno arcigni, or la m oderazione, ora il risp etto a il’ ab ito sacerdotale. A qu esti prom et- tev a che g iu stizia si sarebbe fa tta ; a il’ a ltro , special- inente se cencioso, che avrebbe o tten u to elem osine d alla fam iglia del defunto, solo che si togliesse dal tum ulto ; aile donne m inacciava i fulm ini délia Chiesa se avessero p resa p a rte al saccheggio ; ai vecclii scio- rinè tu tte le b eatitu d in i del cielo, purchè fosse ricon- d o tta la calma. In som m a, con una d estrezza e con una calm a che avrebbero onorato il più a stu to figlio di s a n t’ Ignazio, dispensé quella specie d i m oneta a cui è banca la sagrestia, che, p e r quanto abbia il valore degli assegnati a chi h a sale in zucca, p a r rà sem pre oro colato aile plebi, sieno o no analfabete. Cosi giunse, un p o ’ colle buone, un po’ colle cattive, a farsi scor- ta re , come il Sultano d a’ giannizzeri, da una tre n tin a di persone sino alla p o rta d élia casa, insiem e al suo compagno. Si toccava il porto, m a la nave non e ra p e r anço in sicuro, perocchè il difficile consisteva a p er- su ad ere l ’ im paurito portinaio ad a p rire la p o rta in m ezzo a quel diavolîo. Se non che picchia e picchia, U golino riu sci a farsi riconoscere, ed e n tra to in fr e tta coll’ a rc ip re te, richiuse im petuosam ente l ’uscio, sb a r- randolo p er did en tro com’ era prim a.

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Non si to sto m onsignore fu n e ll’ andito, che esalô dal p e tto un lungo respirone quasi dicesse : V ho scap- p a ta bella p e r ora, e se ne esco a bene anche in seguito, non m i ci colgono p iù di certo in cosi fa tte baraonde.

E nrico, pallido in viso m a non ab b a ttu to d ’ animo, corse loro incontro con quell’ansia im paziente che dice anche senza paro le : quali nuove ! sarà possibüe calmare ta n ta b u rra sca ? Ma l ’a rc ip re te che n ell’a ttra v e rsa re la piazza aveva già compreso quale uragano stesse p er iscoppiare, e come non fosse quello il m omento di per- d e rsi in lam entii, prese tosto un di que’ p a r titi che solo vengono in cervcllo agli avveduti : ando cioè difi- la to al g ran balcone che dava sulla piazza, e con un vocione da farsi u d ire anco dai sordi cominciè a d ire :

" M iei amici, se siete tu tti, come spero, fedeli servi d élia Chiesa, e ne ossequiate i suoi san ti p re- c etti, p o rg ete orecchio aile parole che ora vi diro in nome d élia religione, e del venerando suo in te rp rè te , il reverendissim o vescovo n o stro .”

Lo stre p ito délia finestra nell’ ap rirsi, e questo un p o ’ rugiadoso esordio, produssero il prim o effetto de- sid era to d a ll’arcip rete, vale a dire che tu tte le faccie di qu e’ sb raito n i si volgessero alla fin estra dischiusa, in te rro tti i cicalam enti, e p o sta attenzione, un po’ ar- ruffata in sulle prim e, poi, un po’ p e r volta fin risp e t- tosa, a quanto stava p e r dire.

Q uand’ egli s ’ accorse che s ’ era fa tto silenzio ba- stevole perché le sue parole potessero venire distin- ta m en te u d ite, prosegui dicendo, essere falsa la voce che R eginaldo Scrovegno fosse m orto im pénitente, e che sarebbe sta to , p e r conseguenza, a tto sacrilego inveire contro la casa di lui. Aggiunse, che la colpa dovrebbesi ten ere ta n to meno perdonabile, perché fin-

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